Cabudanne 2009 a Seneghe
1 Settembre 2009Mario Cubeddu
Vale la pena di venire a Seneghe per il settembre della poesia. Non fosse altro che per vedere cosa succede all’unico festival penalizzato dalla giunta Cappellacci. Fare il festival con i mezzi a disposizione è stata la migliore risposta. E quindi nei giorni dal 4 al 6 settembre si replica l’incontro tra poeti che vengono dall’Italia e da altre parti del mondo, in questo caso la Francia e il Libano, e alcune espressioni della poesia scritta in Sardegna. Il programma riprende la formula della conversazione in pubblico tra un poeta, chiamato anche a interpretare i suoi testi, e un critico, o un lettore comunque d’eccezione. E’ il caso di poeti come Milo De Angelis, Umberto Fiori, Laura Pugno, Johumana Haddad, Marc Porcu, Giulio Angioni e Bruno Tognolini, a confronto con interlocutori in grado di costruire una conversazione interessante. Per la prima volta si è inoltre pensato a un confronto a più voci su un tema scelto precedentemente, qualcosa che si avvicinasse all’idea del confronto tra poeti che fa parte della tradizione della festa tradizionale in Sardegna. Così due poeti sono chiamati a parlare della loro esperienza spirituale e di come questa si rifletta nella loro poesia. Si tratta di Franco Loi, forse il maggiore poeta italiano contemporaneo, e di un esordiente, Andrea Portas, che ha pubblicato un libro a due mani e una sola opera singola. Franco Loi è grande amico del Cabudanne e ha partecipato ad ogni edizione precedente. Andrea Portas è stato uno dei primi preti operai sardi ed è diventato parroco ad Armungia solo dopo essersi pensionato dalla fabbrica. Il tema che sono chiamati a discutere è Dio. “La poesia di Dio” è il titolo di una raccolta curata da Enzo Bianchi: poesia ed esperienza religiosa, poesia e spiritualità, la poesia e la sacralità del mondo e dell’esistenza. Temi presenti nella vita di tutti, di cui anche le persone comuni che si siedono nella “Partaz de sos ballos” di Seneghe hanno sentito parlare dai poeti delle gare. A guidare il dialogo è stata chiamata la persona più adatta che esista oggi in Italia, Gabriella Caramore. “Uomini e profeti” va in onda ogni sabato e ogni domenica su Radio3, dalle 9 alle 10. Non c’è trasmissione altrettanto serena, gioiosa, profonda, problematica. Una tregua per il cuore e l’intelligenza. Non importa che si sia più o meno credenti. Altri pezzi forti del festival di quest’anno sono poi l’interpretazione della poesia di Sergio Atzeni che verrà fornita da Paolo Fresu sulla lettura di Lella Costa, la presenza delle storie di Ascanio Celestini e le narrazioni in presa diretta di Paolo Nori, ben noto ai lettori del “Manifesto”, tra futurismo e diario quotidiano del festival. Seneghe ha cercato di coinvolgere sempre le forme di interpretazione della parola poetica nella musica contemporanea. Alcuni validi giovani musicisti sardi, Vanvera, Marco Pilloni e Giovanni Marceddu, raccontano e interpretano a mezzanotte pagine fondamentali della storia del rock, che è stato ed è ben più di una colonna sonora della nostra vita. Una delle caratteristiche riconosciute del festival di poesia di Seneghe è la partecipazione della popolazione all’iniziativa sin dagli inizi. Persone di ogni età e di ogni livello di formazione scolastica hanno seguito il festival negli anni scorsi. I temi e i linguaggi della poesia moderna sono ben diversi da quelli della “gara” poetica sarda. Anche dalla conoscenza della poesia acquisita nella scuola italiana da un normale studente che arriva alla maturità: frammenti di storia della poesia italiana chiusi nella griglia di De Sanctis e sprazzi di discorso moderno che se va molto bene si ferma a Montale. Il diplomato in seguito ha moltissime probabilità di non sentire mai più parlare di poesia, a meno che non si tratti di un insegnante di lettere destinato a ripercorrere l’obbligatorio calvario storicistico. Il Cabudanne de sos poetas offre l’occasione di aggiornarsi su quella che resta una delle arti più importanti create dall’umanità. La poesia in Italia è ben viva ma, come tante altre cose di valore, non esiste quasi per il discorso pubblico. Persino le pagine di cultura più attente quasi non ne parlano. Anche in questo, come nella politica e nella gestione dei mass-media, l’Italia costituisce un’eccezione inquietante ed è al margine, se non fuori, dalla civiltà europea e occidentale, sull’orlo di una barbarie mediatica. Ben altra considerazione ricevono i poeti nei paesi anglosassoni e in un paese che ci è vicino più di tutti, la Spagna. Ma questi sono i tempi che ci sono toccati. Il vento però sta rapidamente cambiando e una stagione nuova si avvicina.
2 Settembre 2009 alle 00:21
Complimenti per l’ennesimo bellisimo articolo Prof., la seguo sempre con immenso piacere qui su “manifesto sardo”.