Parchi ma non troppo
16 Ottobre 2007
Marcello Madau
Non si può certo negare che sull’ambiente l’azione di Renato Soru, sostenuto dall’Assessore Cicito Morittu, stia scompaginando alcuni quadri di riferimento noti. La cosa di per sé non sarebbe negativa se non presentasse qualche ambiguità e un marxista quasi ortodosso come mi sento di essere può persino percepire nell’isola la traccia di quei salti rivoluzionari che il pensatore di Treviri riconosceva ai capitalisti. Scompaginamento: non diversamente dalla questione della statutaria sarda, dove la sinistra di classe, tradizionalmente proporzionalista, è in buona parte maggioritaria e presidenzialista, mentre la destra, maggioritaria e presidenzialista, si schiera, con evidente strumentalismo, a favore della democrazia dal basso.
Nella visione complessiva dei beni culturali e ambientali schieramenti di formazione nobilmente centralista sostengono posizioni (assai) regionaliste, sino a costeggiare accenti e pratiche di oggettiva secessione. E chi ha indicato a lungo la necessità di forti elementi di autogoverno nei beni culturali e ambientali, inizia a preoccuparsi (mi ci metto, da ultimo, anch’io) dello smarrimento ricorrente di un quadro più generale, nazionale e pubblico non per centralismo ma per senso generale del bene comune. Un indizio preoccupante, fra i tanti, è quello di voler sottoporre ad ordalie municipaliste l’eventuale cancellazione di quadri di tutela stabiliti (duramente negli anni) per legge nazionale e riconosciuti dalla Costituzione: sono i casi recenti di La Maddalena e della disarmante proposta del referendum sull’anfiteatro romano di Cagliari al fine di consentire spettacoli.
I festeggiamenti del Parco Nazionale dell’Asinara hanno dato il botto e la stura ad un processo che in realtà già in atto (al posto del Parco Nazionale del Gennargentu, Cambales in sella ad un risentimento antiparco non meno trasversale e ambiguo degli schieramenti sulla statutaria), che osservatori attenti davano, partendo dal caso La Maddalena, ampiamente predisposti. Così, dopo che Cicito Morittu ha fatto pubblicamente, duramente e con molte ragioni ‘la festa’ all’assenza di una vera politica nazionale su quei Parchi Nazionali, il giorno dopo Renato Soru, a Paulilatino, li ha decretati come inservibili e chiamati stipendifici. Nel mirino Asinara e Maddalena.
Tutta la questione è da seguire con attenzione critica, auspicando che ci venga risparmiata la storiella che l’assenso su certe posizioni è appoggio a Soru, o la critica negativa alleanza a destra. Affrontando il tema dei parchi nazionali, in particolare quelli legati alle isole, grazie al dibattito apertosi su La Maddalena per la felice dipartita della base nucleare Usa ed il passaggio dalla politica delle armi alla politica degli armamenti (i signori del G8), abbiamo espresso, non da soli, la preoccupazione che nelle grandi isole minori potesse prevalere l’opzione del turismo di lusso in mano ai privati piuttosto che la valorizzazione del bene comune, nella sua eccezionalità ambientale come risorsa economica e nella sperimentazione coraggiosa di modelli turistici sostenibili e nuove tecnologie energetiche pulite.
Nella polemica ora esplosa, se l’obiettivo non è quello di buttare a mare i parchi nazionali ma come essi sono ora, chiedendo una forte modifica della Legge 394 a favore delle comunità (traspare dalle dichiarazioni di Morittu), siamo d’accordo e con piacere: tra l’altro ciò coincide, assieme alla proposte di sperimentare proprio in questi parchi energie alternative e pulite, con quanto sostenuto dal Manifesto Sardo. E crediamo errata la posizione del ministro Pecoraro Scanio, che proprio all’Asinara ha chiuso su ogni possibile modifica alla legge quadro: errata, poco avveduta politicamente (la conseguenza sarà il rischio di perdere ogni parco nazionale), non condivisibile come sistema, perché l’aggiornamento della 394/1991 a favore del governo dei territori che conferiscono aree parco e il mantenimento della qualifica nazionale può garantire realisticamente in Sardegna un legame forte fra la gestione dal basso e le superiori norme nazionali (come ho detto prima, in quanto pubbliche e generali). La dimensione istituzionale di Parco Nazionale darebbe alla Sardegna un’apertura tutta da utilizzare.
Speriamo che non prevalga quella tendenza alla deregulation tipica del capitalista rivoluzionario di Carlo Marx, della quale si sono già ravvisati indizi pericolosi nella disponibilità a cedere aree pregiate (ancora il caso del parco geo-minerario), assieme alla scelta verso il turismo di lusso e dei potenti paventata, fra gli altri, proprio da un’autorevole sostenitore di Renato Soru come l’ex-presidente del Parco della Maddalena Ignazio Camarda. Tale scelta pare confermata dall’analisi dei progetti di alberghi a quattro e cinque stelle da pochissimo presentati.
C’è soprattutto il rischio che si affermi (come nella cosiddetta ‘tassa sul lusso’), una visione localistica: dal punto di vista teorico e molto pratico ci si chiede se i beni culturali e ambientali siano riconducibili interamente, o solo in parte, alle competenze urbanistiche, e quindi si discute sui gradi di integrazione istituzionale. Interrogativo che anima il dibattito fra esperti: ma noi temiamo che si vogliano eliminare i Parchi Nazionali, e le normative di tutela ad essi connesse (comprese le articolate aree di protezione), perché portatrici di interferenze fastidiose con la piena gestione regionale del paesaggio.
Una prevalenza troppo forte, o esclusiva, dell’autorità urbanistica su competenze statali che siano vera espressione di un sistema di regole comuni non ci convince. Su questo tema il ruolo di una sinistra critica e attenta a non perdere di vista le battaglie sui beni comuni e il meglio della tradizione culturale della tutela coniugata con la democrazia territoriale è prezioso e la discussione tutta da aprire, non da chiudere.