Caporalato universitario

16 Ottobre 2010

red

Red

C’è anche chi sostiene che in fondo dare una docenza universitaria a contratto per un euro – come di recente due bandi della Facoltà di Lettere dell’Università degli Studi di Sassari – permetta, a fronte dei tagli operati dal duo Tremonti-Gelmini, di salvare la didattica. Magari garantendo la possibilità, come scrive Francesco Bellu (La Nuova Sardegna’ del 15 ottobre, p. 11) “di rimanere con un piede dentro l’Università”.
A noi sembra un’idea infelice, e che in questo modo, per giunta, si accetti la ‘riforma’ e siano i potentati universitari a voler rimanere con un piede dentro il potere.
Noi crediamo che sia una misura infame, dalla enorme forza ricattatoria, e perciò non contribuisca, scatenando una guerra curriculare fra ‘poveri’, al mantenimento di livelli qualitativi.
Che soprattutto confligga con il diritto a un riconoscimento equo del lavoro prestato. Perciò sarebbe interessante se qualcuno fra quelli che partecipano alla selezione pensasse ad una causa di lavoro.
La docenza universitaria ad un euro è infine una misura a suo modo ipocrita, che maschera da emergenza la prassi piuttosto consolidata di pagare poco o nulla il lavoro cognitivo, con la chimera di una stabilizzazione o di futuri contratti migliori.
E’ una forma raffinata e perversa di caporalato, e troviamo disdicevole che le istituzioni pubbliche, Rettori e Presidi, si prestino a ricoprire tale ruolo.

1 Commento a “Caporalato universitario”

  1. Bjorn Larsen scrive:

    In effetti è proprio così, anche se la questione si presta a qualche analisi più minuta. Tra i contrattisti a 1 euro ci sono varie figure: alcuni sono figli di professori della facoltà, che accumulano titoli aspettando il loro momento (e sono quelli che hanno più possibilità degli altri, banale ma vero); altri sono professori in pensione che, anziché cogliere l’occasione propizia per studiare e scrivere qualche bel lavoro, continuano ad assillare i poveri studenti; altri sono dei giovani che si illudono di mettere un piede dentro l’Università. Di questi ultimi ne ho conosciuto alcuni che, dopo anni di promesse, hanno gettato la spugna: in alcuni casi troppo tardi anche per rimediare un posto nella scuola pubblica.
    Quello che è inaccettabile, però, è l’atteggiamento delle Università: promuovere quelle che, secondo me, sono vere e proprie forme di sfruttamento del lavoro, è moralmente inaccettabile, e forse anche legalmente inaccettabile. Già qualche tempo fa si parlava di una causa di lavoro: speriamo che arrivi presto, così chi deve capire finalmente capirà. Quello che è certo è che in questo momento di protesta contro la riforma Gelmini qualche rettore e qualche preside spregiudicato sta cercando di usare queste figure per tappare i buchi della docenza non garantita dai ricercatori e dai docenti che protestano. Bei tempi!

Scrivi un commento


Ciascun commento potrà avere una lunghezza massima di 1500 battute.
Non sono ammessi commenti consecutivi.


caratteri disponibili

----------------------------------------------------------------------------------------
ALTRI ARTICOLI