
[Graziano Pintori]
Caro el Che,
quando ho iniziato a conoscerti ero uno studentello dallo scarso profitto: marinavo la scuola, pomiciavo nei ciak/club, fumavo di tutto e mi piaceva partecipare agli scioperi, allora d’autunno assai frequenti. Dopo mezzo secolo dalla tua scomparsa ti scrivo perché sento la necessità profonda di dirti che i sogni, alimentati anche dalla tua epica figura, non esistono più: è stato atteso invano l’uomo nuovo, l’autodeterminazione dei popoli non si è realizzata e i campi di battaglia sparsi nel mondo non si sono mai visti. Inoltre, gli autunni caldi non ci sono più, sindacalmente sono freddi sotto un sole anomalo e rovente. (altro…)