C’è una Sardegna che non vuole l’occupazione militare
3 Giugno 2023Foto Domenico Mattia Melis
[Roberto Loddo]
Una grande e vivace manifestazione. Migliaia di persone hanno partecipato ieri sera al corteo contro l’occupazione militare, lanciato da A Foras a cui hanno aderito oltre trenta organizzazioni, movimenti, sindacati e partiti della sinistra e dell’autodeterminazione e dell’autogoverno della Sardegna. Ringrazio Domenico Mattia Melis per il lavoro fotografico che ha realizzato per il manifesto sardo.
Un corteo che ha unito le voci e i volti del movimento pacifista, ecologista, femminista e antiliberista, partito da Marina Piccola e concluso in piazza San Bartolomeo. Cosa hanno in comune tutte queste organizzazioni? Cosa ha unito la loro partecipazione? Gli interventi delle portavoce e dei portavoce delle singole organizzazioni non si sono limitati a parlare dei singoli problemi che avvelenano la nostra terra. Hanno delineato, insieme, una forma innovativa di decostruzione dei meccanismi di potere esistenti e di critica dei rapporti di dominio che soffocano la Sardegna.
È stato infatti un due giugno diverso da quello dal sapore muscolare e militarista della parata militare dei Fori Imperiali di Roma. Come se il 2 giugno non avesse nulla a che vedere con il referendum del 1946, il primo voto a suffragio universale del secondo dopoguerra che ha rappresentato la vittoria del movimento operaio e dei partiti antifascisti del CLN che hanno fatto la Resistenza. Una vittoria repubblicana contro la monarchia dei Savoia complici dei vent’anni di fascismo e dei crimini di Mussolini.
Una vittoria repubblicana contro la monarchia dei Savoia complici dei vent’anni di fascismo e dei crimini di Mussolini.
Al contrario, a Cagliari il movimento di A Foras ha avuto il merito di aver unito i conflitti sociali dell’Isola delle disuguaglianze in una giornata di lotta. Il 2 giugno della Sardegna è il 2 giugno di chi non vuole più vivere dentro la gabbia di una colonia interna. Una gabbia aperta solo al parco giochi dell’industria turistica e chiusa per le cittadine e i cittadini sardi. Cittadini imprigionati dalle industrie petrolchimiche inquinanti, dalle fabbriche di bombe, dai 35 mila ettari di territorio occupato dalle basi militari italiane e straniere, dalla speculazione energetica della grande finanza, che ha poco a che vedere con l’ecologia e molto con la devastazione ambientale.
Il nostro 2 giugno può rappresentare una enorme opportunità di messa in discussione del processo di centralismo politico e culturale a cui fino ad oggi è stata condannata la Sardegna. Questa opportunità non va sprecata. Questa opportunità va alimentata con tutti i soggetti politici che sono portatori di domande di conflitto, trasformazione e cambiamento sociale.
Un bisogno di libertà che è partito da tutte le dimensioni della società sarda, compreso il mondo dell’arte, della cultura e della musica che ha sostenuto con gli appelli sui social media la partecipazione da tutti i territori della Sardegna, da Giorgigheddu Iscanu al rapper sassarese Futta. La musica e le parole Willy Valanga, di Dr. Drer, Giorgia e dei CRC posse che hanno accompagnato il corteo dal furgoncino del sound saranno le parole che ci uniranno anche domani.
Perché non vogliamo più basi militari. Non vogliamo più bombe. Non vogliamo più un sistema basato sullo sfruttamento e sul patriarcato. Vogliamo gli ospedali che funzionano, vogliamo che sia rispettato il diritto alla casa e al reddito. Uniamoci perché i tempi sono bui e non ci rimane molto tempo per dare voce e gambe a un nuovo modello di società basato sull’uguaglianza.