Che succederebbe se la Corte costituzionale dichiarasse illegittima la legge regionale 20 del 2024?

14 Aprile 2025

[Stefano Deliperi]

Mentre l’Amministrazione regionale Todde sta individuando puntualmente le aree idonee e inidonee per l’installazione di impianti produttivi di energia da fonti rinnovabili, pur avendo a disposizione ampia, esaustiva e ben nota cartografia digitale disponibile in https://www.sardegnageoportale.it/, una domanda vien spesso posta: che cosa accadrebbe nel caso in cui la Corte costituzionale dichiarasse l’illegittimità costituzionale della legge regionale Sardegna n. 20/2024 di individuazione delle aree idonee e non idonee per l’installazione di impianti produttivi di energia da fonti rinnovabili?

Ricordiamo, infatti, che il ricorso governativo n. 8 del 2025 ne ha chiesto la declaratoria di illegittimità costituzionale (art. 127 Cost.) per supposta violazione delle competenze esclusive statali in tema di anergia e ambiente.

L’associazione ecologista Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG) ritiene che, in una situazione come quella attuale di assenza di concreta ed efficace pianificazione energetica e territoriale a livello nazionale, la disciplina adottata dalla legge regionale Sardegna n. 20/2024 possa costituire un argine alla speculazione energetica in stile Far West che sta ponendo in pericolo i valori ambientali, naturalistici, storico-culturali e identitari dell’Isola senza nemmeno risolvere il problema della decarbonizzazione, ma potendo ben consentire il raggiungimento degli obiettivi in materia fissati a livello nazionale ed europeo.  

Per tali motivi il GrIG in qualità di Amicus Curiae, ha inviato (14 marzo 2025) una memoria alla Corte costituzionale in sostegno alla legge regionale Sardegna n. 20/1994.

E’ ben noto che la giurisprudenza costituzionale sia estremamente chiara nell’attribuire allo Stato l’emanazione dei principi fondamentali della materia “energia”, fra cui le disposizioni in materia di individuazione di aree idonee e non idonee per l’ubicazione degli impianti, la predisposizione di un’autorizzazione unica per la costruzione e l’esercizio dei medesimi impianti, previa intesa in sede di Conferenza Stato – Regioni – Province autonome (vds. sentenza Corte cost. n. 27/2023sentenza Corte cost. n. 11/2022;  sentenza Corte cost. n. 177/2021sentenza Corte cost. n. 106/2020) e l’abbia recentemente ribadito con la sentenza Corte cost. n. 28 dell’11 marzo 2025 che ha dichiarato illegittima la legge regionale Sardegna n. 5/2024, contenente la moratoria temporanea degli impianti produttivi di energia da fonti rinnovabili in palese contrasto con l’art. 20, comma 6°, del decreto legislativo n. 199/2021, secondo cui “nelle more dell’individuazione delle aree idonee, non possono essere disposte moratorie ovvero sospensioni dei termini dei procedimenti di autorizzazione”.  

Analoga sorte avrebbe, se fosse approvata, la proposta di legge popolare denominata Pratobello ’24, contenente addirittura (art. 3) una moratoria sine die.

Come ampiamente prevedibile e previsto, l’abrogazione della legge regionale Sardegna n. 5/2024 ha aperto la strada a pretese risarcitorie da parte di Imprese energetiche a cui era stata inibita l’autorizzazione per la realizzazione e l’esercizio di impianti produttivi di energia da fonti rinnovabili (T.A.R. Sardegna, Sez. II, 1 aprile 2025, n. 282).

Ma cosa accadrebbe se anche la legge regionale Sardegna n. 20/2024 venisse dichiarata in tutto o in parte illegittima?

Innanzitutto sarebbe necessario verificare il tenòre della pronuncia della Corte costituzionale.

Qualora venisse meno l’individuazione delle aree idonee e inidonee all’ubicazione impianti produttivi di energia da fonti rinnovabili, rimarrebbe comunque l’obbligo di provvedere con specifica legge regionale in base ai criteri enunciati dal Giudice delle Leggi, così come previsto dall’art. 20 del decreto legislativo n. 199/2021 e s.m.i. e dal D.M. 21 giugno 2024.

Rimarrebbero, in ogni caso, applicabili le altre discipline di salvaguardia del territorio.

In primo luogo, è bene ricordare che in Sardegna fin dall’entrata in vigore del piano paesaggistico regionale (P.P.R. – 1° stralcio costiero, esecutivo con D.P.RAS n. 82 del 7 settembre 2006), “negli ambiti di paesaggio costieri …  è comunque vietata la realizzazione di centrali eoliche e di trasporto di energia di superficie” (art. 112 delle N.T.A.). 

Inoltre, trovano applicazione i vincoli temporanei vigenti fino all’adozione delle norme d’individuazione delle aree idonee e inidonee all’ubicazione di impianti produttivi di energia da fonti rinnovabili: l’art. 6, comma 1°, del decreto-legge n. 50/2022, convertito con modificazioni e integrazioni nella legge n. 91/2022, in relazione all’installazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili ha individuato una “fascia di rispetto … determinata considerando una distanza dal perimetro di beni sottoposti a tutela di sette chilometri per gli impianti eolici e di un chilometro per gli impianti fotovoltaici”. Successivamente, con l’art. 47, comma 1°, del decreto-legge n. 13/2023, convertito con modificazioni e integrazioni nella legge n. 41/2023, la fascia di tutela è stata ridotta a “tre chilometri” per gli impianti eolici e a “cinquecento metri” per gli impianti fotovoltaici. 

Si tratta di fasce di rispetto dal limite delle zone tutelate con vincolo culturale (artt. 10 e ss. del decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i.) e/o con vincolo paesaggistico/ambientale (artt. 136 e ss. e 142 del decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i.), per cui è fondamentale, per esempio, l’incremento dei provvedimenti di vincolo culturale da parte del Ministero della Cultura in presenza di beni di proprietà privata (vds. T.A.R. Sardegna, Sez. I, 29 maggio 2024, n. 414).

Inoltre, non possono esser destinati legittimamente a sede di impianti energetici le aree appartenenti ai demani civici (legge n. 1766/1927 e s.m.i.legge n. 168/2017 e s.m.i.regio decreto n. 332/1928 e s.m.i.), perchè il regime giuridico delle terre collettive “resta quello dell’inalienabilità, dell’indivisibilità, dell’inusucapibilità e della perpetua destinazione agro-silvo-pastorale” (art. 3, comma 3°, della legge n. 168/2017 e s.m.i.).

L’importanza delle normative di tutela del territorio è fondamentale alla luce delle dimensioni della speculazione energetica in assenza di qualsiasi realistica pianificazione di settore: Qualche sintetica considerazione sulla speculazione energetica in corso in Italia è stata svolta da tempo autorevolmente dalla Soprintendenza speciale per il PNRR, che, dopo approfondite valutazioni, ha evidenziato in modo chiaro e netto: “ è in atto una complessiva azione per la realizzazione di nuovi impianti da fonte rinnovabile (fotovoltaica/agrivoltaica, eolico onshore ed offshore) … tanto da prefigurarsi la sostanziale sostituzione del patrimonio culturale e del paesaggio con impianti di taglia industriale per la produzione di energia elettrica oltre il fabbisogno … previsto … a livello nazionale, ove le richieste di connessione alla RTN per nuovi impianti da fonte rinnovabile ha raggiunto il complessivo valore di circa 328 GW rispetto all’obiettivo FF55 al 2030 di 70 GW” (nota Sopr. PNRR prot. n. 51551 del 18 marzo 2024)”.

Qui siamo alla reale sostituzione paesaggistica e culturale, alla sostituzione economico-sociale, alla sostituzione identitaria.  

In tutto il territorio nazionale le istanze di connessione di nuovi impianti presentate a Terna s.p.a. (gestore della rete elettrica nazionale) al 28 febbraio 2025 risultano complessivamente ben 6.110, pari a 354,80 GW di potenza, suddivisi in 3.874 richieste di impianti di produzione energetica da fonte solare per 153,213 GW (43,19%), 2.051 richieste di impianti di produzione energetica da fonte eolica a terra per 109,77 GW (30,94%) e 131 richieste di impianti di produzione energetica da fonte eolica  a mare 88,59 GW (24,97%). Poche richieste (in tutto 54 per 3,22 GW, 0,92%) per idroelettrico, geotermico e biomasse.

Nella sola Sardegna, le istanze di connessione di nuovi impianti presentate a Terna s.p.a. (gestore della rete elettrica nazionale) al 28 febbraio 2025 risultano complessivamente ben 756, pari a 54,04 GW di potenza, suddivisi in 493 richieste di impianti di produzione energetica da fonte solare per 20,60 GW (38,12%), 230 richieste di impianti di produzione energetica da fonte eolica a terra per 15,96 GW (29,53%) e 32 richieste di impianti di produzione energetica da fonte eolica  a mare 17,47 GW (32,34%). Una sola richiesta, per 0,01 GW di potenza (0,01%) per idroelettrico, nessuna per geotermico e biomasse.

54,04 GW significa 28 volte gli impianti oggi esistenti in Sardegna, aventi una potenza complessiva di 1,93 GW (i 1.926 MW esistenti, di cui 1.054 MW di energia eolica a terra + 872 di energia solare fotovoltaica, dati Terna, 2021), significa 8,7 volte l’aumento di produzione al 2030 (6,2 GW) richiesto dal D.M. 21 giugno 2024.

Significa un’overdose di energia che non potrebbe esser consumata sull’Isola (che già oggi ha circa il 38% di energia prodotta in più rispetto al proprio fabbisogno), non potrebbe esser trasportata verso la Penisola (quando entrerà in funzione il Thyrrenian Link la potenza complessiva dei tre cavidotti sarà di circa 2 mila MW), non potrebbe esser conservata (a oggi gli impianti di conservazione approvati sono molto pochi e di potenza estremamente contenuta).

Significa energia che dovrà comunque esser pagata dal gestore unico della Rete (cioè soldi che usciranno dalle tasse dei contribuenti) per la gioia degli imprenditori energetici.

Uno degli aspetti particolarmente critici è proprio la mancanza di informazione sui reali costi della speculazione energetica.

Gli unici che guadagnano in ogni caso sono le società energetiche, che – oltre ai passati certificati verdi e alla relativa commerciabilità, nonchè agli altri incentivi – beneficiano degli effetti economici diretti e indiretti del dispacciamento, il processo strategico fondamentale svolto da Terna s.p.a. per mantenere in equilibrio costante la quantità di energia prodotta e quella consumata in Italia: In particolare, riguardo gli impianti produttivi di energia da fonti rinnovabili, “se necessario, Terna invia specifici ordini per ridurre o aumentare l’energia immessa in rete alle unità di produzione”, ma l’energia viene pagata pur non utilizzata.

 I costi del dispacciamento sono scaricati sulle bollette degli Italiani.

Inoltre, la Commissione europea – su richiesta del Governo Italiano – ha recentemente approvato (4 giugno 2024) un regime di aiuti di Stato “volto a sostenere la produzione di un totale di 4 590 MW di nuova capacità di energia elettrica a partire da fonti rinnovabili”.   In particolare, “il regime sosterrà la costruzione di nuove centrali utilizzando tecnologie innovative e non ancora mature, quali l’energia geotermica, l’energia eolica offshore (galleggiante o fissa), l’energia solare termodinamica, l’energia solare galleggiante, le maree, il moto ondoso e altre energie marine oltre al biogas e alla biomassa. Si prevede che le centrali immetteranno nel sistema elettrico italiano un totale di 4 590 MW di capacità di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili. A seconda della tecnologia, il termine per l’entrata in funzione delle centrali varia da 31 a 60 mesi”.

Il costo del regime di aiuti in favore delle imprese energetiche sarà pari a 35,3 miliardi di euro e, tanto per cambiare, sarà finanziato “mediante un prelievo dalle bollette elettriche dei consumatori finali”.

Insomma, siamo all’overdose di energia producibile da impianti che servono soltanto agli speculatori energetici.

Decisamente poco prese in considerazione alternative ben più democratiche di diffusa produzione energetica in assenza di conflittualità.

In tutta Italia, fra le aree idonee dovrebbero esser individuate le zone industriali e quelle già degradate, mentre dovrebbe esser privilegiata e incentivata la soluzione relativa al posizionamento di pannelli fotovoltaici sui tetti di edifici pubblici, capannoni, aziende, edifici privati, ecc.    

Sarebbe più che sufficiente per le necessità energetiche nazionali.

Si rammenta che lo studio ENEA pubblicato sulla Rivista Energies (N. Calabrese, D. Palladino, Energy Planning of Renewable Energy Sources in an Italian Context: Energy Forecasting Analysis of Photovoltaic Systems in the Residential Sector, 27 marzo 2023) afferma che per sopperire ai fabbisogni energetici dell’intero patrimonio residenziale italiano basterebbe realizzare pannelli fotovoltaici sul 30% dei tetti a uso abitativo.

Inoltre, come afferma e certifica l’I.S.P.R.A. (vds. Report Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici. Edizione 2023, Report n. 37/2023), è molto ampia la superficie potenzialmente disponibile per installare impianti fotovoltaici sui tetti, considerando una serie di fattori che possono incidere sulla effettiva disponibilità di spazio (presenza di comignoli e impianti di condizionamento, ombreggiamento da elementi costruttivi o edifici vicini, distanza necessaria tra i pannelli, esclusione dei centri storici).

Dai risultati emerge che la superficie netta disponibile può variare da 757 a 989 km quadrati. In sostanza, si spiega, “ipotizzando tetti piani e la necessità di disporre di 10,3 m2 per ogni kW installato, si stima una potenza installabile sui fabbricati esistenti variabile dai 73 ai 96 GW”. A questa potenza, evidenziano i ricercatori dell’Ispra, si potrebbe aggiungere quella installabile in aree di parcheggio, in corrispondenza di alcune infrastrutture, in aree dismesse o in altre aree impermeabilizzate; “ipotizzando che sul 4% dei tetti sia già installato un impianto, si può concludere che, sfruttando gli edifici disponibili, ci sarebbe posto per una potenza fotovoltaica compresa fra 70 e 92 GW”.

Energia producibile senza particolari impatti ambientali e conflitti sociali.

Il GrIG da un lato è favorevole alla produzione energetica da fonti rinnovabili, ma è assolutamente contrario a ogni ipotesi di speculazione energetica.

Il GrIG ha avanzato la proposta della verifica nazionale del quantitativo di energia elettrica realmente necessario e della successiva pianificazione statale in base ai reali fabbisogni energetici delle aree a mare e a terra dove installare gli impianti eolici e fotovoltaici e, dopo coinvolgimento di Regioni ed Enti locali e svolgimento delle procedure di valutazione ambientale strategica (V.A.S.), successivamente da assegnare mediante bandi pubblici al migliore offerente per realizzazione, gestione e rimozione al termine del ciclo vitale degli impianti di produzione energetica.

La prima cosa necessaria, a breve termine, sarebbe una moratoria nazionale (non regionale, già dichiarata costituzionalmente illegittima con sentenza Corte cost. n. 27/2023 e sentenza Corte cost. n. 28/2025), una sospensione di qualsiasi autorizzazione per nuovi impianti di produzione energetica da fonti rinnovabili.  Oltre l’individuazione normativa delle aree idonee e inidonee a breve termine, a medio termine, è certamente necessario completare il processo di pianificazione paesaggistica.

Il GrIG ha recentemente promosso in proposito la petizione popolare Si all’energia rinnovabile, no alla speculazione energetica!, che ha ormai superato le 21 mila adesioni, dove sono esposte chiaramente le ragioni perché si possano finalmente pianificare gli interventi di una vera e condivisa transizione energetica senza stravolgere superstiti aree agro-naturalistiche, eccellenze alimentari, campi, pascoli, boschi, coste, crinali, avifauna, siti archeologici, beni artistici e culturali, sentieri, cammini, ciclovie, itinerari turistici enogastronomici scampati ad un vorace consumo di suolo e ora gravemente minacciati da questa arrembante deriva affaristica mascherata di verde e senza rischio d’impresa perchè incentivata con le nostre bollette.

Stefano Deliperi è il portavoce del Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG)

Scrivi un commento


Ciascun commento potrà avere una lunghezza massima di 1500 battute.
Non sono ammessi commenti consecutivi.


caratteri disponibili

----------------------------------------------------------------------------------------
ALTRI ARTICOLI