Che tipo di energia vogliamo in Sardegna?

17 Dicembre 2021

[Lucia Chessa]

Ieri a Sanluri, in un incontro organizzato dal partito RossoMori, abbiamo parlato di energia.

Noi pensiamo che ci siano una serie di questioni sulle quali, un pensiero politico di sinistra e autonomista, che non sia pigro e rinunciatario, non possa fare a meno di riflettere. Uno di questi temi è l’energia: come la produciamo, come la consumiamo, come la risparmiamo o la sprechiamo.

Si tratta di domande a cui possono darsi risposte molto diverse e questa diversità segna la differenza tra una forza di sinistra, una di destra e una di finta sinistra. Tra una forza autonomista, che esige l’applicazione del principio di sussidiarietà, che tende alla propria sovranità e che esige l’esercizio del diritto diffuso alle risorse naturali.  E una forza centralista che si piega a decisioni prese sempre più lontano, che non riconosce i diritti collettivi di un popolo, che è disponibile a sacrificare gli interessi di un territorio e della sua popolazione ad interessi più forti e lontani.

C’è un concetto, anzi un diritto che noi RossoMori abbiamo ben presente. E’ un diritto, di quelli che si chiamano “di terza generazione” e che sono propri dei gruppi, non dei singoli individui. Sono diritti collettivi come per esempio quello all’autodeterminazione, ad un ambiente salubre, o ancora, ed è quello su cui è necessario riflettere ora, il diritto diffuso alle risorse naturali quali sono, per esempio, il territorio, il paesaggio, il sole, il vento, l’acqua.

Riconoscere questo diritto, impegno al quale una forza di sinistra autonomista non può sottrarsi, significa porsi il problema della distribuzione equa ed equilibrata dei benefici che derivano dallo sfruttamento di una risorsa e significa trovare il modo di evitare la polarizzazione tra i benefici a favore di pochi, da un lato, e le ricadute  negative a carico di molti, dall’altro.

Solo che, mentre è chiaro ormai, sia pure con ritardo, quali siano state le  ricadute negative dei programmi energetici del passato, incentrati su petrolio e carbone, nel senso che tutti hanno sanno cosa abbia comportato la SARAS o Porto Torres per esempio, noi non siamo certi che a tutti siano chiare le ricadute negative di una Sardegna ridotta a piattaforma per la produzione di energia, anche rinnovabile, destinata all’esportazione: occupazione del territorio con attività di impresa a bassi livelli di offerta di lavoro, conseguente desertificazione demografica, espianto di competenze esistenti legate alla vocazione economica locale, per citarne alcune.

Cito qui una frase tratta da uno studio di un filosofo, Leif Wenar dell’università di Harvard, che nel 2016 ha pubblicato un’opera dal titolo molto significativo: “La maledizione delle risorse naturali”. Dice Wenar che “l’incapacità del popolo di comprendere il valore delle risorse che gli vengono sottratte e la mancata possibilità di opporre resistenza (…) si trasformano in un potere immane gestito da poche persone” che si ritorce contro quel popolo stesso.

Noi RossoMori pensiamo che la prima necessità per chi ha, o aspira ad ricoprire ruoli di governo, sia di avere pienissima consapevolezza del valore di una risorsa e che la seconda necessità sia di capire come sia possibile diffondere, collettivizzare al massimo, i vantaggia derivanti dallo sfruttamento di quella risorsa.

Ecco, le posizioni in tema di produzione e consumo di energia espresse dai RossoMori e pienamente chiarite nel convegno di Sanluri, partono da queste riflessioni e da questi principi.

L’affermazione del dritto diffuso alle risorse naturali in campo energetico, significa tendere alla produzione diffusa di energia, quindi immaginare distretti energetici piccoli, di comunità, di dimensione comunale o sovracomunale. Piccole centrali di produzione di energia dimensionate al consumo del territorio che debbono servire, incentivando al massimo tutto ciò che può offrire un’alternativa alla grande produzione e distribuzione di energia. Noi pensiamo che sia necessario un grande sforzo di programmazione in relazione al quale deve avere un ruolo prioritario una Società Energetica Sarda, da costruire con urgenza e che non sia l’ennesimo inefficiente carrozzone regionale ma un soggetto in grado di rappresentare gli interessi del popolo sardo e la sua sovranità.

Nella nostra proposta in tema di energia, che parte da un’idea profondamente autonomista e di autodeterminazione, c’è un grande ruolo dei comuni e un grande protagonismo delle comunità locali. C’è l’idea che noi dobbiamo ridurre al massimo la condizione di dipendenza della Sardegna e non consentire più monocolture coloniali che ci sottraggono valore e opportunità.

Quindi siamo per la realizzazione di piccoli impianti, dotati di accumulo, diffusi nel territorio, siamo per interventi legislativi, a livello regionale, che implementino le comunità energetiche nei comuni, organizzate con reti e stoccaggio locali. Siamo per la realizzazione di centrali elettriche a biogas (da digestore anaerobico) a gestione locale, alimentate dai sottoprodotti dell’agricoltura, dell’allevamento, della gestione forestale e dalla frazione umida dei rifiuti urbani per coprire il fabbisogno in caso di  insufficiente disponibilità delle altre risorse rinnovabili.  Siamo per definire, in concerto con i Comuni, procedure semplificate che favoriscano gli interventi di efficientamento energetico degli edifici sfruttando in maniera ottimale gli incentivi fiscali esistenti. Siamo per il censimento delle aree irreversibilmente compromesse, ad iniziare da quelle militari dismesse e da dismettere, da destinare alla realizzazione di impianti da rinnovabili di grossa taglia. E siamo, lo diciamo forte e chiaro, per la definitiva rinuncia alla dorsale del metano.

Però siamo in ritardo perché ciò che sta per succedere in Sardegna è già in atto. La trasformazione di questa terra in una piattaforma per produrre energia da esportare, senza alcun effettivo vantaggio per le popolazioni e le imprese sarde, è già avviata. Gode di un grande consenso a livello nazionale, è ammantata da un finto ecologismo ed è accompagnata da un’assoluta incapacità e volontà, a livello regionale, a contrastarla.

Il partito RossoMori, già ad agosto ha inviato ai Sindaci dei comuni sardi una lettera- denuncia mettendo in guardia rispetto all’ipotesi che si profila per la Sardegna e che rappresenta, secondo noi, un nuovo drammatico esproprio di opportunità. Noi pensiamo che sia necessario  fermare questa corsa chiedendo, a gran voce, una moratoria. Un fermo delle autorizzazioni già richieste per migliaia di ettari di impianti eolici e fotovoltaici. Occorre evitare che diventiamo la colonia energetica d’Italia, a cui si spiana la strada attraverso la possibilità di azioni di forza giustificate con il criterio di una presunta “pubblica utilità” decisa altrove. Queste prese di posizione per noi sono un discrimine. Fanno la differenza tra chi si rende complice di questi interventi e chi vi si oppone cogliendone il peso per i territori e le popolazioni che vi abitano. E questo sarà il nostro criterio al momento di definire le nostre alleanze. Ringraziamo tutti coloro che a Sanluri hanno voluto dare il loro contributo con la loro presenza e i loro interventi.

Lucia Chessa è la segretaria nazionale del partito RossoMori

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