Chi ha paura di Brancaleone?
18 Agosto 2015Raffaello Ugo
Dopo aver vissuto da vicino la tragica esperienza di Serafino posso assicurare che non ci saranno malattie abbastanza gravi per convincermi a farmi ricoverare in un ospedale. Naturalmente le responsabilità sono sempre individuali ma è evidente che la struttura è diventata un cancro. Ivan Illich ne descriveva la parabola iatrogena negli anni 80. Il tempo è passato inutilmente.
Brancaleone si dispera perché i compagni con cui era diretto in Terrasanta sono stati trucidati e lui non ha potuto partecipare alla battaglia perché rimasto incastrato sotto il barcone rovesciato. Invoca la Morte perché lo prenda e non lo lasci nella disperazione e nella vergogna per non aver saputo difenderli. E la Morte appare all’improvviso alle sue spalle: Son qua! Brancaleone balbetta… si schermisce… infine chiede una morte gloriosa, da cavaliere. La Morte promette di incontrarlo di nuovo poco più avanti dove lui dovrà cercare di impedire un tentativo di infanticidio. Ma ancora non è arrivato il suo momento e quando la Morte sembra infine disposta davvero a prenderselo e la sua falce taglia l’aria per abbattersi su di lui, la strega che lui aveva salvato dal rogo e che lo amava si getta tra i due e viene uccisa al suo posto. La Morte fa i suoi conti e visto che non è rimasta a mani vuote se ne va rimandando l’ultimo incontro ad altra occasione.
Brancaleone morirà, naturalmente, perché la Morte arriva sempre puntualissima ma riuscirà a farsi inseguire dalla Morte piuttosto che fuggire da lei. Non negando la propria morte, ma chiedendo solo di morire con la dignità che gli spetta.
Serafino è riuscito anche lui a farsi inseguire dalla Morte che aveva già incontrato più volte nell’ultimo anno e a cui aveva dato appuntamento a Pfäffikon – Svizzera per mercoledì 12 agosto all’ora di pranzo.
Voltandoci indietro si possono ricostruire i precedenti incontri con la Morte.
A marzo viene operato per tre volte ma nonostante l’accanimento dei medici sopravvive. Viene dimesso in fretta. E’ irriconoscibile. Tuttavia Serafino che ama la vita ed è un ottimista, rinnova l’abbonamento per il teatro dell’Opera.
Alla fine di aprile esce da una nuova clinica. Uno dei due drenaggi che gli erano stati messi si è rotto: Non è niente, tanto c’è l’altro. Così gli dicono. E lo dimettono passando il cerino acceso a qualcun’altro. E’ ormai uno spettro.
Il 5 di maggio viene dimesso dopo due settimane da un’altra clinica sempre più debilitato. Difficile dire a cosa servisse anche questo ricovero. Cammina barcollando con un bastone e, letteralmente, le ventate lo spostano pericolosamente.
Il suo medico risponde alle sue telefonate quando ne ha voglia dando risposte evasive e generiche. Fa ricette.
Si tenta di avere una visione d’insieme con un noto medico “alternativo” che lo incontra una prima volta e gli ordina una serie di esami. Avrà gli esami richiesti ma non fisserà mai un secondo incontro. Il medico svanirà semplicemente nel nulla.
Improvvisamente Serafino accusa un forte dolore alla gamba destra.
Un amico gli fa avere un incontro urgente con un medico che si occupa proprio del suo tipo di patologie. L’amico, ingegnere, suggerisce: Secondo me si è rotto la gamba… Il tempo passa con un’altra serie di esami. L’ultimo esame rivela la frattura del femore. Ma è passato ormai un mese dal momento in cui Serafino ha sentito per la prima volta una fitta alla gamba. Da allora è stato costretto a passare da una sedia a rotelle al letto e viceversa con fitte violente e un sordo dolore che lo ha sempre accompagnato impedendogli di dormire o di concentrarsi su qualsiasi cosa. E’ ulteriormente dimagrito, non mangia quasi più. Si nutre di poche gocce di succo di frutta ed è disidratato.
Viene ricoverato ancora e dopo una settimana di degenza un medico gli chiede se non preferisca tornarsene a casa con una bella terapia antidolorifica: adesso fanno miracoli… Serafino stringe i denti e chiede di essere operato alla gamba. Firma un documento che libera i medici da qualunque responsabilità. Sopravvive anche a questo.
Chiede se può fare un viaggio in aereo. I medici sembrano favorevoli.
Vengono sostituiti i drenaggi che, pare, andavano sostituiti ogni tre mesi. Nessuno lo aveva avvertito e i mesi passati sono quasi sei. Viene dimesso in fretta e furia senza un piano di riabilitazione ma alcuni minuti prima di lasciarlo andare gli prelevano il sangue. Non riesce più ad alzarsi dal letto. Parla con sempre maggiore difficoltà e le ossa del viso sono ormai perfettamente visibili. Alcune persone intorno a lui portano avanti le pratiche per il viaggio. Serafino ha preso un impegno preciso e non è persona da mancare alla parola.
La compagnia aerea sostiene di non poter far viaggiare un passeggero in quelle condizioni se un medico non si carica della responsabilità per eventuali problemi in volo. Dall’ospedale arriva un foglio di autorizzazione ambiguo che dice e non dice. Molto probabilmente carta straccia. Serafino ha quasi trentotto di febbre a causa dell’agitazione. Dopo una serie concitata di telefonate un amico medico si propone di accompagnarlo in volo.
Serafino che ormai non riesce più a rimanere seduto sulla sedia a rotelle per più di un’ora resterà seduto per quasi dieci ore in un viaggio angosciante da casa sua a Zurigo con un’ora e mezzo di ritardo a Fiumicino. Arriva a Zurigo ripiegato su sé stesso. Potrebbe essere anche morto ma respira ancora. Ha un appuntamento e stringe i denti.
In serata, a Pfäffikon, un medico pietoso gli accarezza il viso e sussurra: mi ricorda mio padre…
12 agosto.
Serafino è pronto all’appuntamento. Chiede alcuni pezzetti di mela, un caffè. Sorride alle nostre battute e va via. Ha costretto la Morte ad andarlo a prendere dove voleva lui.
Riprendono a respirare sollevati i medici, mostri incapaci di vedere l’essere umano al di là delle loro pidocchiose specializzazioni, che precipitosamente si sono passati il cerino acceso folli di terrore che quel piccolo mucchio dolorante di ossa e pelle potesse farli finire davanti a un giudice che avrebbe potuto chiedergli conto della loro inettitudine, arroganza, sciatteria.
19 Agosto 2015 alle 06:31
Non ci sto!
Noi medici non siamo tutti così!
Queato è il risultato di anni di selezione clientelare o meramente tecnica che ha prodotto medici senza pietas
ma non siamo tutti così!
20 Agosto 2015 alle 11:40
Paola, capisco la tua rabbia per accuse che non senti di meritare ma non è molto rassicurante sapere che in un corpo devastato dal cancro ci sono anche cellule sane.
La teoria delle mele marce, purtroppo è un po’ autoconsolatoria. I medici sono prima di tutto preoccupati di tutelarsi da eventuali cause legali. Il malato arriva molto dopo. E ti parlo anche per una esperienza personale molto meno grave di quella di Serafino e tuttavia identica come schema.
Sono d’accordo con te che una selezione basata sulle capacità tecniche è estremamente pericolosa. Nel migliore dei casi il medico si abitua a confrontarsi con tabelle di statistiche, referti asettici e freddi numeri dimenticandosi che davanti ha invece un essere complesso, debole e spaventato che chiede per prima cosa di essere ascoltato. Ma quando finisco in un ospedale non posso certo scegliere il medico che mi curerà. E il medico di base è tanto simpatico fintanto che gli chiedi solo ricette ma alla prima difficoltà ti scarica anche lui dallo specialista. E temo purtroppo di non esagerare.
9 Settembre 2015 alle 11:20
Serafino, un amico, ancora primo che un compagno, sempre politicamente corretto, rispettoso di tutte le diversità e opinioni, ma fermo nelle sue decisioni, anche se apertissimo a confrontarsi con tutti. Detto questo entro nel merito dell’intervento di Ugo, non sono un medico ma opero all’ospedale oopps oggi Satabilimento Businco ex ente ospedaliero,ex asl 21,ex asl 8 ora AOB. Non abbiamo sanitari scarsi poco efficenti, ma dipendenti di pubblica amministrazione con quello che ne consegue, esattamente come i comunali, forestali e ministeriali. Certo la malattia è il lato oscuro della vita, ci fa paura il dolore, temiamo di perdere le nostre certezze e sicurezze che ci siamo costruiti, però è un dovere di noi operatori di lavorare con coscienza e scienza (quando è possibile) ed è un diritto del cittadino temporaneamente paziente ad essere assistito al meglio, con Serafino da quello che scrive Ugo non è stato così. Sono tanti questi casi, per questo con alcuni amici abbiamo costituito il Comitato Sa Luxi che ha un’obiettivo quello di far realizzare in Sardegna il Registro Tumori, che detto in parole povere ( chi vuole approfondire c’è un nostro intervento sul Manifesto) serve a conoscere quanti e tipo di tumori in una regione, come sono trattati i pazienti e con quali farmaci, e se le attese previste dai protocolli terapeutici vengono ad avere i risultati previsti, tenuto conto che in molti casi (non in tutti) di cancro si può convivere in modo soddisfacente.