Chisto è ‘o paese do sole
16 Ottobre 2008Marcello Madau
Saremmo tutti nella stessa barca. L’economia mondiale trema, le misure ci vogliono tutte, il paese deve ritrovare l’unità, Veltroni ha pensato, aggiungendo naturalmente un ‘ma anche’, ad annullare la manifestazione del partito democratico: i dubbi sull’opportunità della democrazia sono davvero bipartisan.
L’atteggiamento generale verso questa crisi del capitalismo è assai significativo: che essa sia organica al sistema e a suo modo inevitabile appare evidente, ma pochi lo dicono.
L’individuazione delle cause (una cattiva politica, errori singoli o di gruppi) sembra confliggere con la dimensione planetaria del problema. Persino Tremonti si erge a moralizzatore, minacciando spocchiosamene le dimissioni se non viene eliminato l’emendamento che salverebbe Tanzi ed altri capitani coraggiosi nonostante le loro malefatte. E’ ovviamente da comunisti, e infatti lo siamo, chiedersi come facevano Berlusconi e Tremonti a non saperlo. Ma l’ottima Milena Gabanelli, alla quale viene attribuito il merito di aver scoperto l’emendamento annidato nel decreto Alitalia, ha semplicemente evidenziato una misura a suo modo corretta e coerente: Tanzi e tutti gli altri non sono un fatto isolato e un’aberrazione del sistema, ma una caratteristica strutturale dello stesso.
Questa assai prevalente assenza critica ci racconta anche la deriva della stessa idea della sinistra, che in genere attribuisce le difficoltà in atto alla mancata virtuosa costruzione di regole per il mitico (e intoccabile) mercato, unica possibilità riconosciuta per l’intervento dello Stato. Nessuno che rifletta sulla crisi da ‘non ritorno’ del modello di capitalismo finanziario nel quale, indebitando tutto il mondo, le banche sono dentro mani e piedi; del suo legame con il ciclo del petrolio e della guerra.
Fa eccezione – ed è sempre più acuto il dolore per la temuta perdita dello spazio critico del nostro quotidiano nazionale – la discussione apertasi sul ‘Manifesto’, in particolare con il recente al solito prezioso intervento di Rossana Rossanda del 12 ottobre scorso, al quale ha fatto seguito due giorni dopo un lungo contrappunto di Fausto Bertinotti.
La discussione si è correttamente incanalata su quello che può essere il ruolo dello Stato e quanto in tale ruolo sia possibile discutere, condividere e proporre una piattaforma politica di sinistra.
La grande menzogna del liberismo come paradigma della libertà – più o meno come quella del nome del partito di Berlusconi – è sufficientemente chiara: quale libero mercato vedere nel rapporto fra capitale dominante e politica, soprattutto quando la politica rappresenta direttamente o per stretta delega il capitale dominante? Nessuna libertà, se non quella del potere di non avere regole o di configurarle a suo uso e consumo. Non sfugge ovviamente l’importanza di manovrare il ‘pubblico’, e perciò dovremo certamente attenderci da destra il rilancio – generalmente indicato dagli organismi internazionali e da tutti i teorici in questa crisi – di azioni pubbliche su larga scala. Intanto, con poco rispetto della quota di debito pubblico che grava su ogni cittadino, accollandosi i debiti del grande capitale finanziario, quindi rilanciando – e questa volta si tenterà con più forza drammatica la necessaria unità nazionale – le grandi opere. Si tratterà in particolare del Ponte sullo Stretto di Messina, della TAV, del Nucleare, dei Termovalorizzatori.
In tale ambito vi è uno spazio importante per la costruzione di un cambiamento dell’attuale sistema, dove interrogarsi su cosa produrre: come poneva il grande economista Paul Samuelson, burro o cannoni. Su ciò un confronto a sinistra è straordinariamente importante e urgente. Allora vorrei declinare qualche ragionamento sul tema del paesaggio e della cultura, non casualmente al centro dell’attenzione: la conservazione dei valori di un territorio per il progresso morale e materiale delle comunità è considerata proiezione rilevante in termini di benessere economico. Il vertiginoso progresso dell’industria del tempo libero ne è testimonianza.
La relazione fra i due aspetti non è scontata, ma oggi più di alcuni decenni fa paesaggio e beni culturali sono al centro di grandi discussioni e severe contese. Non avremmo avuto in Sardegna scontri e risse su Tuvixeddu e sulle coste se il valore di questi temi e la loro capacità eversiva rispetto alle classiche economie della speculazione non fosse dirompente. Né avremmo avuto, nel nostro stesso appello, un riscontro nazionale. Neppure le tensioni che sembrano purtroppo indicare anche da noi – il drammatico caso di Orosei è il punto di arrivo iniziato alcuni anni fa con la presenza in costa Smeralda della ‘Banda della Magliana’ – la possibile omologazione a modelli mafiosi verso le quali la vigilanza deve essere assoluta.
Guardate anche il tema dell’energia: Scajola non perde occasione per promettere il nucleare, Berlusconi, ospite d’onore di Bush (il presidente USA è proprio messo male!) dichiara che acquisteremo il nucleare dagli USA. Nello stesso tempo, il governo italiano rifiuta di adeguarsi, con una posizione fieramente reazionaria, alla politica europea di contenimento delle emissioni nocive perché troppo onerosa per la nostra industria.
Ecco allora, in Sardegna e in Italia, la prospettiva di un programma economico e sociale di sinistra che sia caratterizzato non tanto dalla presenza e dal ruolo del pubblico, quanto dalle scelte del pubblico.
Per quanto riguarda i temi indicati di paesaggio e cultura, si lancino allora investimenti profondi e duraturi sulla tutela del paesaggio, sullo sviluppo dell’offerta museale e delle aree archeologiche, su biblioteche, spettacoli e arte; sulla trasformazione pulita dell’intero sistema di produzione dell’energia, con una riconversione a tappeto in direzione del fotovoltaico e delle altre energie non inquinanti.
Da sinistra uno Stato non serve solo a creare regole certe per banche e mercato. Serve a indicare obiettivi strategici in direzione di un vero sviluppo sostenibile, valorizzando quel grandissimo capitale di lavoro cognitivo di cui il paese dispone e del quale si ha così poca cura.
16 Ottobre 2008 alle 11:22
Taglio, incollo e sottoscrivo
…Persino Tremonti si erge a moralizzatore, minacciando spocchiosamene le dimissioni se non viene eliminato l’emendamento che salverebbe Tanzi ed altri capitani coraggiosi nonostante le loro malefatte. E’ ovviamente da comunisti, e infatti lo siamo, chiedersi come facevano Berlusconi e Tremonti a non saperlo. Ma l’ottima Milena Gabanelli, alla quale viene attribuito il merito di aver scoperto l’emendamento annidato nel decreto Alitalia, ha semplicemente evidenziato una misura a suo modo corretta e coerente: Tanzi e tutti gli altri non sono un fatto isolato e un’aberrazione del sistema, ma una caratteristica strutturale dello stesso….
Buon Futuro a tutti noi,
Angelo Liberati
18 Ottobre 2008 alle 20:54
Mi sembra che la vicenda di Orosei meriti più che un accenno. L’articolo di Antonietta Mazzette che “la Nuova Sardegna” ha pubblicato il 14 ottobre (e che ho ripreso su eddyburg con una postilla) spiega assai bene quali siano le ragioni che hanno provocato le violenze contro la giunta: l’aver finalmente imboccato una corretta politica del territorio, unica salvaguardia del futuro di quella società. Ho sempre considerato l’esperienza della giovane giunta di Orosei una delle poche “buone pratiche” in materia di città e territorio che si registrano oggi in Italia. Mi piacerebbe che “il manifesto sardo” si esprimesse con maggiore ampiezza e vigore, e riprenderò subito su eddyburg l’articolo che eventualmente “il manifesto sardo” dedicasse all’argomento.
19 Ottobre 2008 alle 18:47
Caro Salzano, I fatti di Orosei meritano certamente più di un accenno, e noi saremo felici di avere – come altre volte abbiamo fatto – uno scritto di Antonietta Mazzette, e naturalmente di chiunque denunciasse lucidamente questo grave problema. Bene ha fatto Eddyburg ad ospitarlo.
Sai bene, perché affronti anche tu gli stessi problemi, come non sia facile seguire tutti gli avvenimenti e commentarli adeguatamente o tempestivamente. Abbiamo oltretutto una norma redazionale per la quale, almeno tendenzialmente, non pubblichiamo articoli apparsi in altri siti o quotidiani. Anche per questa ragione abbiamo dato precedenza ad altri argomenti, come lavoro e presenza di basi militari in Sardegna. Su quest’ultimo tema è stata assunta dal governo col consenso dell’opposizione una decisione grave, relativa alla costruzione di un corridoio militare di volo che va da Decimomannu a Perdasdefogu/Quirra per sperimentare velivoli da guerra senza pilota. Le questioni che riguardano le basi militari in Sardegna trovano sempre omertà nella stampa locale (e non solo), e così pure le iniziative sul G8 che vengono incredibilmente considerate grandi occasioni di riscatto per l’isola.
Comunque ti ringraziamo per il suggerimento che ci hai dato e sicuramente proveremo ad affrontare le questioni che hanno creato il problema Orosei nei prossimi numeri del Manifestosardo, anche col contributo di amici comuni come Antonietta Mazzette e Giovanni Meloni.