Cinema e scritture femminili
1 Agosto 2012Federica Soddu
Ai primi del Novecento è Annie Vivanti a costruire con Marion una personaggia anticonformista, di eccezionale presenza, consapevole di sé e dei propri mezzi. Le succede Renée Deliot, sapiente conoscitrice e scompaginatrice di modelli e tradizioni, che grazie al suo bagaglio culturale e ad un’acuta sensibilità porta grandi innovazioni nel contesto cinematografico italiano, scrivendo trame avventurose di grande respiro internazionale e creando dei personaggi femminili nuovi, con ruoli attivi e trasgressivi. La trasposizione del romanzo in opera filmica si attua mediante una catena di relazioni, scambi, reciproci riconoscimenti di autorevolezza e responsabilità, con la consapevolezza di star realizzando insieme un’opera nuova e fuori dal comune.
È quanto avviene nell’affidamento di “Cenere” da Grazia Deledda ad Eleonora Duse.
Un passaggio che spesso può implicare un tradimento, come nella realizzazione dello sceneggiato Rai a partire dall’opera di Fausta Cialente, la cui eroina, emblema di libertà ed indipendenza femminile, viene arbitrariamente messa a tacere e ricondotta fra gli schemi. Creatività, vivace anticonformismo e lucidità caratterizzano l’opera di Alba De Cespedes, anch’essa soggetta alle leggi di una censura inevitabile, nel passare dalla pagina scritta al grande schermo.
Libertà e trasgressione sono attributi anche di un’altra, grande autrice: Goliarda Sapienza. Goliarda appassionata attrice, che regala la sua esperienza e la sua interiorità al palcoscenico. Goliarda appassionante autrice, che dà vita, attraverso la scrittura, ad appassionate donne, e i cui romanzi sembrano montati già per una resa cinematografica.
È Luciana Peverelli che, con tocco originale, negli articoli dei periodici così come nei romanzi rosa, traccia modelli di costume per le fanciulle della sua epoca. Dai modelli contenuti nelle riviste del dopoguerra, agli articoli sul cinema a firma di donne. Da un ruolo prevalentemente passivo e assoggettato al volere altrui, al progressivo raggiungimento di una maggiore autorevolezza. Dalla visibile astrazione della donna in Max Opholus, all’invisibile tangibilità della donna dietro la macchina da presa, che imprime sulla pellicola del Super8 molto più della scena catturata dall’obbiettivo, e cioè se stessa, il sentimento e la relazione che la legano a ciò che ha davanti agli occhi.
Questo volume, oltre ad essere una lettura interessante e preziosa per comprendere quanta e quale sia stata la presenza femminile nel contesto cinematografico e in che modo abbia contribuito alla formazione e allo scombinamento di tradizioni, norme e gusti, è una lettura piacevole, semplice da comprendere, godibile anche da chi, come nel mio caso, non sia esattamente un’«addetta ai lavori».