A ogni classe il suo pollo
16 Ottobre 2013Gianfranca Fois
Sino alla prima metà del novecento si poteva dire “grasso è bello”. Per secoli i canoni di bellezza per le donne richiedevano forme prosperose e cellulitiche. Basta osservare i quadri che in varie maniere riproducono figure di donne per rendersene conto, contemporaneamente spesso anche gli uomini, aristocratici, ricchi uomini d’affari, alti dignitari ed ecclesiastici vengono rappresentati possenti, talvolta grassi. Essere grasso significava poter mangiare perché si era ricchi, dall’altra parte figure scarne, dai volti scavati dei rappresentanti delle classi più umili.
Se ora ci guardiamo attorno vediamo che la situazione si è capovolta completamente.
Sicuramente esiste una frattura, gravissima, tra una parte del mondo che muore letteralmente di fame e l’Occidente che invece ha problemi di sovralimentazione. Io però vorrei fare alcune riflessioni sul divario all’interno dei paesi più ricchi tra chi riesce a mantenersi in forma e chi arriva spesso all’obesità, e in gran parte questo divario è una differenza di classe.
E’ un fenomeno iniziato negli Stati Uniti, ma si sta diffondendo anche in Europa, per almeno due motivi: scarsa cultura e scarsi mezzi di una gran parte della popolazione. E’ paradossale, o forse no, che proprio mentre si portano avanti discorsi, inchieste sui cibi sani, sull’importanza della frutta e verdura, possibilmente a chilometro zero, per una alimentazione sana ed equilibrata, questi non raggiungano tutti, anzi ne è esclusa la parte della popolazione meno dotata di strumenti culturali e che ingurgita in modo impressionante, con la complicità del sistema pubblicitario e dei bassi costi, hamburger, patatine fritte, merendine ricche di grassi e beveroni con un’altissima percentuale di zuccheri con gravi ripercussioni sulla salute.
Infatti nonostante il numero impressionante di trasmissioni televisive incentrate su cibi e ricette, che però puntano più sulla competizione tra cuochi o aspiranti cuochi e sulla spettacolarizzazione, e nonostante il grandissimo numero di riviste, pubblicazioni e libri che hanno per argomento l’arte culinaria, tanto che il Salone del libro di Torino ha proprio quest’anno aperto una sezione destinata a testi gastronomici, l’informazione corretta su questi argomenti è rara ed episodica.
Nello stesso tempo i cibi più sani salgono di prezzo e diventano impossibili per molti.
Tutto ciò porta questi ultimi a nutrirsi ancora di più di cibo spazzatura. Credo che mentre sino a poco tempo fa ciò che distingueva l’alimentazione del povero da quella del ricco fosse soprattutto la quantità ora invece è proprio la qualità.
Mi spiego con un esempio banale. All’ English Market (il mercato così chiamato perché costruito dagli Inglesi) di Cork in Irlanda, questa estate era possibile comprare per cinque Euro un pollo, per dieci Euro un pollo che non era stato nutrito con mangimi trattati con antibiotici e ormoni, con quindici Euro un pollo allevato in modo libero e alimentato con mangimi naturale. Si capisce chiaramente anche solo da questo come “mangiare” stia diventando una questione di classe come mai prima d’ora.