Comune omofobia sassarese

15 Luglio 2007

Ma.Ma.

Devianti, contro natura, distruttori della famiglia. Non ci date tempo per scindere pedofilia e omosessualità. La forma non sarà stata molto istituzionale, ma che esista un problema di omofobia e di riconoscimento delle coppie di fatto e dell’omosessualità, anche nel Consiglio Comunale di Sassari a maggioranza di centro-sinistra, è più che evidente.
L’occupazione simbolica da parte del MOS (Movimento Omosessuale Sardo) dell’aula consiliare del Comune di Sassari per sottolineare la mancata approvazione del registro delle unioni civili, ha fatto emergere meglio l’imbarazzante standard culturale della classe politica, alla quale, per sensibilità ed esperienza, si sono sottratti pochi consiglieri: Dolores Lai e Giampaolo Mameli (DS), Roberto Schirru (Progetto Sardegna), Piero Frau (Rinascita Sassarese). Astenuti Tonio Biosa (DS) e Manfredi Cao (Udeur). Durissimo il documento del MOS.
Parlare di profanazione di un luogo sacro della politica, di fronte all’inadempienza della ‘promessa elettorale’ sul registro delle unioni civili, trasforma questo luogo in santuario separato e impermeabile. Per caso la profanazione non starebbe nell’inadempienza al mandato elettorale?
La votazione, come si suol dire bipartisan, ha messo in luce che, dietro alla difesa delle regole istituzionali, si sta consolidando (è anche il processo del Partito Democratico) un’idea di società che sacrifica ai fini superiori del potere diritti civili e laicismo. L’ordine del giorno votato dalla maggioranza si contrappone alla civile richiesta, avanzata da pochi consiglieri, di procedere almeno ad un’audizione dei rappresentanti del Mos. Respinta. Che tristezza.
Per certi versi, come dar torto a Tore Chessa (Udeur) ed alla sua sfrontata sincerità quando afferma «Molti di voi sono d’accordo con noi che non accettiamo i Dico. Ma farlo apertamente significa esporsi e perdere voti. Perché nessuno ha il coraggio di portare in aula il registro delle unioni civili?»

1 Commento a “Comune omofobia sassarese”

  1. Maria Antonietta Foddai scrive:

    Quanto tempo ancora deve passare prima che i termini “pluralismo” e “laicità” possano essere messi in pratica e non solo ostentati e stumentalizzati nelle varie campagne elettorali, all’interno di programmi di quella che continua a definirsi “sinistra italiana”? Essere “cattolico di sinistra” non è contradditorio, anzi, negli ultimi anni, sembra quasi doveroso (un nuovo metodo per ottenere maggiori consensi) con tutto il rispetto per chi lo è realmente; diventa contradditorio però nel momento in cui laicità e pluralismo, che fanno parte del dna della sinistra, vengono scavalcati e prevaricati da una cultura cattolica che ritiene e impone, come unica, la famiglia eterosessuale e possibilmente con prole a seguito. Non si ha il coraggio di portare in aula il registro delle unioni civili perchè oggi essere di sinistra, con mia grande tristezza, è altra cosa che ideali e principi. La nostra sinistra deve ricordare però che le copie di fatto un diritto ancora lo possiedono: il voto.

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