Comunismo queer e femminismo anticapitalista. Medicine per sovvertire il presente

16 Gennaio 2020

Buenos Aires (Argentina) Ni Una Menos, foto Juan Ignacio Roncoroni

[Fiammetta Cani]

Nella narrazione costruita durante il corso degli ultimi secoli, abbiamo sempre sentito parlare di capitalismo come sistema economico da decostruire, in quanto agente principale delle disuguaglianze di classe. Con il passare del tempo, in ambito politico, sono maturate idee sempre più precise riguardo agli eventuali metodi di disassemblamento da poter attuare, parallelamente, nel dibattito intellettuale è sorta una domanda: è possibile sovvertire il capitalismo senza tener conto delle strutture sociali che gli permettono di esistere? Ma quali sono queste strutture, e quali meccanismi le connettono al sistema?

A battere questo intricato percorso ideologico vi sono diverse autrici e diversi autori che hanno scelto di scrivere in merito a quel che possiamo definire femminismo anticapitalista. Come guida al discorso, prenderemo in analisi i testi Comunismo Queer di Federico Zappino e Femminismo per il 99% – Un manifesto, le cui autrici sono Cinzia Arruzza, Tithi Bhattacharya e Nancy Frazer.

Perché femminismo anticapitalista? Troppo spesso si pensa al femminismo come una corrente nata affinché le donne possano arrivare al potere per sopraffare e sottomettere gli uomini, o come una “questione femminile”, dove il ruolo delle donne sarebbe quello di lottare per raggiungere i propri diritti. La realtà è ben altra: sempre più persone, infatti, preferiscono usare il termine femminismi, vista l’ampia varietà di correnti, concetti e politiche che il femminismo contiene.

È proprio di questo che ci parlano Arruzza, Bhattacharya e Frazer: perché la parità di genere possa realmente essere raggiunta, è necessario smontare l’asetto del sistema capitalista. Il libro è composto da undici tesi, ognuna di esse si focalizza su un aspetto in particolare: come il femminismo liberale ha fallito e perché è necessaria un’impronta molto più radicale, quali sono i vantaggi di un femminismo anticapitalista, perché il capitalismo è il problema alla radice dei fallimenti della nostra epoca, quale connessione vi è tra oppressione di genere, violenza di genere, regolazione della sessualità, violenza razzista e capitalismo; conclude infine spiegando come e perché abbiamo bisogno di un femminismo ecosocialista, internazionalista e radicale.

Quali altri fattori sociali alimentano il capitalismo? Zappino, nel suo Comunismo Queer, scrive in merito all’eterosessualità come sistema atto a tenere in vita il capitalismo, spiegandoci perché dovremmo sovvertire il primo, se vogliamo eliminare il secondo. Le pagine del libro contengono un’ampia analisi su come l’eterosessualità funga da vettore per il moltiplicarsi delle violenze sulle minoranze sessuali e di genere, e come queste non possano cessare combattendo il capitalismo solo come sistema economico.

Gli approfondimenti presenti illustrano come analizzare su vasta scala un fenomeno come l’eterosessualità, non abbia nulla a che vedere con la volontà di cancellarla come semplice orientamento sessuale, né sia accostabile a fantomatici fenomeni paventati dalla destra conservatrice quali “eterofobia” e “razzismo al contrario”, spesso utilizzati nelle tesi contrarie per impedire alle minoranze di sovvertire la struttura dominante, quella che gode dei benefici di una società misogina ed omobitransfobica.

Come riportato dall’autore del libro, il problema non si limita alla politica di stampo destrorso e conservatore: un nuovo slancio nel mondo della politica mestierante comunista, ha fatto emergere la becera mentalità secondo cui i diritti delle persone LGBTQIA sarebbero borghesi, perciò sacrificabili rispetto alla lotta di classe. Comunismo queer, guarda anche alle gravi problematiche nel mondo della politica che vuole portare il nome di comunismo, pur riproponendo modalità e comportamenti che, infine, sono figli del capitalismo. << […] la mia idea è che dobbiamo attenderci di più di un comunismo eterosessuale e maschile, ma “inclusivo” , privo di pregiudizi omofobici, tollerante, genericamente laico, o che stabilisce quali diritti concedere nei riguardi di coloro che esso stesso contribuisce a mantenere come “diversi”. La mia idea, in altre parole, è che possiamo attenderci di più di un comunismo borghese, di un comunismo clericale, o di un comunismo liberale. La mia idea è che dobbiamo lottare per un comunismo queer.>>

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