Conflitti ambientali e la consultazione pubblica

1 Agosto 2014

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Stefano Deliperi

Non c’è dubbio che il governo Monti presenti luci e ombre, dovute alla pesantissima crisi economico-sociale lasciata in eredità avvelenata dal precedente governo Berlusconi. Una delle luci, però, potrebbe scaturire dal disegno di legge approvato dal Consiglio dei Ministri il 2 marzo 2012 sulla consultazione pubblica preventiva in materia di grandi opere proposte.

Una forma di democrazia partecipativa, che punta al coinvolgimento delle popolazioni interessate, di comitati e associazioni ecologiste, per diminuire le conflittualità, migliorare le progettazioni, evitare opere inutili, dispendiose, devastanti. Il modello è il francese debat public, la c.d. legge Barnier, approvata nel 1995 e parzialmente modificata nel 2001, che – secondo stime di esperti – ha ridotto dell’80% la conflittualità relativa ai progetti con sensibile impatto ambientale.

In che cosa consiste la procedura del debat public?

Negli anni ’90 del secolo scorso, davanti alle dure contestazioni delle popolazioni locali contro il tracciato dell’alta velocità ferroviaria TGV Mediterranée Lione-Marsiglia, il governo francese ritenne opportuno che la progettazione delle “grandi opere” dovesse essere vagliata preventivamente in un “dibattito pubblico” tra tutti i soggetti interessati.

Così nacque la legge Barnier: venne istituita un’autorità indipendente (Commission Nationale du Débat Public), con il compito di organizzare la procedura su progetti di grandi infrastrutture. Per i progetti che superano una certa soglia (in termini finanziari) l’apertura del dibattito è automatica, per gli altri è decisa a discrezione della Commissione.

Mentre la procedura di valutazione di impatto ambientale si svolge sul progetto definitivo dell’opera, il débat public ha ad oggetto un’idea preliminare. La finalità è quella di analizzare il progetto per tempo, quando è possibile apportarvi rilevanti cambiamenti. La Commissione nazionale affida, poi, a una Commissione particolare la concreta gestione del dibattito, che si apre quando il soggetto proponente ha consegnato un dossier, scritto in linguaggio accessibile, che illustra le ragioni e le caratteristiche dell’opera proposta e le alternative progettuali.

Qualsiasi comitato o associazione può presentare le proprie osservazioni e le proprie proposte, in seguito pubblicate a cura della Commissione (Cahiers d’acteurs). Si svolge quindi un’ampia campagna informativa tra la popolazione coinvolta dal progetto, poi il dibattito (4 mesi), mediante incontri aperti al pubblico, alcuni tematici (economici, ambientali, ecc.) sul progetto. La finalità è quella di confrontarsi sulla base di argomenti pertinenti.

Gli esiti del dibattito pubblico non hanno alcun valore giuridico. Al termine del dibattito, infatti, il presidente della Commissione redige un rapporto dettagliato in cui si limita a illustrare gli argomenti pro e contro emersi nel corso degli incontri. Entro i tre mesi successivi il proponente dell’opera deve comunicare se intende mandare avanti il suo progetto, modificarlo o ritirarlo.

A partire dal 2002 sono stati conclusi 121 dibattiti pubblici su diversi tipi di infrastrutture (linee ferroviarie a alta velocità, linee tramviarie, autostrade, porti, rigassificatori, elettrodotti, centrali nucleari, aeroporti, invasi idrici). Nella grande maggioranza dei casi il soggetto proponente segue le risultanze del debàt public.

E in Italia? La Tav, il Ponte sullo Stretto di Messina, il gasdotto “Rete Adriatica”, il gasdotto Galsi, l’alta velocità fiorentina, la diga di Monte Nieddu-Is Canargius, i lavori del G 8 a La Maddalena, mille altri progetti di “grandi opere” spesso soltanto spreco di soldi pubblici e distruzione ambientale avrebbero potuto avere una storia molto diversa.  Non è mai troppo tardi per cambiare.

Finora c’è solo la legge regionale Toscana n. 69/2007 con risultati non del tutto lusinghieri. La critica più ricorrente? Non considerare abbastanza i contributi dei cittadini, come ammette lo stesso rapporto di monitoraggio sui primi anni di applicazione (maggio 2011).

La legge sulla consultazione pubblica preventiva sulle grandi opere potrebbe rappresentare davvero un notevole passo in avanti per l’ambiente, per la partecipazione dei cittadini, per la stessa finanza pubblica. A patto, naturalmente, che si prendano in debita considerazione i contributi che in vario modo possano giungere da comitati, associazioni, popolazioni interessate.

1 Commento a “Conflitti ambientali e la consultazione pubblica”

  1. Conflitti ambientali e sociali La consultazione pubblica preventiva sulle grandi opere può essere una buona soluzione. | Gruppo d'Intervento Giuridico onlus scrive:

    […] su Il Manifesto Sardo (“Conflitti ambientali e la consultazione pubblica“), n. 174, 1 agosto […]

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