Contorni: Alcune altre considerazioni sulle scritture
1 Marzo 2016Giulio Angioni
Tutte le forme di grafismo, di espressione vocale, di gestualità simbolica, tutte le forme di linguaggio possono essere collocate lungo una linea anche evolutiva ramificata e discontinua, che per quanto riguarda gli uomini ha privilegiato le due aree correlate dell’udire e del vedere. Ancora oggi per l’uomo ricevere messaggi significa quasi solo udire e/o vedere. Tatto, odorato e gusto sono meno importanti basi fisiologiche di comunicazione umana, di trasmissione e di conservazione della memoria individuale e collettiva, con eccezioni non trascurabili come il sistema di lettura non visuale Braille per i ciechi. Ma l’uso umano di queste possibilità sensorie come materiale significante o come deposito della memoria è dimostrato, per esempio, dalla meraviglia con cui, alla maniera di Proust, scopriamo le possibilità latenti ma potenti del gusto e dell’odorato come luogo di deposito della memoria individuale.
I primi documenti di modi di vita umani mostrano che anche gli ominidi più arcaici erano in grado di servirsi dei due binomi funzionali mano-utensile e faccia-linguaggio. Tutti gli uomini finora esistiti appaiono, da diversi milioni di anni, capaci di usare la mobilità della mano e la mobilità della faccia per materializzare il pensiero in strumenti d’azione e nei loro prodotti e in simboli sonori e visivi. A volersi imbarcare nel pelago infido delle origini, è probabile una connessione tra mano e faccia nell’espressione del pensiero in forme simboliche, cioè una connessione tra fonazione e gestualità, prima dell’apparizione dell’homo sapiens.
E quando si evoca la gestualità primordiale non è d’obbligo limitarsi al gestire effimero del linguaggio dei gesti, ma si può pensare a una connessione tra fonazione e gestualità anche in rapporto al gesto tecnico che traccia segni durevoli sulla materia, dalla sabbia alla pietra. Il grafismo esiste in forme varie dalle prime epoche dell’homo sapiens. L’uso della mano e della visione per codificare e decodificare messaggi, cioè l’uso di forme di comunicazione del tipo scrittura-lettura in senso lato, appare antico quanto l’uomo stesso. Nulla fa propendere per una comparsa e uno sviluppo del linguaggio fono-acustico preliminare a forme di linguaggio grafico. È la stessa capacità umana, la riflessione, a determinare fin dai primordi ogni tipo di linguaggio, fonico, gestuale, grafico e d’ogni altro genere, compresa la normale commistione di più codici, soprattutto audiovisuali-
Si può persino ipotizzare una ‘priorità’ della lettura, che cioè prima di tutto l’uomo abbia visto e osservato il mondo e lo abbia letto, interpretato, cioè fatto parlare, significare per lui. Così anche un animale ‘legge’ il mondo, quando per esempio è in caccia. Possiamo persino parlare del primitivo leggere il mondo come abilità inaugurale dell’umano dare senso al mondo. Ipotizzare la lettura competenza passiva prima che diventi attiva nella scrittura, serve anche a intendere meglio come la cultura nella sua interezza sia un apparato esterno condiviso che bisogna imparare prima di tutto per impregnazione. Tale è anche la memoria culturale, che è concretamente fuori di noi, prima e dopo di noi.
Alla vita umana, perché diventi cultura, cioè costrutto umano, è stato forse necessario che al mondo prima si desse un significato ‘leggendolo’, cioè dandogli un senso per noi, per e nel nostro essere nel mondo e nel e per il nostro agire nel mondo, esperito anche come mare di segni, sublimato in scrittura di Dio che parla di persona nella Bibbia e nei Vangeli o attraverso l’arcangelo intermediario nel Corano. Gli uomini probabilmente hanno imparato a leggere le tracce delle cose naturali come segni, prima che a creare segni per darne notizia. Hanno forse imparato a riconoscere che lì è passata una preda, prima di imparare a lasciare una pista con segni che indichino che lì è passata una preda, o la via di casa come le briciole di Pollicino.
La scrittura è uno degli espedienti finora più efficaci per la registrazione, la conservazione e la trasmissione della memoria culturale, cioè del sapere collettivo garante dell’identità di un gruppo umano. Così come non c’è gruppo umano che non faccia il lavoro di costruirsi una memoria culturale, non c’è nessuna cultura priva di modi di fissare fuori di sé ciò che si elabora nelle singole interiorità. Ha ragione chi considera innovativa la scrittura alfabetica, che è quella che riproduce al meglio il parlato. Ma come la memoria culturale è necessaria e fondante di ogni vita umana in società, così forme di fissazione fuori di noi di ciò che elaboriamo dentro di noi si sono usate sempre, se l’uomo è tale da quando è capace di astrazione, di simbolizzazione, di esprimere intenzionalmente la propria interiorità.
Non solo la scrittura ma tutto l’agire insieme col dire e col sentire servono alla memoria culturale, nella memoria mimetica, nella memoria corporea, nella memoria delle cose, nella memoria comunicativa. Speculativamente per analisi o narrativamente per immagini ciò che chiamiamo mondo, natura, realtà, bastano sempre al lavoro della memoria culturale per produrre il sapere garante dell’identità di un gruppo. Non si è mai data l’osservazione di una cultura o subcultura che usi solo mezzi orali o solo mezzi grafici per esprimersi, comunicare e trasmettere e conservare la memoria individuale e collettiva. Verificabile è invece che i due poli della visione e dell’audizione sono stati sempre usati per informare: dalla parola al tam-tam, dal gesto al tatuaggio, dai segnali di fumo all’uso segnico di abiti e ornamenti e anche di scritture corporee, dalle forme più semplici di registrazione contabile alle più antiche cosmologie iconografiche. Sappiamo che i primissimi documenti che testimoniano di tecniche di comunicazione e di conservazione del pensiero individuale e collettivo tramite segni grafici sono antichi quanto le prime documentazioni della capacità di produrre utensili, che è come dire antichi quanto l’uomo.
I mezzi odierni di comunicazione individuali e di massa possono essere visti utilmente come variazioni sul tema, anche per evitare facili demonizzazioni della tecnica in generale e in particolare delle nuove tecniche di comunicazione. La coesistenza di registrazione e di comunicazione del pensiero in forme orali e in forme scritte si può considerare una costante caratteristica delle società umane. Forse mai c’è stato un prevalere della comunicazione orale su quella variamente scritta, a cominciare dal corpo umano, prima materia significante. Neppure la nostra cultura privilegia le forme di comunicazione grafica rispetto a quelle orali. Per esprimere il pensiero e più in generale la loro interiorità gli uomini da sempre usano convenzioni segniche vocali e non vocali, e tra queste ultime le figurazioni che molti, in rapporto a epoche remote, considerano forme di ‘arte primitiva’, da considerarsi invece come anche forme arcaiche di raffigurazione di idee astratte, forme di grafia lontane dalle nostre scritture di suoni che però riscoprono, per esempio, l’efficacia degli emoticons.