Coro de iscuricore
16 Aprile 2010Natalino Piras
“Sua eccellenza è molto ridicola”. Lo diceva don Zara, misconosciuto grande grecista, per dire dei travisamenti che ottiene l’effetto del comico. “E rivelò il buco spalancato, frastagliato, nel cemento dietro la figura… Spero di farcela a passare il confine”. Lo scrive scrive Stephen King nell’ “Eterna primavera della speranza. Rita Hayworth e la redenzione di Shawshank”. Chi sa perché, nell’impazzire della primavera tutto questo fa pensare a Mussingallone, personaggio folclorico. Mussingallone non è solo Mussingallone, personaggio da ridere. C’è anche dell’altro. Fa romanzo a sé ma è pure dentro l’universo mondo. Come dire che in Mussingallone, che pure appartiene al lato comico dell’universo, c’è pure “raccolto tutto il mondo invisibile: studiato, calcolato e definito. Da questi libri il diavolo esce spogliato di tutti i suoi travestimenti. Qui dentro ci sono catalogati tutti gli spiriti che conoscete, la causa dei vostri incubi e delle vostre debolezze; ci sono le streghe che strisciano nella terra, e vanno per aria e per mare, gli stregoni della notte e quelli del giorno”. Così Arthur Miller nel “Crogiuolo” che è un’opera teatrale ambientata a Salem, in America, nel Seicento puritano. I libri di cui si parla sono quelli che servono all’inquisitore John Hale per accusare un’intera comunità di essere posseduta dal demonio. Come tale va combattuta. Una storia che è anche una metafora sempre storicamente rinnovata. Miller scrisse “Il crogiuolo” per parlare del maccartismo, la caccia alle streghe, i comunisti, nell’America della guerra fredda, quella degli anni cinquanta del Novecento. Ci furono anche lì Mussingallones, quanti si salvarono tradendo i compagni di fede, di lavoro e di vita. È un aspetto quello del tradimento nel ciclo di Mussingallone, ripreso in un mio lontano libretto, “Il tradimento del mago”, che pensavo pure come inizio di romanzo antropologico. Il conio “tradimento del mago” l’ho preso da altri due titoli. Uno è “Il tradimento dei chierici”, pamphlet di Julien Benda che funziona sempre contro gli intellettuali allineati e ossequienti. L’altro è “El desengaño del mago”, poesie mai tradotte in italiano di Manuel Scorza, che ha scritto cinque memorabili romanzi, ma si potrebbe dire uno solo, sulla resistenza dei Comuneros Andini contro la Cerro de Pasco Corporation, multinazionale Usa che recintò tutta la parte alta del Perù.
Per dire come la presenza di Mussingallone sia giustificata anche nelle Chiudende sarde. Lo dice un canto apposito leggibile tra l’altro in un libro dello storico Lorenzo del Piano. Mussingallone però è personaggio letterario e come tale va trattato. È un savio tra i pazzi, un orbo che nella terra dei ciechi fa da re. Uno che si traveste, che si camuffa, che oltre tutte le differenze è capace di dire, come canta Charles Aznavour, “io tra di voi”, facendo intendere una comunanza che invece non c’è. Perché lui, nel nostro ciclo classico ambientato in un paese dell’alta Baronia che in finzione rendiamo Bitudes, è differente dagli altri. C’è nel “Tradimento del mago” un personaggio che ho inventato e che non compare nel ciclo classico dell’oralità, trasposto in godibilissimo sardo da Sebastiano Deledda e Luigi Bianco nel 1923, in un libro di lettura per le scuole elementari.
Il personaggio del “tradimento” si chiama Juanne Critica e si oppone a Mussingallone. Anch’egli potrebbe dire “io tra di voi”. Non alla maniera del mago però, ma alla maniera di Marlowe. Non gli resta altra scelta. Juanne Critica potrebbe dire: “Il mio nome è Marlowe”. Marlowe come il detective di Raymond Chander ma anche come altri ostinati e braccati, tanto ingenui quanto intricati in indagini e inquisizioni. Uno solare, Juanne Critica-Marlowe costretto a muoversi nella notte, nella tenebra, nella nebbia. Deve stare attento se vuole ritornare e dire e narrare di cosa ha attraversato e perché. Come Ismaele di “Moby Dick” poi ripreso da Manuel Scorza nel suo secondo cantare andino (Garabombo) che ricolloca la citazione nel libro da cui proviene: il libro di Giobbe, nella Bibbia. “… e mi sono salvato io solo per venire a dare la notizia”. Si salverà Juanne Critica? “Solo io mi sono salvato.” Così diceva uno ritornato dalla campagna d’Africa, “che non andava neppure tenendolo per mano, no’ lu ghiraiat nemmancu su guruttu ‘e Pirettu”, dicono a Bitti, “non lo riportava indietro neppure la strada di Pirettu”, una strettoia obbligata. Il deserto, il sole, la prigionia gli avevano mangiato il cervello. In quella stessa Africa dove Luciano Marroccu ambienta il suo “Debrà Libanòs”. La stessa Africa che prima fu di Marlow, senza la e finale, di “Cuore di tenebra”, “sublime romanzo” lo definì una volta Giorgio Montefoschi sul “Corriere dellsa sera”. Vedete quanto mondo richiama Mussingallone. Anche così si costruisce la letteratura del nostro cuore di tenebra, coro de iskurikore. Letterariamente parlando, anche qui da noi, nella Sardegna-mondo, ci sono state molte frantumazioni e perdite. Quanti pazzi sono passati in fumo come nel camino di Auschwitz, frantoiati per l’edificazione altrui. Quanta misconoscenza intorno a questo morire. Se non fosse che Mussingallone rimette in circuito le affinità e le prese di distanza dell’ “io tra di voi”. Detto in suspu e no. “Io tra di voi”, “misconosciuto e anche defraudato”, potrebbe sostenere Juanne Critica. Defraudato non di avorio e diamanti ma di idee e contenuti, di nomi e paragoni, di luoghi e di tempo: solo perché di Bitudes. Differente tra i differenti e anche per chi giudica e analizza la differenza. Juanne Critica che pure esperisce la linea d’ombra e attraversa tante terracquee darkness. La Sardegna colonia e la Sardegna Macondo. La Sardegna come metafora del paese degli invidiosi e della città dei profittatori. È stato un attraversare, quello di Juanne Critica, senza che altri abbiano visto e riconosciuto: nella waste land, nel paese guasto. “Io tra di voi”. Juanne Critica, ha sempre cercato e chiesto senza trovare. “A Dio spiacente e a’ nimici sui” proprio perché ostinato nella denuncia di una condizione che prima che letteraria fu umana, di carne. Coinvolto negli stessi fatti narrati. Il fatto è davvero che Juanne Critica continua a credere nella missione che venne affidata a Istefane Dorveni: risalire il Tirso per porre fino al comando di Kurtz. Che è un’altra bella metafora. Musingallone ha tratti che somigliano a quelli di Kurtz. Chi sia Kurtz, una rappresentazione del Male, orrore nel cuore del cuore della tenebra, è possibile saperlo vedendo come lo interpreta Marlon Brando in Apocalypse now, magistrale adattamento cinematografico dal romanzo di Conrad, ambientato durante la guerra nel Vietnam. Non più il fiume Congo ma il Fiume Giallo, “un cavo elettrico che corre attraverso la guerra”, linea d’acqua dentro il mondo ridotto a inferno: se la metafora delle metafore che il romanzo esemplifica è di come gli antichi colonizzati, i “negri” e i viet, si vendichino sui colonizzatori, riversando sopra di loro tutto l’orrore a cui la cosiddetta civiltà occidentale li ha educati e abituati. Neri e gialli hanno introiettato il male dei bianchi. Glielo rendono. Questo nella metafora del romanzo antropologico. Ma: cosa vuole veramente Juanne Critica?
Alcune risposte.
a) Non vuole essere solo osservato, oggetto antropologico perché gli altri ci scrivano. Vuole anche osservare e narrare dal suo punto di osservazione.
b) Critica si pone il problema dei linguaggi, le differenze ma anche il fatto che possano a volte interarsi, completarsi l’un l’alto: il sardo e l’italiano per esempio.
c) A Critica interessa raccontare del vero e del falso, scrivere delle coincidenze che ci possono essere tra la cerca del lumen e le sue reificazioni. Appunto l’orrore e la conradiana tenebra.
Certo fa tutto a suo modo.
16 Aprile 2010 alle 11:40
grazie a natalino per il bel pezzo e per la citazione del mio Debra Libanos