Cosa chiedono i comitati sardi contro la speculazione energetica
2 Agosto 2024[red]
Pubblichiamo l’intervento del Coordinamento dei comitati sardi contro la speculazione energetica all’assemblea dell’Anci Sardegna ad Abbasanta.
In Sardegna i comitati contro la speculazione energetica sono sempre più numerosi e coprono praticamente quasi tutta l’isola. Il ruolo del Coordinamento dei comitati sardi contro la speculazione energetica è quello di collegare le peculiari istanze territoriali. I comitati che ne fanno parte hanno sottoscritto una Carta dei valori e ne condividono presupposti, metodi e impegno nel proprio territorio. Anche in virtù di questo, in riferimento ad alcuni gravi episodi verificatisi negli ultimi tempi, prendiamo le distanze da chi sostituisce la ragione con gli insulti.
Ribadiamo con forza che non siamo al servizio di nessuno e meno che mai di chi continua a basare i propri profitti sull’uso dei combustibili fossili e su un’economia estrattiva.
Non accettiamo che il dibattito sulla transizione energetica si riduca a quello sulle tecnologie di approvvigionamento energetico (solare, eolico, nucleare, fossile, ecc.) senza che sia messo in discussione il paradigma economico-sociale basato sul consumo delle risorse naturali. Riteniamo che sia urgente ricordare quanto troppo spesso in questo dibattito vengano trascurati altri percorsi di sviluppo virtuosi, che vanno dall’agroforestazione e dal ripristino della funzionalità eco sistemica di molte aree, allo stoccaggio di CO2 nel suolo attraverso l’agricoltura rigenerativa, fino a modelli di economia circolare che implichino una trasformazione della società in modo sistemico.
Se poi ci concentriamo sulle condizioni socio-ambientali della nostra isola, vediamo che in Sardegna, al di là dei vari proclami di alcune associazioni di categoria, dal 2010 al 2020 si sono perse 13 mila aziende agricole; le restanti diventano sempre più grandi con sempre meno persone impiegate. L’attività speculativa in atto aggraverebbe il problema, rendendoci ancora meno sostenibili sotto il profilo delle emissioni. Saremo infatti sempre più vincolati all’importazione di cibo dalla penisola e dall’estero, fragili e ricattabili sotto il profilo dell’approvvigionamento alimentare.
La Sardegna è sicuramente lontana dall’essere un’isola sostenibile ed è ancora piena di contraddizioni, anche in quegli aspetti dell’economia che vengono definiti “tradizionali” come l’allevamento, ma questa transizione non andrà a scalfire questi aspetti né a mitigarne altri comunque contraddittori.
Per questo auspichiamo la chiusura delle centrali a carbone il prima possibile e una politica energetica basata su una distribuzione democratica e realmente sostenibile delle rinnovabili.
Auspichiamo una politica che inverta la tendenza del crescente fabbisogno energetico investendo, per esempio, su una rete di trasporto pubblico che scoraggi l’uso dei mezzi privati e attendiamo norme sulla sostenibilità delle attività agricole, sul divieto di bruciare gli scarti vegetali nei cantieri forestali e nelle campagne e la loro trasformazione in composti stabili del carbonio da reimpiegare nei campi.
Auspichiamo anche infine che i comuni sardi, con il supporto tecnico e burocratico della Regione, possano farsi motore trainante di una vera transizione ecologica attraverso le comunità energetiche, che rimettono la popolazione ed suoi reali fabbisogni al centro del ragionamento energetico.
In questo momento ci troviamo nel pieno di un processo che entro tempi molto ravvicinati richiede a tutti il massimo impegno: la scadenza più vicina è quella dell’individuazione delle aree idonee e questo sarà un passaggio che avrà di sicuro conseguenze decisive su quanto accadrà dopo in Sardegna. La nostra opinione è che questo problema possa essere affrontato in modo adeguato solo se da subito sarà fatta chiarezza intorno ad alcuni nodi, che dovranno comunque trovare risposte esplicite nell’elaborazione di un piano strategico da cui desumere un nuovo PEARS e nella redazione del PPR.
Poniamo quindi alcune domande:
- La Sardegna è chiamata a “fare la sua parte” con le FER per il phase-out dal carbone, ma allo stesso tempo è indicata come luogo per la realizzazione del metanodotto e sede di stoccaggio dei gas con le navi nei porti. Pertanto, che posizione si intende prendere rispetto al piano di metanizzazione dell’isola?
- Qual è la mappa dei progetti già approvati e in fase di realizzazione e a quanto ammonta la loro potenza complessiva? Quanti sarebbero pertanto i GW residui per raggiungere i 6,2 previsti dall’accordo stato-regioni sottoscritto dalla Regione Sardegna?
- A quanto ammonta il reale fabbisogno energetico della Sardegna? Quanta energia dovrebbe essere prodotta nel suo territorio e con quali tecnologie, caratteristiche e taglia degli impianti di produzione?
Avanziamo anche delle richieste che hanno il fine di fare fronte alla situazione speciale che stiamo vedendo dipanarsi sull’isola proprio in queste settimane e di scongiurarne il ripetersi:
- Chiediamo che la Regione faccia rispettare le leggi sul dibattito pubblico con la cittadinanza coinvolta dal progetto Tyrrhenian Link e sospenda i lavori.
- Relativamente ai progetti approvati e in fase di realizzazione, compreso il Tyrrhenian Link, e a quelli per cui sono previsti interventi di ristrutturazione chiediamo alla Regione di far rispettare le leggi sul dibattito pubblico e sospendere le attività attraverso interlocuzioni e trattative con le società, la requisizione dei cantieri, interventi normativi e ispezioni nei cantieri.
- Alla luce di tutte le criticità rilevate dai comitati nel decreto ministeriale Pichetto Fratin, che vanno dall’assenza di vincoli per i rifacimenti degli impianti esistenti art. 7 (creando un continuo gioco al rialzo in termini di potenza e consumo di territorio da parte delle società proponenti), all’attribuzione della base di 6,2 GW e non di un tetto massimo, fino a tutte le lacune giuridiche e partecipative inerenti il processo di creazione del Tyrrhenian Link, chiediamo alla presidente Todde l’impugnazione di tale decreto e la ricontrattazione della quota assegnata alla Sardegna.
- ogni altra azione necessaria.
Chiediamo infine che la Regione individui e finanzi figure professionali per coadiuvare i comuni nelle osservazioni e nella progettazione di processi partecipativi pubblici, quali facilitatori, tecnici, ingegneri, ecc.
Sarebbe opportuno da parte della RAS uno studio sulla creazione di comunità energetiche (CER) ed uno studio generale sull’idroelettrico, incluso l’accumulo idroelettrico esteso a tutto il territorio sardo, per valutarne l’effettiva potenzialità ed implementare l’efficientamento delle centrali idroelettriche.
Proponiamo di sfruttare questa mobilitazione e presa di coscienza per lavorare insieme su tutta una serie di soluzioni che trasformino la Sardegna in una comunità sostenibile, creando una moltitudine di economie circolari che annullino il concetto di scarto.
Aggiungiamo alcune considerazioni: I comitati ribadiscono il loro interesse a contribuire alla redazione di un piano strategico, del PEARS ed alla stesura dei criteri per l’individuazione e definizione delle superfici su cui installare le FER, che i comitati ritengono essere, laddove possibile nel pieno rispetto delle peculiari specificità dei luoghi e senza arrecare ulteriore danno alle comunità; le aree i cui suoli siano già impermeabilizzati (asfalto, cemento); le superfici di copertura di tutti gli edifici: tetti dei capannoni industriali e agricoli, degli edifici pubblici e privati, con eventuali deroghe per aree ritenute degne di tutela dall’impatto fotovoltaico.
- le aree contigue e di pertinenza di arterie viarie, ferroviarie e ciclabili per la realizzazione di infrastrutture lineari.
- revamping e repowering, esclusivamente senza incremento di altezza e occupazione di suolo rispetto allo stato di fatto.
- I comitati si appellano ai sindaci per la convocazione dei consigli comunali che mettano all’ordine del giorno i temi della transizione energetica.
Non ci sono compensazioni – tra l’altro ridicole rispetto ai profitti delle società ed alla mole degli impianti – che ripaghino le conseguenze della frammentazione del tessuto sociale e del paesaggio; paesaggio non inteso come mero panorama statico ma come sistema di ecosistemi le cui funzioni sono alla base del nostro – e non solo – sviluppo. La Sardegna perde ogni anno centinaia di residenti, non possiamo permettere che questa strategia del divide et impera, che molti territori già conoscono, continui ad infettare l’isola.
Rimarchiamo il fatto che siamo davanti ad un problema politico, ad una “nuova questione meridionale” ed ad una nuova “questione sarda” che vedono il sud d’Italia, e la Sardegna in particolare, come territori da devastare, privando le popolazioni locali di qualsiasi prospettiva di sviluppo, uno sviluppo sostenibile ed equo, che tenga conto delle peculiarità dei territori, dell’ambiente, dell’economia e della società, con l’unico fine di far aumentare i profitti delle multinazionali, dei fondi di investimento esteri e delle società di gestione.
Richiamiamo pertanto i sindaci a rispettare i loro obblighi di rappresentanti dei cittadini, al loro dovere di rendersi disponibili ad un confronto con le popolazioni che amministrano e denunciamo fortemente le chiusure, al limite della legalità, che si sono verificate da parte di alcuni amministratori.
Richiamiamo la Presidente della RAS al suo ruolo di massimo rappresentante del popolo sardo e come tale preposto alla difesa dei diritti dei cittadini e della terra che amministra.
Vogliamo vivere in una terra che sia accogliente prima di tutto per chi la abita, dando valore a ciò che la rende unica e lavorando per cambiare quegli aspetti che ci rendono dipendenti da un’economia di tipo estrattivo.
12 Agosto 2024 alle 10:01
Mi sembra si mettano assieme diverse problematiche facendo confusione ed eludendo l’essenza del discorso, a meno che non si pensi davvero di risolvere tutto con l’idroelettrico (ma spero di aver capito male).
Oggi abbiamo 42°C, si respira solo grazie ai condizionatori (chi li ha), non piove da oltre un anno, le terre sono secche e aride e per lo più abbandonate da decenni, ma il problema è il Tirrenian link o l’eolico off-shore.
Quando dal discorso elimini l’essenziale (diceva Aldo Moro), resta la banalità (che piace ai più).
Buon lavoro all’orchestra del Titanic..