Costruiamo la Coalizione Sociale
16 Novembre 2015Mariano Carboni
Pubblichiamo l’intervento di Mariano Carboni che motiva le ragioni della proposta di costruzione in Sardegna della Coalizione Sociale (red).
Scusate se ho scritto ma, in questo caso, ho scritto perché abbiamo l’esigenza di essere precisi nel messaggio, di rispettare i tempi che ci siamo dati, perché abbiamo tanti iscritti a parlare, perché vorremo conoscere il punto di vista di tante persone che hanno deciso di partecipare e di esprimere la propria opinione e perché siamo qua non solo per parlare, ma anche per ascoltare.
In premessa, siamo costretti a parlare dell’ennesima strage, dell’ennesima carneficina con oltre 120 morti, 200 feriti, di cui 80 in modo grave, con un bilancio ancora provvisorio. Siamo costretti a parlare di una spirale di violenza senza fine, dove la violenza chiama altra violenza, sia in Europa che nel Mondo.
Dove questa violenza produrrà sofferenze nelle famiglie che hanno perso i propri cari, ma anche in quelle migliaia di persone, per bene, che saranno guardate con sospetto, che faticheranno ancora di più ad integrarsi, e considerando il nostro tempo ed i flussi migratori, sappiamo che non stiamo parlando di una cosa di poco conto, ma di una cosa importante e su questo punto lascio a Franco Uda il compito di approfondire il tema.
E poi, vorremo spiegare il perché sentiamo l’esigenza di far nascere e di far vivere una grande coalizione sociale anche in Sardegna. Vorremo provare a specificare che cosa dev’essere la coalizione sociale, che cosa deve fare la coalizione sociale, nel Paese, in Sardegna e nei vari comuni. Vedete, ve la dico così!
Noi sentiamo l’esigenza di far nascere la coalizione sociale perché non se ne può più della semplificazione, delle logiche leaderistiche e plebiscitarie, delle decisioni calate dall’alto, dei tweet, della propaganda, degli opportunismi, dei leader che si alternano alla guida del paese e che si scimmiottano nelle cose più deteriori.
A nostro modesto avviso il paese è precipitato sotto il profilo etico, morale e sociale, anche per questo. Basterebbe conoscere un po’ di storia, osservare freddamente la realtà, per comprendere la differenza tra ciò che siamo stati, come paese, e ciò che siamo oggi. Siamo un paese in forte decadenza, profondamente ingiusto ed in preda a mille contraddizioni: Corruzione, Malaffare, Criminalità Organizzata, Divario tra Ricchi e Poveri, Distruzione del Ceto Medio.
Insomma, poveri anche quando si lavora, si prende lo stipendio e si ritira la pensione. A noi questo stato di cose non ci piace e non ci dicano che siamo nostalgici, che siamo illusi, che siamo il passato, se sosteniamo che vogliamo un paese diverso e se diciamo che un paese diverso è possibile. Per questo vorremo provare a fare la nostra parte, dare un contributo, adempiere al dovere civico della partecipazione, del confronto, della proposta e della mobilitazione.
Vorremo operare prendendo spunto dall’agire di milioni di persone, dei nostri nonni e dei nostri padri, di tutte quelle persone che partendo dalle ceneri della seconda guerra mondiale, si sono rimboccati le maniche, hanno lavorato, hanno elaborato, hanno fatto proposte ed hanno ricostruito il paese partendo dalle fondamenta. Persone, quelle, che si confrontavano aspramente, che difendevano le loro idee, le loro convinzioni, ma che si rispettavano, che avevano rispetto delle opinioni altrui. Persone che, evidentemente, avevano letto l’insegnamento di Voltaire che diceva: Non condivido ciò che dici ma sarei pronto a dare la mia vita affinché tu la possa esprimere.
Questa regola che valeva per tutti: Centro, Sinistra, Destra e Parti Sociali. Discussioni aspre, scioperi, grandi manifestazioni, però nessuno negava agli altri il diritto di esistere e di esercitare la sua funzione sociale. Anzi, la discussione nei luoghi fisici deputati era funzionale al consolidamento del processo democratico, serviva per contaminare chi ne aveva bisogno di ulteriore essenza di democrazia. Il confronto con le parti sociali produceva mediazione la sociale e componeva il conflitto.
La discussione serviva a creare la classe dirigente e quella discussione animata, talvolta complessa, ha creato classe dirigente. Ha creato classe dirigente diffusa che si è occupata, nei decenni, del governo della cosa pubblica nei comuni, nelle provincie, nelle regioni e nei 2 rami del parlamento. Nostri padri e nostri nonni che, con questo schema, ci hanno regalato la Costituzione Repubblicana, una delle più avanzate del mondo. Hanno ricostruito la coesione sociale, hanno consolidato le ragioni dello stare insieme ed hanno fatto crescere il paese. Si sono posti il problema del progresso!
Nel tempo, hanno costruito il sistema dei diritti, dei diritti individuali e dei diritti collettivi e lo statuto dei lavoratori. Hanno creato lo stato sociale il sistema universalistico dei servizi. Hanno sostenuto il processo di emancipazione delle donne. Hanno costruito diritti per gli anziani, per i diversamente abili e per la parte più debole del paese.
Lo ripeto, loro avevano tanti luoghi fisici per la discussione, dove il confronto e la proposta hanno creato cultura e classe dirigente. E sappiamo, che quello era un paese diverso, più avanzato, dove i padri lavoravano per dare una mano ai figli, dove i padri avevano la speranza di costruire un avvenire diverso per i figli, un futuro migliore per i figli. Sono loro la nostra ispirazione e sono loro il nostro punto di riferimento!
Oggi, purtroppo, viviamo un processo inverso. La politica spettacolo, il leaderismo, il tweet, l’uso della televisione, il controllo della televisione, l’asservimento della televisione, l’uso spregiudicato dei sondaggi, tutte cose che hanno concentrato il potere, ridotto la partecipazione e compresso gli spazi di democrazia. Siamo un paese con una classe dirigente che ha troppi vizi e poche virtù e piena di opportunismi.
Troppe persone che, con disinvoltura, cambiano facilmente la casacca e passano da uno schieramento all’altro in men che non si dica. Classe dirigente che nelle persone che contano rincorre il potere, l’affare e l’ossessione del potere personale. Una sorta di sistema bloccato, con modalità diverse rispetto alla prima repubblica, ma bloccato. Bloccato dalla rincorsa spregiudicata del potere, dalla voglia di stare al potere, aldilà del sistema dei valori, prescindendo dal sistema dei valori e da quello che si pensa.
Bloccata dal nuovo collateralismo tra l’impresa, la finanza ed il governo, con l’Europa dell’elite che sostiene quelle logiche e quegli interessi. Loro sono già, da anni, una coalizione, la coalizione dei potenti! Senza, però, che nessuno di questi spieghi, risponda alle domande, chieda conti ai responsabili dello sfascio del sistema paese e si interroghi sulla fragilità del nostro sistema produttivo.
Senza che nessuno dica perché le imprese, ad un certo punto, hanno smesso di investire e di innovare, chieda perché sono franate, in questo modo, di fronte alla crisi e non abbiano retto alle dinamiche della globalizzazione. Nessuno lo dice perché sono loro che controllano direttamente il potere, perché sono parte del nuovo collateralismo che blocca il sistema e che si auto conserva. E oggi dicono a noi che abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità.
Sono pieni di soldi, si sono arricchiti e lo dicono a noi. Ci presentano il conto, un conto salato! Meno Diritti, Meno Tutele, che vuol dire che si rinnovano male i Contratti Nazionali, quando si rinnovano, e si distrugge lo Statuto dei Lavoratori. Meno pensione, Riforme della Previdenza, Legge Fornero, Esodati, Impatto sui giovani, Turn Over che non c’è, Mobilità Sociale che non c’è. Scusate se ho dovuto proporre una semplificazione!
Che vuol dire, meno Stato Sociale, Riforme della Scuola e Riduzione progressiva della Spesa Sanitaria. E guardate, ce l’hanno insegnato, Stato Sociale vuol dire porsi il problema di ridurre le diseguaglianze e le disparità, tra chi è stato fortunato perché ha i soldi e chi è stato meno fortunato perché non ha soldi, ma ha talento e capacità.
Perché sappiamo che non si sceglie dove nascere! Non si sceglie l’appartenenza ad una o ad un’altra categoria sociale. È così, sono cose che non si scelgono! Vedete, a proposito dei luoghi fisici per la discussione, noi abbiamo scelto di fare quest’iniziativa presso la Fondazione Enrico Berlinguer e la scelta non è casuale.
Ero piccolo quando in questo paese si discuteva, animatamente, di questione morale, di riformismo e di progressismo, del significato di questi termini. Io credo che avesse ragione lui, Enrico Berlinguer, quando sosteneva che le riforme dovessero produrre il progresso, il miglioramento della condizione e l’ulteriore emancipazione. Credo che avesse ragione lui, Enrico Berlinguer, quando sosteneva che tutto quello che riportava al passato dovesse essere definita una cosa diversa, vale a dire, una controriforma.
Per questo pensando a Renzi, ed al suo governo, io non vedo riforme progressiste, al contrario, vedo tante controriforme (art. 18 … statuto dei lavoratori … scuola … riduzione dello stato sociale … soglia del contante a 3.000 euro … per conquistare il consenso dei furbetti del quartiere). Davvero vergognoso, altro che lotta all’evasione fiscale.
Tutte cose unite da un pensiero di fondo che ci riporta al passato, in quella logica di sistema bloccato dove, da decenni, le stesse persone propongono ed attuano le medesime cose. Voglio anche dire che noi non siamo ingenui, aver citato padri e nonni non significa che noi viaggiamo con gli occhiali del passato, perché sappiamo che il contesto è cambiato, che il mondo è cambiato, che la società è cambiata e che i giovani sono cambiati.
I giovani sono cambiati ma non sono deficienti, sono semplicemente schifati dal malaffare, dalla corruzione e rimangono distanti per questo. Il mondo è cambiato ma non nell’esigenza dell’onestà e della serietà. La società è cambiata ma ha bisogno di punti di riferimento e di equità, ha bisogno di equità sociale. Guardate, l’assemblea di oggi, la fase preparatoria, questa partecipazione, dimostrano che c’è voglia di fare, di mettersi in gioco, di elaborare, di proporre e di mobilitarsi, quando è necessario.
Faremo anche questo, a partire dal 21 novembre, a Roma, dicendo da subito che noi ci saremo. Faremo ulteriori iniziative regionali perché ce n’è bisogno ed è corretto agire così. E poi, a proposito di nuovo, pensando alle tecniche della comunicazione, nessuno ci vieta di ricreare i luoghi fisici di discussione e di elaborazione, di riassumere questa elaborazione e di farla girare utilizzando le nuove tecnologie. Dobbiamo far viaggiare le idee!
Tecnicamente possiamo dire che dobbiamo essere in grado di fare rete, di creare la rete, di stimolare la discussione e di veicolare queste discussioni utilizzando gli strumenti tecnologici. Lo ripeto, dobbiamo essere in grado di far viaggiare le idee. Abbiamo bisogno di un fronte più largo e noi lo vogliamo costruire! Questa è la nostra ambizione, avendo la consapevolezza che anche regionalmente e localmente vorremo agire così e vi chiediamo una mano. Voglio dire un’ultima cosa sul che cosa vogliamo essere.
Onestamente, in questi mesi, ho incontrato tante persone, anche molti amici che, per carità, hanno dato un contributo negli incarichi pubblici che hanno ricoperto e posso dire, onestamente, che ci hanno provato. Lo dico perché non amo il qualunquismo, il dire che sono tutti uguali, perché di fatto non è così. A tutte queste persone dico che siamo disposti ad ascoltare, a tenere conto dei suggerimenti, ma devono sapere che non siamo un trampolino per il nuovo lancio.
Siamo aperti a ricevere il contributo di chiunque, ma non vorremo che ci fossero, in partenza, secondi fini. Non siamo un trampolino! L’altra cosa che non vorremo essere, e anche questo va detto con chiarezza quando si discute di merito, è un gruppo di persone, più o meno largo, che si riuniscono per fare l’elenco della spesa e per mettere in fila le cose che non vanno.
Non vogliamo essere un gruppo di persone che si riuniscono per dire sempre no a tutto. Io non amo la demagogia, il disfattismo, le cose residuali, votate al minoritarismo. Il nostro schema non è questo, sarebbe tempo perso. Noi non siamo i custodi di verità assolute, vogliamo discutere, capiamo l’esigenza della critica, ma ad ogni critica, ad ogni no, dobbiamo associare un ragionamento, una proposta, dobbiamo dire come la pensiamo e dobbiamo indicare l’alternativa.
Insomma, dobbiamo essere lungimiranti, dobbiamo aprire la mente, metterci in gioco, e dobbiamo porci noi, per primi, il problema della crescita complessiva del sistema. Dobbiamo fare proposte serie che stiano in piedi! Lo ripeto, dobbiamo avere noi l’ambizione di fare proposte in grado di cambiare il paese. Oggi partiamo con questi tre temi: Lavoro e Sviluppo, Scuola e Formazione, Povertà e Immigrazione.
È solo il primo passo e sappiamo che l’elaborazione è parziale, ma stiamo iniziando un lavoro. Per esempio, ci serve un contributo più attivo della scuola, del corpo docenti, del personale ata, il contributo di chi lavora in questo contesto e si scontra con i problemi quotidiani.
Avremo modo di replicare questi momenti di discussione, in altri contesti comunali e provinciali, sapendo che dipende da noi, perché, per esempio, sempre sul merito, non possiamo non approfondire il tema del sottosviluppo della Sardegna e della nostra condizione infrastrutturale. Come si fa a non interrogarsi sul perché, a fronte delle 270 regioni europee, la Sardegna sia al 231esimo posto, sia in fondo alla graduatoria europea e nazionale.
Perché siamo conciati così? Come si fa a non interrogarsi sul che fare e su come accompagnare il processo di trasformazione del nostro apparato produttivo, su come potenziare il nostro apparato produttivo, sulle condizioni di base per attrarre investimenti e fare impresa stando nel mercato in modo competitivo. Vale per tutti i settori: Primario, Secondario e Terziario.
Ci dobbiamo interrogare su come sostenere chi ha perso il lavoro, chi non riesce a trovarlo (ammortizzatori sociali, reddito di cittadinanza). Porsi il problema dei giovani e della loro formazione. Porsi i problema della relazione tra la specializzazione produttiva, la formazione e l’incontro tra la domanda e l’offerta di lavoro. Temi grandi come una casa che non possono essere liquidati in poche battute. Anche se bisogna dire che, su questo, ci sono ulteriori ritardi della Giunta Pigliaru. E noi lo vogliamo dire, con l’aggiunta che, onestamente, non siamo contenti, vorremo che le cose fossero diverse, andassero meglio. Vedete, i temi sono tanti!
Il tempo a mia disposizione, un po’ meno. Bene comunque la discussione! L’importante era iniziare e noi abbiamo iniziato. Grazie per il contributo che vorrete e saprete dare anche aldilà dell’assemblea di oggi, perché dobbiamo continuare anche dopo l’assemblea di oggi e noi siamo a disposizione per dare una mano.