CoViD19: Non resta che chiudersi in casa
12 Marzo 2020[Claudia Zuncheddu]
Di fronte all’espandersi anche in Sardegna del contagio da CoVi19 nella forma più severa, con polmonite interstiziale che può esitare in arresto respiratorio e cardiaco, la Rete Sarda Difesa Sanità Pubblica si appella a tutti i cittadini perché adottino rigorosamente le misure di prevenzione indicate dalle istituzioni di competenza. Il virus è veicolato dalle persone, da qui la necessità di evitare incontri, di sacrificare le nostre abitudini anche affettuose, il lavoro e i contatti sociali. Non resta quindi che chiudersi in casa.
Con la dichiarazione della pandemia da parte dell’OMS, che non risparmia la Sardegna, è ancora più pressante la necessità di riorganizzare gli ospedali, di mobilitare nuovo personale sanitario e di supportare i medici che operano nei territori.
Di fronte alla nuova emergenza, che in Sardegna si aggiunge alle altre emergenze sanitarie, si attesta quanto siano stati ingiusti, gravi e inopportuni i tagli alla Sanità pubblica.
Lo smantellamento degli ospedali dei territori disagiati e il disordine che regna nei grandi ospedali di Cagliari, oggi ci coglie impreparati a fronteggiare la nuova epidemia. Gli hospice, già insufficienti per i nostri ammalati terminali potrebbero essere destinati al ricovero di pazienti affetti da covD19. Gli ammalati terminali in questo caso verrebbero dimessi. Scongiuriamo questa possibile scelta.
Ma già tra il 23 gennaio e il 2 febbraio, quando il Coronavirus ha toccato il picco in Cina, l’OMS ha lanciato un appello a tutti i Paesi del mondo perché si organizzassero in previsione di una possibile pandemia.
Se è vero che questo ceppo di coronavirus non conosce confini tra gli Stati, è anche vero che una volta tanto l’Insularità ha offerto un doppio vantaggio alla Sardegna in termini di tempo. Infatti, dall’epidemia in Cina all’epidemia nel nord Italia, il tempo giocava a nostro favore per organizzare un piano strategico sanitario al fine di scongiurare l’arrivo in Sardegna del coronavirus.
Ma la classe politica sarda non è stata all’altezza del suo ruolo tanto da non aver imposto in modo preventivo neppure i controlli serrati ai porti e agli aeroporti.
Eppure il tempo giocava a nostro favore.
E’ così che oggi, anche la Sardegna registra la triste casistica di coViD e non solo. Dal 22 febbraio le persone censite nella nostra Isola, provenienti da regioni italiane a rischio sono circa 12.000. Si tratta di persone sbarcate normalmente e che si sono autodenunciate ai sindaci. Il coronavirus viaggia con le persone e per quell’esodo irresponsabile anche la Sardegna deve prepararsi ai peggiori scenari con l’espandersi del contagio.
Sulle macerie dei nostri ospedali e sul personale sanitario stremato graveranno anche i 12 mila ospiti dell’ultima ora censiti.
Mancano i posti letto. Il personale sanitario è ridotto ai minimi termini. Mancano i guanti, le mascherine e i disinfettanti persino ai medici di base e ai pediatri che operano in prima fila nei territori.
Ormai i buoi sono scappati dal recinto e l’unica salvezza è chiudersi in casa per far sì che il genere umano non lasci i suoi spazi nel mondo ai virus.
Claudia Zuncheddu è la portavoce della Rete Sarda Difesa Sanità Pubblica