Cure palliative, un diritto poco conosciuto e ancor meno applicato

2 Ottobre 2024
Murale di Cazacincu, foto Daniel Pădure

[Valter Canavese]

A distanza di 15 anni dalla legge sulle cure palliative, – già riconosciute e inserite nel Sistema Sanitario Nazionale Italiano nel 1999, con la legge n. 39/99 e strutturate con la legge n. 38 del 2010, la percentuale di persone che dichiarano di avere un’idea vaga di cosa siano le cure palliative è del 25%, mentre il 44% delle persone interpellate dichiara di non aver mai sentito parlare di hospice.

Altro dato preoccupante è legato a quanti, parliamo del 57% delle persone sentite, ritengono che le cure palliative si attivino solo a partire nell’ultima parte del percorso di un malato terminale. La legge n. 38 del 2010 ha di fatto stabilito un confine netto tra il prima e il dopo la storia per i pazienti in Italia, definendo  l’insieme degli interventi terapeutici, diagnostici e assistenziali, rivolti sia alla persona malata sia al suo nucleo familiare, finalizzati alla cura attiva e totale dei pazienti con sindromi gravi, con un obiettivo che potrebbe sembrare scontato, un diritto implicito che mira a migliorare la qualità della vita del malato terminale e della sua famiglia, azionando le direttrici farmacologica, psicologica e assistenziale in una fase della malattia legata non esclusivamente all’ultimo periodo ma dal suo presentarsi, e, in maniera parallela, al progredire della patologia.

La legge è a buon titolo “rivoluzionaria” poiché oltre alle cure palliative ha dato il là alla applicazione, nelle sue varie accezioni, alla terapia del dolore con la creazione di una rete nazionale articolata nella assistenza residenziale, attraverso gli hospice, l’assistenza domiciliare, il day hospice e la assistenza specialistica di terapia del dolore. In questo programma si sono innestati gli accordi in materia di cure palliative pediatriche e il relativo documento tecnico nel 2007 e 2008. L’organicità delle disposizioni è completata dalla istituzione di un Comitato permanente per la verifica delle cure, l’indicazione di una pianta organica del personale preposto, un monitoraggio delle cure palliative ed una relazione annuale al Parlamento.

La Regione ha articolato una serie di delibere, a partire dal 2001 seguita da altri due provvedimenti del 2002 e del 2008, con le quali delineava il programma della rete delle cure palliative e degli hospice con le linee di indirizzo per i centri residenziali per le cure palliative ed i rispettivi parametri. Nei successivi tre interventi della Regione del 2013 2019 e dell’aprile di quest’ anno si è registrata l’applicazione parziale delle misure minate dalla profonda differenza nel territorio alla quale si tenterà di provvedere con l’istituzione di un tavolo tecnico per un piano triennale per lo sviluppo delle cure palliative. Per avere un quadro completo e comprovato in campo sanitario abbiamo incontrato il dottor Giuseppe Obinu dell’Hospice di Oristano per avere la rappresentazione dello stato della terapia del dolore e delle cure palliative in Sardegna.

Dottor Obinu a oggi qual è lo stato di attuazione in Sardegna della legge sulle cure palliative e sulla terapia del dolore, ritiene che siano ben distinte in ambito ospedaliero?

Lo stato di attuazione della legge 38/ 2010 a distanza di 14 anni purtroppo è ancora molto incompleto in Sardegna. La legge tutela il diritto del cittadino ad accedere alle cure palliative e alla terapia del dolore. Questo diritto è molto lontano dall’esser soddisfatto. Alla legge 38 sono succedute diverse norme attuative, Accordi Stato-Regione, e in ultimo, grazie al PNNR, il DM 77 che per quanto riguarda le cure palliative prevede un hospice con 8/10 posti letto ogni 100.000 persone e un’unità di Cure Palliative Domiciliari ogni 100.000 persone; invece, le province che hanno la fortuna di avere un hospice sono Olbia, Nuoro, Oristano e Cagliari. Mentre non si è riusciti ancora ad aprirlo a Sassari, in Ogliastra, in Medio Campidano e nel Sulcis. E nella provincia di Cagliari non si trova una che sia una Unità di Cure Palliative Domiciliari.

Che cosa può e deve essere fatto per far conoscere gli aiuti che i pazienti e le loro famiglie possono avere?

Sappiamo quanto è importante parlare e arrivare direttamente alla popolazione, spiegare come un cittadino può fare per ottenere questo suo diritto.  Lo abbiamo fatto in passato come Società Italiana Cure Palliative e vogliamo continuare a farlo. È anche molto importante il ruolo della stampa che dà una diffusione alla popolazione generale, e poi le ASL che dovrebbero informare il personale sanitario, sia sull’esistenza del servizio che su come si attiva. Così com’è fondamentale incontrare i ragazzi nelle scuole, ricettivi e sensibili.

La legge sulle cure palliative ha sottolineato l’importanza, per i degenti e per le loro famiglie, di unire ai farmaci un percorso di sostegno psicologico, questo agire su più piani quali benefici apporta?

Nell’ottica della presa in carico globale di paziente e famiglia, proprio perché parliamo di dolore totale che non è esclusivamente fisico, l’assistenza psicologica è fondamentale sia per il malato che per la sua famiglia. Il malato e il suo nucleo familiare vengono considerati insieme anche dalla legge 38. E l’assistenza sanitaria e psicologica viene offerta a tutto il nucleo familiare. E non solo, con la supervisione viene offerto a tutta l’equipe curante.

Qual è il ruolo che i medici di base hanno nello svolgere la prima fase della terapia palliativa e cosa può contribuire a migliorare le eventuali fasi successive?

I medici di famiglia sono figure preziose, sono loro che sono a più stretto contatto con il malato e la sua famiglia, sono le persone di fiducia, che sono in grado di cogliere il bisogno sin dal suo primo insorgere, sono loro stessi a fornire le prime cure palliative necessarie e chiedere l’intervento di equipe specialistiche quando la complessità del caso lo richiede.

Nel 2007 è stato raggiunto l’accordo in materia di cure palliative pediatriche con il successivo documento tecnico. Sappiamo che in tutta la Sardegna ci sono solo due posti per i piccoli pazienti. Qual è la situazione?

La situazione delle cure palliative pediatriche in Sardegna è al punto zero, perché non ci sono equipe dedicate, non ci sono hospice pediatrici, non c’è nemmeno la richiesta, nonostante ci sia il bisogno, perché non c’è la consapevolezza del diritto ad averle. In realtà nel piano di potenziamento delle cure palliative, approvato dalla regione nell’aprile di quest’anno, sono previste ed è prevista la loro attivazione, ma quel piano tarda a decollare       

Ci sono corsi di specializzazione in Sardegna sulle cure palliative?

Dal 2022 esiste in Italia la Scuola di Specializzazione in Medicina e Cure Palliative, e anche in Sardegna, nell’Università di Cagliari dal 2023 abbiamo i primi iscritti. Sempre all’Università di Cagliari qualche anno fa c’è stato il Master di Cure Palliative, che è stato frequentato da più di cento persone, tra medici e infermieri.

Cosa deve essere messo in moto, da parte della Regione Sardegna, per aumentare la percentuale di pazienti che possano conoscere i passaggi e usufruire delle cure palliative visto che ad oggi solo il 35% degli aventi diritto può seguire tale percorso?

Credo che la cosa più importante che la Regione Sardegna dovrebbe fare sia quella di dare attuazione al suo piano di potenziamento della rete di cure palliative. Avrebbero i professionisti preparati e motivati, che hanno recentemente terminato il Master, avrebbero i fondi del PNNR. I servizi, una volta aperti, si fanno conoscere rapidamente. Le cose più urgenti da fare sono l’attivazione delle Unità di Cure Palliative Domiciliare nella ASL di Cagliari, l’apertura degli Hospice nelle ASL dove ancora non ci sono e l’attivazione della Rete delle Cure Palliative Pediatriche.

C’è una domanda alla quale il dottor Obinu ha risposto quasi schernendosi, relativa a quale “prezzo psicologico” i dottori, il personale ospedaliero e para ospedaliero seguono con attenzione tutte le persone che si rivolgono a loro la risposta è laconica solo nelle parole: “è il nostro lavoro. Da professionisti facciamo ricorso al giusto “distacco professionale”, li stiamo a sentire, ascoltiamo in silenzio il loro dolore; il parlare apertamente con noi li aiuta ad affrontare con maggiore serena consapevolezza questo passaggio per loro che per i loro famigliari”.

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