Dalla parte dei rumeni
16 Novembre 2007
Marco Ligas
Questa volta il nostro governo ha voluto dimostrare come sia efficace la forza del diritto, soprattutto quando ci si trova in condizioni di superiorità. Lo ha fatto ostentando disprezzo e alterigia contro un gruppo etnico costretto a vivere in condizioni di estrema povertà. È stato usato un crimine odioso com’è l’uccisione di una donna, prima violentata, per scatenare una rappresaglia contro centinaia di persone colpevoli di appartenere alla stessa comunità di chi ha commesso il delitto. Intere famiglie sono state costrette a raccogliere in tutta fretta i loro stracci e invitate a salire sugli autobus che le hanno riportate nei loro paesi d’origine. La demolizione delle baracche dove i rumeni vivevano da intrusi ha fatto da cornice a questo quadro desolante. Non c’è che dire: chi aveva qualche incertezza su come i principi di solidarietà e di integrazione possano concretizzarsi attraverso comportamenti coerenti ha avuto modo di rendersene conto. Le immagini che ci sono state fornite dalla televisione non potevano non evocare altre deportazioni, altri trasferimenti di esseri umani costretti ad abbandonare i loro paesi perché messi ai margini da un sistema economico che non concede a tutti il diritto di cittadinanza. Nella ricerca delle analogie è però difficile trovare situazioni che, in condizioni di pace, assomiglino a quella vergognosa che si è verificata nella capitale.
Il fatto è che il nostro governo, sempre più incalzato da un’opposizione impegnata ad alimentare la xenofobia, ha sentito il bisogno di inviare al paese un messaggio forte ribadendo sia la necessità di una vigilanza attenta (meglio sarebbe chiamarla diffidenza) verso chi intende stabilirsi nel nostro territorio sia consolidando la repressione contro i senza reddito, ritenuti ormai portatori potenziali di criminalità, qualunque sia la loro appartenenza etnica. Assumendo la filosofia secondo cui l’immigrazione è fondamentalmente un problema che va affrontato con misure di ordine pubblico, il governo sarà costretto ad intensificare le procedure di esclusione non solo nei confronti di singoli cittadini ma di intere comunità. A Palazzo Chigi sembrano diventati tutti supporters di Dahrendorf secondo cui il mantenimento contemporaneo del benessere economico, della coesione sociale e della libertà politica non è possibile perché corrisponde alla quadratura del cerchio, dunque occorre ridimensionare libertà e redditi, naturalmente di quelle persone che già ne possiedono pochi.
Sappiamo come i flussi migratori siano connaturati alla storia degli uomini e come l’emigrazione abbia consentito spesso, pur tra molteplici difficoltà, il miglioramento delle condizioni di vita di tante persone. Quel che preoccupa è l’atteggiamento di intolleranza, di incompatibilità dichiarata verso interi gruppi (prima i magrebini, poi gli albanesi oppure i rom o i rumeni). Sono premesse di possibili e conseguenti manifestazioni di razzismo, tanto più allarmanti perché trovano alimento in un paese dove governano forze che si richiamano alla solidarietà e alla difesa dei diritti dei cittadini. In realtà anche stavolta il governo ha preferito rincorrere i suoi avversari sul loro terreno ma non ha trovato il consenso che desiderava perché il loro obbiettivo è la spallata; purtroppo si è ulteriormente allontanato dai suoi elettori che vogliono realizzare un ordine sociale attraverso una diversa distribuzione della ricchezza e una nuova politica che garantisca la solidarietà.
In conclusione ci viene da porci qualche domanda: perché quando gli interlocutori sono soggetti deboli il nostro governo riesce a prendere decisioni anche gravi, esponendosi al rischio di un irrigidimento dei rapporti diplomatici con altri paesi, in questo caso con la Romania, e in altre occasioni fa esattamente il contrario? Perché sulla vicenda Calipari, per esempio, si è subita l’arroganza degli Usa accettando l’archiviazione del processo?
9 Agosto 2008 alle 16:22
Ha ragione, sono d’accordo