Delle diverse abilità
15 Aprile 2025
[Luana Seddone]
Il report sulla condizione delle persone con disabilità realizzato da Ierpof col supporto della Fondazione di Sardegna, offre dati aggiornati e spunti di riflessione su aspetti come l’inclusione scolastica, l’accesso all’università e l’inserimento nel mondo del lavoro evidenziandone le principali criticità, le barriere strutturali e sociali che ancora ostacolano una piena partecipazione delle persone con disabilità alla vita comunitaria.
Curato da un gruppo di esperti e ricercatori sotto la direzione di Alessandro Spano, professore ordinario di Economia Aziendale dell’Università di Cagliari, si avvale del contributo di Roberto Pili, della prefazione della ministra per le Disabilità, Alessandra Locatelli, e la post-fazione del presidente della Fondazione di Sardegna, Giacomo Spissu.
Il report suggerisce azioni concrete per promuovere l’inclusione: un migliore coordinamento tra le istituzioni per rendere più efficaci le politiche sulla disabilità; maggiori investimenti in accessibilità e tecnologia assistiva; programmi educativi e formativi per favorire l’inserimento nel mondo del lavoro; sensibilizzazione e coinvolgimento attivo della società civile.
“Un passo fondamentale per promuovere soluzioni concrete. Non basta garantire i diritti sulla carta: è necessario attuare politiche mirate e un impegno collettivo per rendere la società realmente inclusiva – sottolinea Roberto Pili – l’inclusione non è solo un obiettivo etico, ma una necessità per costruire una società più equa, capace di valorizzare il contributo di tutti”.
Nella quotidianità le diverse abilità sono ancora concepite come distanti, inconcepibili e irrisolvibili, la chiusura e la rigidità mentale non consentono una crescita e un’inclusione tali da permettere uno sviluppo e un’integrazione sociale scevra da preconcetti e limiti valutativi.
Le disabilità sono ancora concepite come mancanza, impossibilità di vita indipendente e autonoma, le famiglie vivono rinchiuse in isolamenti e tormenti quotidiani per la mancanza di ausili, strutture e servizi di accompagnamento.
Oltre la mancanza di servizi di supporto adeguati, manca la reale accettazione di una non tipicità, di comprendere comportamenti e azioni non ritenute convenzionali, ambienti e formazione professionale non adeguata, sensibilità e empatie non pervenute.
L’evoluzione sociale procede a rilento.
“Le persone compromesse fisicamente per lungo tempo non sono né malati né sani, né morti né pienamente vivi, né fuori dalla società né totalmente partecipi. Sono esseri umani, ma i loro corpi sono deformati o malfunzionanti, lasciando nel dubbio la loro piena umanità. Non sono malati, perché la malattia è di transizione verso la morte o la guarigione. In effetti, la malattia è un ottimo esempio di una condizione liminale non cerimoniale e non religiosa. Il malato vive in uno stato di sospensione sociale, fino alla guarigione. I disabili passano la vita in un simile stato di sospensione. Non sono né carne né pesce, esistono in parziale isolamento dalla società come persone, indefinite.”
(Murphy, 1987, p. 152).
La disabilità, al pari del colore della pelle, è il risultato di un fatto biologico che non può essere scelto né controllato ma per l’approccio bio-psico-sociale, ogni condizione di salute o di malattia è la conseguenza non della patologia in sé, ma dell’interazione tra fattori biologici, psicologici, sociali e culturali che determinano il modo in cui una persona si muove, agisce e vive nell’ambiente in cui si trova.
Le maggiori difficoltà sono quelle relazionali, interpretate come un evento naturale e ordinario, la scarsa rete sociale conduce alla solitudine, al ripiegamento su sé stessi, il futuro è spesso legato alla famiglia.
I più «inclusi» di questi giovani sono tali grazie non solo alla loro famiglia, ma alle reti costruite nel tempo nei servizi territoriali, nelle attività sportive, nella socialità di quartiere, l’unico criterio che può costruire, nel tempo, qualcosa di diverso e di più arricchente di apprendimenti nozionistici. È necessario che lungo tutto il ciclo scolastico si lavori con la classe e sulla classe per comprendere e armonizzare la convivenza, far comprendere che la disabilità non sia sinonimo di mancanza perché nessun dispositivo, nessuno strumento producono inclusione senza che tutti i soggetti coinvolti li facciano diventare realmente inclusivi.
L’altro da noi è persona, come tutti abile e disabile, il contesto fa la differenza, pone il limite tra possibile e l’impossibile, ostacolo o accessibilità, potenzialità o limiti con la possibilità di un progetto di vita adeguato e fattibile.
Sia fattibile “il dopo di noi” per tutti coloro che l’autonomia non la potranno mai raggiungere, per chi ha bisogno di strutture e personale specializzato che garantiscano cure e benessere, guardando da una prospettiva istituzionale, dei servizi, degli operatori ascoltando le esigenze delle famiglie, prospettive differenti che non si escludono ma si integrano.