Democrazia al verde

27 Luglio 2011

Marcello Madau

Sbaglia chi sottovaluta il no degli operai di Porto Torres, della FIOM e della CGIL sassarese al protocollo-truffa, il Protocollo d’intesa fra Governo, ENI, Novamont e ‘territorio’. E’ un grande no. Coglierlo, condividerlo e rappresentarlo: gli operai, la FIOM e la CGIL di Sassari, ospite il segretario nazionale FIOM Maurizio Landini, ieri di questo hanno parlato a Porto Torres.
Il teatro Andrea Parodi è molto grande. Si parte con oltre duecento persone, tanti operai. Diventano quasi trecento nel corso della mattinata. Sono molti. Ma i posti vuoti fanno pensare agli operai che non ci sono, che hanno subito pressioni – è giornata lavorativa – per non partecipare, come dice il segretario della CGIL Rudas. Arrivano lettere di licenziamento. Si organizza la Cassa Integrazione in deroga. In deroga da ogni accordo, anche se firmato. Attenti ad agosto.
La vecchia tattica, resa sistematica dalla Fiat di Marchionne: operai sotto ricatto. Il più vigliacco.
Eppure hanno dimostrato di essere in grado – fra mille difficoltà – di reagire, di tenere la lotta. Di proseguirla. Maurizio Landini, in questa dimensione, è un’icona della resistenza operaia a Pomigliano e Mirafiori, dell’orgoglio e del coraggio che cattura la disperazione e la dirige verso l’avversario di classe.
A Porto Torres si schiera con gli operai e si impegna a farsi carico della lotta. Indica che la lotta operaia necessita di un quadro nazionale, per capire le politiche in atto e consolidare alleanze più forti, straordinariamente necessarie.
A differenza dei precedenti incontri, targati PD e padroni, sul tema (nei resoconti giornalistici gli operai proprio non ci sono, e la rappresentazione è corretta), qua gli operai intervengono.
Antonio urla il diritto all’esistenza. Gino respinge l’assistenza. Gavino rivendica il diritto al lavoro. Michele dice al microfono ‘vi prenderete il nostro lavoro, ma non la dignità’. Salvatore è pronto ad incatenarsi, di nuovo, con altri compagni.
Tutti accusano di ignoranza e incompetenza gli amministratori comunali e della Provincia di Sassari. Di non aver letto (come dice beffardamente Giovanni) il protocollo mentre firmavano, di non averlo capito. Molti criticano i chimici per la firma.
La dignità si percepisce nell’aria e nei volti. Cerca di contenere la disperazione e trova la forza di usare l’ironia. “Io sono il primo scemo che si è incatenato alla torre’, dice un operaio. Di lì a qualche intervento un altro ricorda ‘e io sono il secondo scemo’.

L’intervento introduttivo di Gavino Doppiu, segretario FIOM di Sassari, è molto duro. La critica è al Protocollo d’intesa, respinto. Firmato dai chimici ignorando i molti lavoratori dell’indotto, metalmeccanici, edili e altre categorie. Violata in ogni caso la democrazia, perché non si firma senza aver sentito i lavoratori. E le firme raccolte fra i lavoratori mostrano che essi lo respingono.
Ciò non importa alle istituzioni. L’assessore allo Sviluppo produttivo del Comune di Sassari dice, con sfrontatezza che rasenta la provocazione: “noi abbiamo firmato vedendo la firma sindacale. Se siete divisi, non è un nostro problema. Mettetevi d’accordo”.
C’è da sperare in assessori sufficientemente informati e consapevoli per capire, prima di sottoscrivere un accordo, se la firma sindacale comprende tutti i lavoratori coinvolti nel bacino produttivo.
Se poi fanno parte di giunte progressiste, dalla sensibilità democratica che si presuppone diversa, che pongano almeno il problema se le firme sindacali sono frutto di una consultazione dei lavoratori. Forse anche questo apparirebbe sfrontato, ma andrebbe verso una pratica democratica: impegnarsi istituzionalmente solo in virtù di una reale condivisione sociale. Utopia per una classe politica lontana dai lavoratori e abituata alla delega senza controllo. Pronta a firmare con altri che condividono le stesse pratiche.
E le istituzioni sono comunque presenti in maniera rarefatta. Oltre al citato assessore, vi è quello alle Politiche ambientali dell’Amministrazione Provinciale di Sassari e quello al Bilancio del Comune di Porto Torres. I loro interventi non sono amati, diverse le interruzioni – ma l’invito del moderatore Vindice Lecis di lasciar concludere gli interventi viene accolto subito e civilmente – gli applausi di circostanza. Freddezza e separazione evidente. Credibilità poca.
Il segretario Antonio Rudas osserva che la divisione fra chimici e metalmeccanici non è una responsabilità operaia. Sa che il problema dell’unità, in una lotta così difficile, è delicatissimo. Pone il problema della forza e del potere dell’ENI, ciò che può consentirle di essere serenamente falsa e inaffidabile, di sviluppare negli anni la sua politica sulla pelle degli operai, di aver chiuso il cracking dopo aver promesso di non chiuderlo.
Accuse dure. Anche agli amministratori dei comuni, che si erano impegnati a non accettarne la chiusura.
Dietro l’ipotesi della centrale a biomasse emerge l’ombra del possibile termovalorizzatore, o inceneritore. Un grumo possibile di interessi forti che rischia di scaricarsi beffardamente in un’area che si dice di voler risanare.
E proprio il discorso del risanamento ambientale – l’ENI nella sostanza vuole farlo solo se e dove sorgeranno altre fabbriche – apre uno squarcio sul territorio. Un tema che abbiamo cercato di affrontare sul Manifesto sardo. Sono problemi che oggi non è stato possibile discutere ma bisognerà velocemente affrontare: il risanamento va fatto comunque, perché devi restituire il territorio che hai consumato.
Parlare di sviluppo del territorio significa riprendere un discorso non separato, una visione dello stesso da costruire forse ex-novo, unendo e non dividendo temi e soggetti: operai, cassaintegrati, precari, studenti, agricoltori e pastori (che hanno subito una nuova, inaccettabile aggressione a Cagliari).
Esaminando sviluppo, fabbrica, ambiente, risanamento e Parco Nazionale dell’Asinara. Ricordando il no al carbone espresso proprio a Porto Torres.
Sarà possibile ed avrà un senso, ad esempio, impiegare il gas di Galsi per evitare l’uso del carbone a Fiumesanto, o questo aprirà uno scontro fra potenze energetiche confliggendo con le politiche ENI?

Landini ascolta, annota, poi interviene. Con semplicità, chiarezza e tratto operaio. Di chi ai cancelli ci va e ci resta per capire e parlare.
Dice cose importanti: intanto appoggia questa battaglia FIOM a Porto Torres e si impegna a trasmetterla alla segretaria nazionale della CGIL, perché “un dirigente sindacale non può firmare senza il consenso degli operai”.
Il punto dal quale partire, che va oltre la democrazia in fabbrica – da esso originandosi – per andare nel paese. Maurizio Landini ricorda che attraverso i referendum la gente si è occupata di territorio in prima persona, dei beni comuni, di ambiente ed energia. Chi decide cosa produrre? E come?
Il segretario nazionale FIOM pone l’obiettivo di un assemblea nazionale sui petrolchimici. Perché i movimenti sono complessi, individualmente non si colgono, e in Italia manca una politica industriale degna di questo nome. Sottolinea che si sta formando in Europa una federazione sindacale dell’industria.
Ci vogliono alleanze più ampie fra operai, non divisioni territorializzate.
Prospettive difficili, indicazioni di lotta nette e che cercano di dare corpo e cittadinanza a rabbia e scoramento, perché atti che liberano investimenti e licenziamenti vengono comunque firmati.
Rudas diffida il presunto tavolo regionale, che trova fuori luogo e che di lì a qualche ora si svolgerà a Cagliari, di firmare qualcosa che riguardi i lavoratori dell’indotto, oggi tutelati da una fragile appendice strappata all’ultimo momento. (Le notizie del fallimento di questo tavolo, e della sensazionale impreparazione proprio sul problema dei lavoratori dell’indotto, confermano che la diffidenza era giustificata. L’Agenzia prevista nel famoso ‘Addendum’ – è l’ultima pagina del Protocollo d’intesa , successivamente inserita – per seguire il problema dei lavoratori dell’indotto è un fantasma).
Se si continuerà ad ignorare il parere dei lavoratori – dice Rudas fra gli applausi – , si potrà anche passare dalla torre aragonese alle sedi comunali.
Landini sottolinea il gravissimo attacco della finanziaria e del capitalismo alla democrazia e ai diritti. La necessità di non svuotare il contratto nazionale. Promette un settembre di lotta, sino allo sciopero generale, riscuotendo un forte appoggio dalla sala.
Che, alla chiusura del suo intervento e della giornata, una vera assemblea, si svuota in una sospensione quasi surreale, dove però resta il peso delle scelte della FIOM e della Camera del Lavoro della CGIL di Sassari, l’appoggio forte di Maurizio Landini che si fa carico della vertenza.
Ripartire dai lavoratori, dal loro consenso, anche nelle difficoltà e nelle diversità, è base imprescindibile per farcela. La lotta degli operai di Porto Torres non è solo una lotta per il lavoro e per l’esistenza. E’ decisiva per il territorio e la crescita di una democrazia partecipata che oggi appare decisamente al verde nei tavoli ufficiali, eppure cresce nel paese.

1 Commento a “Democrazia al verde”

  1. Giovanni Malau scrive:

    Sono un operaio in cassa integrazione dell’area industriale di Porto Torres. Grazie per lo spazio dedicato, ma anche per la precisione e accuratezza avuta nel trattare l’argomento. Finalmente si inizia ad intravedere l’altra parte della medaglia, perchè tutti finora hanno solo parlato, ma solo parlato, di aspetti positivi, ma il malessere dimostrato ieri ha dato un’altro termometro della situazione.

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