Un dibattito sulla Zona franca
23 Novembre 2013Gianfranco Sabattini
Abbiamo proposto al prof. Gianfranco Sabattini un intervento sulla zona franca. Ecco le sue considerazioni su questo tema (Red).
Da un po’ di tempo sembra che il “chiasso” sull’istituzione di una zona franca integrale in Sardegna si sia calmato; nei mesi scorsi, il confronto svoltosi in Consiglio tra tutte le parti politiche ha espresso una generalizzata adesione all’istanza da sempre dibattuta di istituire in Sardegna un regime di esenzione integrale dai diritti di confine: poche le differenze, molte le motivazioni sul piano strettamente politico-ideologico, per acquisire all’Isola l’oggetto del desiderio da sempre della classe politica regionale.
Ciò che, in particolare, accomuna le parti politiche è la pretesa di giustificare l’acquisizione del regime di esenzione dai diritti di confine sulla base della perifericità insulare della Sardegna, trascurando la circostanza che la stessa giustificazione è stata il “cavallo di battaglia” per ottenere la specialità dell’autonomia dell’Isola all’indomani del secondo conflitto mondiale, nonché il finanziamento di un piano straordinario per promuovere e favorire la sua Rinascita. Ora, però, la pretesa si allarga, con l’aspirazione ad acquisire l’esenzione da ogni forma di fiscalità inclusiva quindi di quella dai diriti di confine.
Dal dibattito è emersa una generalizzata propensione ad ottenere tutto e di più, con la sola eccezione di una parte politica che si è preoccupata di impegnare il Presidente della Giunta a verificare, nel proseguo della sua azione, qualora riuscisse nei suoi intenti di ottenere il regime di esenzione desiderato da tutti, se verrà messo in discussione il nuovo regime di entrate rinegoziato nel 2007 e del quale la Sardegna incomincia a valersi degli esiti positivi. Un’altra parte politica si è limitata a chiedere che sia data attuazione a quanto disposto dal D.L.vo n. 75/1998, che, in attuazione dell’art. 12 dello Statuto speciale, prevede l’istituzione di zone franche nei porti di Cagliari, Olbia, Oristano, Porto Torres, Portovesme, Arbatax ed in altri porti ed aree industriali ad essi funzionalmente collegate e collegabili. Nessuna delle parti politiche presenti in Consiglio, tuttavia, si è domandato perché, da allora, tanto per restare all’”ultima stagione” in cui è tornata di moda la zona franca, nessun gruppo consiliare si è preoccupato di mettere in mora le Giunte che si sono succedute nel governo della Regione, per la loro inerzia riguardo alle possibilità sacrificate che venivano offerte dal citato D.L.vo.
Il dibattito di recente rilanciato da “L’Unione Sarda” su un problema tanto dibattuto come quello sull’istituzione in Sardegna di zona franca non può essere archiviato con un semplice confronto di natura elettorale del perché “Una zona franca sì” e del perché “Una zona franca no”. Al di là delle argomentazioni sterili e liquidatorie, le motivazione non sempre ponderate che sono poste alla base, non tanto dell’istituzione di un istituto vetusto sorpassato qual è una zona franca doganale, quanto dell’ottenimento di un regime di esenzione fiscale generale sono tali da sollevare alcuni dubbi molto seri; ciò, per via degli esiti che la fruizione in modo acritico di un regime di esenzione integrale potrebbe avere sull’economia e sulla società della Sardegna. Vale la pena, perciò, di tornare sull’argomento, per una riflessione sull’azione della Giunta, più ponderata ed avveduta.
Si può non essere d’accordo con chi sostiene che la richiesta di istituire una zona franca nell’Isola sia irrealistica, così come si può non condividere che l’”interclusione” cui dovrebbe essere sottoposta l’area nella quale dovrebbe essere resa operativa la zona franca, semmai sarà possibile realizzarla, implichi il venir meno degli eventuali regimi di esenzione già operanti all’interno dell’area regionale. Ciò che dell’iniziativa della Giunta, condivisa dalla totalità delle forze politiche, è lecito dubitare sono due aspetti sui quali si ha motivo di pensare non si sia riflettuto in modo adeguato.
Il primo aspetto è costituito dal fatto che la pretesa di istituire una zona franca congiuntamente all’acquisizione di un regime di esenzione generale, prescindendo dalla sua estensione all’intera area regionale, oppure alle aree portuali univocamente stabilite, non sia legata ad un progetto produttivo, ma sia orientata genericamente al consumo, fidando sul fatto che in questo modo gli automatismi di mercato possano indirizzare gli effetti positivi dell’aumento della domanda interna verso la produzione.
Il secondo aspetto, ancora più grave del primo, è costituito dalla mancata valutazione degli esiti di un “vantaggio fiscale” concesso indiscriminatamente a tutte le attività produttive attuali e future operanti nell’Isola. Al riguardo, è opportuno tenere presente che non è possibile, in una prospettiva temporale di medio-lungo periodo, una valutazione positiva a priori del ricorso ad una esenzione fiscale indiscriminata per il sostegno della crescita e dello sviluppo dell’area regionale, sia pure nei limiti consentiti dalle direttive comunitarie. Inoltre, è ancora opportuno tenere presente che occorre valutate attentamente verso quali attività produttive indirizzare gli incentivi fiscali (doganali e non) per evitare che una loro possibile “cattura” automatica da parte degli agenti economici possa portare al verificarsi di risultati “peggiori” di quelli che con essi si intende superare.
Al riguardo, è utile ricordare che all’inizio della legislazione straordinaria in favore del Mezzogiorno, il fatto che non si sia discriminato a dovere come selezionare le attività produttive verso le quali indirizzare le incentivazioni in alcune regioni meridionali, quali la Sicilia e la Calabria, abbia portato ad effetti distorti, che hanno pesato non poco sul futuro delle due regioni; è accaduto infatti che, in assenza di una selezione delle attività produttive verso cui indirizzare le “provvidenze”, le due regioni in competizione tra loro abbiano tentato, usando “provvidenze al rialzo”, di attirare al loro interno investimenti esterni. Il risultato finale è stato negativo per entrambe, in quanto sono state vittime degli esiti di un processo di “selezione avversa”, nel senso che la costa calabra dirimpettaia della Sicilia ha attirato gli “imprenditori extramarginali” siciliani, mentre la costa siciliana ha attirato gli imprenditori, ugualmente extramarginali, calabresi. Entrambe le regioni, quindi, a causa della mancata selezione delle attività imprenditoriali da incentivare, hanno subito le conseguenze negative di un’incentivazione generalizzata e non mirata.
Gli aspetti dell’acquisizione di un regime di esenzione fiscale integrale non attentamente valutati sono molti e importanti; prefigurare scenari per una migliore valutazione delle opportunità che possono derivare da un uso strategico della “premialità fiscale” potrebbe essere un utile esercizio, produttivo di decisioni più responsabili riguardo al futuro dell’economia e della società della Sardegna.
Allo stato attuale, il presidente della Regione pare abbia ottenuto il consenso di Bruxelles ad estendere a tutta la Sardegna il regime di esenzione dai diritti di confine, sotto il vincolo che sia il Governo nazionale ad “istruire la pratica”; ci si augura solo che la Sardegna, se vorrà realmente utilizzare la “premialità fiscale” complessiva come variabile strategica in funzione della sua crescita e del suo sviluppo, concorra autonomamente a corredare la “pratica” con un progetto di crescita e sviluppo approvato da tutti i partiti, perché, indipendentemente dalle maggioranze pro-tempore al potere, si sentano impegnati ad attuarlo senza modificarlo di volta in volta in funzione dei labili interessi elettorali di breve respiro. Sarebbe questa una novità per la Sardegna, considerato che sinora l’Isola non ha mai potuto fruire dei vantaggi connessi al rispetto di una strategia di lungo periodo nell’uso delle risorse della quali ha potuto fruire.