Disastro ecologico in corso: la stasi dell’estate cagliaritana
16 Giugno 2021[Carola Farci]
Il 2 giugno a Cagliari piove.
Il 2 giugno. A Cagliari. Piove.
Non c’è altra soluzione: è la legge di Murphy. Perché il 2 giugno, a Cagliari, e in particolare nella spiaggia del Poetto, i volontari di Marevivo e alcuni cittadini si sono dati appuntamento per dare vita ad un flashmob contro i sacchi di nylon.
Facciamo un passo indietro: nel 1995, durante l’epoca del ripascimento, davanti allo stabilimento balneare del Lido, sono state posizionate centinaia di sacchi in nylon, contenenti sabbia, per evitare l’erosione dell’arenile. Le mareggiate di quest’inverno hanno fatto riaffiorare i sacchi, che, in gran parte deteriorati, si stanno disperdendo in mare insieme alle loro migliaia di particelle di plastica. Agli occhi attenti dei bagnanti, infatti, non saranno sfuggiti dei fili bianchi sparsi sulla spiaggia anche a parecchi chilometri dal Lido.
In questi mesi state recuperate centinaia di questi sacchi, quasi interi o completamente distrutti, nel bagnasciuga o ormai a largo, ed è imprecisato il numero di quelli che si sono dispersi in ambiente, creando un disastro ecologico con pochi precedenti nella città di Cagliari.
Le autorità sono state immediatamente avvisate, e qui è cominciato il balletto delle competenze: il Comune se ne lava le mani, ritenendo responsabile del degrado, e dunque della bonifica, il Lido. Il Lido rimanda al mittente le accuse: il bagnasciuga non è pertinenza dello stabilimento. Entra in gioco la Regione, che nuovamente accusa il Lido. Il Lido accusa la Regione. Che al mercato mio padre comprò.
E i sacchi sono ancora là.
In tutto ciò cosa fanno le associazioni ambientaliste?
Con poche eccezioni – per esempio Marevivo che ha organizzato il flashmob di cui sopra – si limitano a mandare qualche email al Comune per chiedere l’autorizzazione a rimuovere i sacchi in autonomia. Autorizzazione che, ovviamente, il Comune non concede, in quanto non si reputa responsabile della bonifica né autorizzato a metterla in atto. Per cui le associazioni se ne stanno buone buone dietro al computer, alzando le mani al cielo e dicendo: “ci abbiamo provato”.
Le opposizioni, timidamente, si muovono. Francesca Mulas Fiori, sin da subito, chiede a gran voce la bonifica immediata. I suoi colleghi, piano piano, la seguono, e passano ad alcune interrogazioni, sia a livello comunale che regionale. Che portano ai risultati di cui sopra, cioè, purtroppo, nessuno.
La stampa locale, come è comprensibile, si occupa a singhiozzo dei fatti. Ovvero, se ne occupa esclusivamente quando c’è qualche colpo di scena – una manifestazione, una dichiarazione da parte di qualche politico, una denuncia o controdenuncia -, ma tutti gli altri giorni sembra dimenticarsi del disastro in spiaggia, nonostante questo causi anche un evidente disagio ai bagnanti. Che è comunque l’ultimo dei problemi.
Che dire dei volenterosi cittadini che, dopo aver firmato e condiviso a migliaia la petizione per fermare questo scempio stanno ripulendo, in maniera autonoma e per quanto possibile, l’arenile? Sono passibili di denuncia, e lo sanno. Secondo la legge Ronchi – che questa sia applicabile al contesto è dibattuto, ma pende come una spada di Damocle su chiunque si dia da fare – rischiano 8000 euro di multa e, addirittura, il carcere. E, inoltre, le possibilità da parte dei privati di ripulire il bagnasciuga dai sacchi sono assai esigue dato che, oltre ad essere un numero enorme, ve n’è addirittura una parte cementata.
A questo punto: cosa farà la magistratura? Il GRIG, ormai mesi fa, ha fatto un esposto in proposito, ma ancora in questa direzione è tutto fermo.
Aspettiamo in gloria il 17 giugno, giorno in cui è fissato l’ultimatum per la rimozione dato dal Comune al Lido. Sicuri però che il teatrino non si fermerà e che questo Beautiful balneare continuerà ad allietare la nostra estate.