Noi donne, un impegno speciale

1 Giugno 2011

Francesco Mattana

Ci sono momenti in cui  si rimpiange di avere solo trent’anni. Quando ci capita fra le mani un bel libro, ma veramente ben fatto, in cui si racconta la coinvolgente stagione del dopoguerra, viene una gran voglia di esserci stati, lì in carne e ossa. Viene voglia di averla vissuta da protagonisti, quell’Italia in bianco e nero dell’immediato dopoguerra, che si aggrappava alla vita con quell’energia che solo i sopravvissuti riescono a tirar fuori. Il libro di Lucia Cardone, ‘Noi donne e il cinema’, presentato da poco a Cagliari, ha il pregio di far sentire al lettore l’effluvio di un paese che rialza la testa, e si rimbocca le maniche per ricostruire sopra le macerie.
Ci voleva, per ottenere questo risultato qualitativo, sicuramente il talento dell’autrice, accompagnato da una passione che traspare in ogni riga.  Ma ci voleva anche una bella storia da raccontare, una di quelle storie che ti tengono incollato dalla prima all’ultima riga.
Il contributo che le donne hanno dato alla ricostruzione del nostro paese è un tema poco frequentato, colpevolmente Così come poco ricordata è l’epopea di Noi donne, la rivista che per tantissimi anni, dal ’44 al ’90, è vissuta con l’obiettivo di promuovere una femminilità finalmente emancipata.
Il libro ci racconta i primi dieci anni della rivista. I più gloriosi, quelli in cui si sentiva il fuoco dell’entusiasmo di un paese che rinasce. Gli anni della guerra, e in particolare quel terribile biennio ’43-’45, furono la cornice in cui si dispiegò l’eroismo di tante donne. Passata la bufera della guerra, era giunto il momento di non dissipare tutte quelle forze, bensì di moltiplicarle, per realizzare finalmente il sogno di un’Italia civile e democratica.
Un’Italia, insomma, in cui il ruolo della donna ottenesse finalmente quel riconoscimento che meritava. La rivista Noi donne ebbe un ruolo fondamentale nell’indirizzarle.
Un paese, il nostro, che anche nel duemila presenta fastidiosi connotati di maschilismo: potete ben immaginare da quali basi  partisse nel dopoguerra…La battaglia, insomma, era difficile, ma Noi donne era una rivista particolarmente combattiva nel perseguire i suoi obiettivi. La rivista aveva insomma un esplicito intento pedagogico, perché lo spirito era quello di dare degli ammaestramenti, dei consigli da mettere in pratica assolutamente se si voleva seriamente dare una svolta alla condizione femminile. Però la pedagogia, da sola, non è che faccia grande tiratura di copie…Bisognava pur farle divertire le lettrici, oltrechè guidarle sulla retta via. Si potevano fare entrambe le cose, divertire insegnando, e questa fu appunto la strada che scelse Noi donne. Era una rivista con tutte le rubriche che generalmente si trovano in un periodico femminile, ma la novità era questo forte senso morale che animava i redattori. Cioè, andava benissimo, anzi, era essenziale per l’ossatura del giornale il classico romanzo a puntate, ma questi romanzi dovevano avere una morale edificante. E il cinema? Poteva forse, un giornale che ambiva a rivolgersi a tutte le donne, ignorare l’enorme popolarità che il cinematografo acquisiva in quegli anni?
Noi donne, ovviamente, diede uno spazio enorme al cinema, perché era enorme lo spazio che occupava nella vita delle donne. L’approccio fu naturalmente coerente con lo spirito del giornale: cioè, bisognava promuovere solo quei film animati da spirito progressista, in cui la donna veniva dipinta come creatura piena di dignità e di forza, motore della famiglia ma anche della Storia. La simpatia, è facile immaginarlo, andava al Neorealismo italiano, e all’afflato sinceramente democratico che ci mettevano i vari De Sica, Rossellini, Visconti. Poca simpatia, pochissima anzi, verso il cinema americano, e verso il modello di femminilità sottomessa che appariva nei loro film. Il ‘nemico’ era ad esempio Clark Gable, e il suo inaccettabile maschilismo. Ma anche in America, qualche stella era meritevole di apprezzamento: ad esempio Katherine Hepburn, descritta come attrice umile e cordiale anche con le maestranze; la coppia Bogart-Bacall, nota per l’impegno umanitario; e naturalmente Charlie Chaplin, che soprattutto col Grande dittatore aveva esposto chiaramente il suo spirito democratico. Insomma è soprattutto il neorealismo italiano il modello di riferimento, e figure come la Magnani trafitta dagli spari assurgono in tempi brevi alla mitologia. C’è però un neorealismo che attira di più le spettatrici, e questo a Noi donne lo sanno molto bene.
E’ un neorealismo più soft, più incline a fare spettacolo, e non solo denuncia. E’, insomma, il neorealismo di Riso amaro, film che verrà ampiamente sostenuto dal giornale, ancor prima che arrivasse nelle sale. Riso amaro era una vera gallina dalle uova d’oro per Noi donne: univa il sacro al profano, l’alta lezione civile al divertimento di molte scene: raccontarlo con un cineromanzo era proprio quello che serviva per attrarre le lettrici di Noi donne. Ed era quella la linea editoriale da seguire, per garantire successo al giornale: non disdegnare assolutamente le forme di cultura popolare, come il cineromanzo, ma usarlo solo per lanciare messaggi moralmente edificanti. Seguendo questa linea di pensiero, non era affatto proibito mettere le star del momento in copertina: queste star, però, dovevano presentarsi nella veste inusuale di ragazze della porta accanto, con tutti i problemi e le difficoltà che poteva avere una ragazza della porta accanto.
Ecco quindi che sfilavano una Rossana Podestà col bimbetto appena nato tra le braccia; una Valentina Cortese perfettamente a suo agio con la macchina da cucire; una Lollobrigida cuoca perfetta tra i fornelli. Non mancavano neanche i ‘principi azzurri’ in copertina, quei divi che ogni ragazza avrebbe voluto sposare. Però erano dei divi democratici: Raf Vallone, Massimo Girotti, tutta gente di assodata cultura democratica.
Sì, ci saranno anche degli strappi alla regola: ad esempio i drammoni strappalacrime di Amedeo Nazzari, non avevano manco l’ombra dell’impegno civile, eppure campeggiavano ugualmente in copertina. Questo perché, anche un giornale coerente e serio come Noi donne, aveva bisogno di pompare un pochino i fenomeni del momento…Insomma Noi donne fu un’esperienza unica. E lo fu, se vogliamo, proprio grazie a queste piccole contraddizioni che aveva al suo interno. Fosse stato un tazebao di femministe pure e dure, non saremmo qui a parlarne dopo tanto tempo. L’elemento d’interesse, invece, stava proprio in questa ‘contaminazione’con le forme dell’intrattenimento popolare.
Le ragazze, tantissime ragazze, compravano Noi donne perché la forma era quella del rotocalco popolare. La sostanza era diversa, ma è la forma che determina il successo, oggi come allora. Ed erano in fondo ragazze come quelle di oggi, abbagliate dal mito del successo facile, e convinte che la vita abbia un vero senso solo tra le luci della ribalta. Per loro, c’era la Piccola posta, un angolo in cui si sfogavano; e si sentivano rispondere, puntualmente, che era meglio fare un mestiere umile e dignitoso, e lasciar perdere la corruzione dello star-system. C’era poi, a partire dal ’54, l’angolo della posta con un signore a cui la dialettica non mancava di certo. Nientepopodimenochè (come direbbe un altro mito dell’Italia in bianco e nero, Mario Riva) Cesare Zavattini! Zavattini, anche in quest’occasione, si mostrò uomo del dialogo, pieno di curiosità.
La seconda parte del libro raccoglie alcune delle lettere che arrivarono all’attenzione dell’instancabile intellettuale emiliano. Fa sorridere, la prosa di queste ragazze semplici, ma ci scappa pure la lacrimuccia, perché in quelle lettere abbiamo davvero lo specchio di un’altra Italia, da rimpiangere con nostalgia. Un’Italia sicuramente più ingenua, ma anche più carica di entusiasmo verso il futuro. E’ l’Italia che ci racconta Lucia Cardone, e la ringraziamo per aver condiviso con noi le sue emozioni.

1 Commento a “Noi donne, un impegno speciale”

  1. Nadia Angelucci scrive:

    Buongiorno, complimenti per l’articolo che è molto interessante ma c’è una ‘piccola’ imprecisione: si parla della rivista noidonne al passato. Volevo segnalare che, pur avendo negli anni ’90 attraversato un periodo difficile, la rivista noidonne esiste ancora….sia in formato cartaceo che web – http://www.noidonne.org
    cordialmente

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