Domanda e offerta
16 Settembre 2013Silvana Bartoli
Eh sì, bisogna ammetterlo, i padani sembrano i più sensibili al grido di dolore che si leva da qualche parte: è ora di mettere in discussione la Legge Merlin, per togliere la prostituzione dai luoghi pubblici e pensare all’istituzione di un registro comunale per coloro che aspirano a esercitare in privato.
Se qualcuno parla esplicitamente di riaprire bordelli, case chiuse o case di tolleranza, per togliere lo spettacolo immondo del sesso a pagamento dai marciapiedi e dai viali, altri, più modernamente, parlano di ‘appartamentini’ chiusi, con un massimo di tre prostitute, così da regolamentare l’esercizio del “mestiere più antico del mondo” con diritti, doveri e quindi una tassazione proporzionale a quanto guadagnato. Le prostitute cioè devono pagare le tasse: sarebbe un modo per aiutare i bilanci comunali, dicono alcuni sindaci, senza dover ricorrere ad autovelox o parcometri, e aggiungono la proposta di creare comodi quartieri a luci rosse in cui collocare le filles de joie.
Sistemate in abitazioni private, previa comunicazione al questore competente per territorio; in spazi e locali adeguati, legalmente riconosciuti e tassati, dove la professione possa essere esercitata senza scandalo pubblico; le rinchiuse saranno censite, controllate dal punto di vista igienico, sanitario e anche fiscale, e senza lo sfruttamento da parte di organizzazioni criminali.
In un comune della Romagna la Lega ha raccolto 102 firme in un giorno: “Credere in una società senza prostituzione è un’utopia”, meglio copiare la normativa di Olanda, o Germania, dove le prostitute lavorano in casa e si autogestiscono”. Visto che sembra impossibile debellare il mestiere più radicato nella tradizione, è meglio certamente che avvenga in casa, bisogna abrogare la legge Merlin e riconoscere il ‘meretricio’ “come attività professionale rilevante ai fini tributari e previdenziali”.
Molti fautori della riapertura affermano poi che le associazioni impegnate nel restituire le prostitute a una vita onesta sarebbero facilitate nella loro missione; chi invece lavora per combattere la tratta si dichiara contrario perché è più difficile intercettare le ragazze sfruttate al chiuso, e la legalizzazione dei bordelli, nei paesi in cui sono stati riaperti, non ha risolto né il problema della tratta, né dello sfruttamento soprattutto quando si tratta di bambine, che vengono occultate con maggior cura.
Questo dovrebbe far riflettere i paladini della prostituzione in clausura perché, insegna Keynes, è la domanda che genera l’offerta…
Se la prostituzione è “anche” un’attività economica, è utile allora partire dalle dinamiche legate al trasferimento di beni di qualsiasi natura, trasferimento che esprime sempre il bisogno di rendere minimo un disagio e massimo un piacere. Per procurarsi i beni necessari occorre scambiarli, cioè barattarli con altri beni di cui pensiamo di poter fare a meno, oppure, più praticamente, pagarli.
Nel linguaggio dell’economia, il soggetto che necessita di un bene per soddisfare un bisogno si chiama consumatore; mentre il soggetto che è in grado di produrre quel bene e offrirlo in vendita sul mercato si chiama produttore o venditore: se non c’è il venditore di quel bene, il consumatore non può soddisfare il suo bisogno.
Ma, se è la domanda che genera l’offerta, leggendo Keynes si trova la soluzione al problema che angoscia molti benpensanti: come togliere la prostituzione dalle strade.
I consumatori che devono soddisfare il bisogno di sesso dovrebbero iscriversi a un albo, a un’associazione, fornendo tutti i documenti richiesti, trovarsi un luogo in cui ricevere i venditori e produttori di quel bene. Potrebbero andar bene appartamentini chiusi, previa comunicazione al questore competente per territorio, con un massimo di tre consumatori, così da ufficializzare il bisogno più antico del mondo con diritti, doveri.
Se il venditore troverà congruo il baratto o il compenso offerto dal consumatore, l’affare si potrà concludere con l’aggiunta di una tassazione proporzionale alla transazione di denaro; in caso di baratto bisognerà pensare a un’altra forma di imposta per aiutare i bilanci comunali, senza dover ricorrere ad autovelox o parcometri
Gli appartamentini di tolleranza potrebbero anche collocarsi in comodi quartieri a luci rosse, dove i consumatori possano ritrovarsi liberamente, censiti, controllati dal punto di vista igienico, sanitario e anche fiscale, e senza costrizioni da parte delle organizzazioni criminali.
Ovviamente saranno necessarie alcune regole che vengono efficacemente suggerite dalle norme previste per le antiche case chiuse: i consumatori non potranno uscire dagli appartamentini con abiti indecenti o troppo succinti, né frequentare le piazze o le vie principali delle città, né affacciarsi alle finestre, né recarsi a teatro. Dovranno assoggettarsi a due visite sanitarie ogni settimana per la profilassi delle malattie sifilitiche.
Gli appartamentini non dovranno avere più di una porta d’ingresso e non ci dovranno essere collegamenti con le altre case private o luoghi pubblici.
Si dovrà anche evitare che siano in prossimità di asili, scuole e luoghi di culto e sarebbe bene che le persiane restassero sempre chiuse.
Bisognerà poi regolamentare il tempo di permanenza dei consumatori negli appartamentini, evitare permanenze troppo lunghe che li sottoporrebbero a turni massacranti, ed evitare cene eleganti protratte per gran parte della notte.
Ovviamente nessun consumatore potrà rivolgersi a un venditore di età inferiore ad anni 18, ma qui bisognerà fare molta attenzione perché può capitare il consumatore che si presenta come ingenuo utilizzatore finale e scambia un venditore minorenne per un’attempata nipote d’Egitto.
Comunque, collocare i consumatori in appartamentini controllati per ricevere i venditori, oltre a risolvere molti problemi di decenza, risponde anche a un elementare principio di uguaglianza: non solo il consumatore che possiede una ventina di case potrà soddisfare comodamente il bisogno più antico del mondo.
Le associazioni impegnate nel liberare i consumatori dalla schiavitù del bisogno per riportarli alla speranza di una vita onesta, non avranno difficoltà a rintracciarli negli appartamentini protetti in cui soddisfano le loro necessità.