Due ricordi su Peppino

1 Gennaio 2008

Antonio Mannu e Marcello Madau

Ho la morte nel cuore. E’ durissimo pensare che una persona possa aver avuto l’idea e la viltà di assassinare un poeta. Purtroppo questo paese, e quest’isola, i poeti o li uccide o li ignora o tutt’e due le cose, a meno che non si tratti di poeti di corte. In questo momento mi viene in mente Pierpaolo Pasolini, sarà perché era un poeta ed è morto assassinato, sarà perché ha scritto “le ceneri di Gramsci” ed il ricordo, intensissimo, che ho del poeta di Orgosolo è legato a Gramsci ed alla sua capacità, del poeta, di evocarlo. Mentre la scorsa primavera ad Ales Peppino Marotto leggeva una sua poesia dedicata a “tziu Ninu”, nella sala gremita il silenzio, l’attenzione e la commozione erano tangibili. In tre giorni di interessanti interventi, di celebrazioni e di dibattito, nessuno era riuscito a parlare di Gramsci in modo così concreto ed attuale. (Antonio Mannu)

“No.
¡Que no quiero verla!
Que no hay caliz que la contenga,
que no hay golondrinas que se la beban,
no hay escarcha de luz que la enfrie,
no hay canto ni diluvio de azucenas,
no hay cristal que la cubra de plata.
No.
¡¡Yo no quiero verla!!

(F. Garcia Lorca)

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Lavoro e cultura per il riscatto sociale: questo l’impegno classicamente comunista e gramsciano di Peppino Marotto. Lo ricordo anch’io come poeta, e, con forte coinvolgimento emotivo, come cantore-aedo: i due livelli non sono divisibili.
Ho un amore sconfinato per il canto sardo, a chiterra e a tenores: e i tenores, diffusi in tutta la Barbagia (ma non solo) li ho conosciuti con quelli di Orgosolo: uno, ‘I Tenores del Supramonte di Orgosolo’ era guidato dal canto di Peppino, dalla sua voce dai melismi profondi, veloci eppure all’attenzione percepibili.
Sappiamo dell’impegno sociale di Marotto, la sua trama, le sue scelte. Ma se vogliamo percepirlo appieno è verso la sua voce che dobbiamo andare.
La sua fine non è senza documenti, qualcosa di grande e importante quindi ci resta: viso, azioni, poesie, canti. Assieme ad un ultimo, involontario, segno ancora ampiamente da interpretare: la fine di un’epoca e l’irruzione della contemporaneità in una cornice apparentemente immutabile e tradizionale.(Marcello Madau)

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