E i poveri? (parte seconda)
29 Febbraio 2012Graziano Pintori
Nel 2013, il premier Monti abbandonerà l’incarico governativo dopo aver “semplificato” il sistema politico e sociale dell’Italia. Di conseguenza, sarà cambiato il modello di vita dei suoi abitanti. Quando si dice semplificare e cambiare modello di vita restano indefinite la categoria o le categorie di cittadini a cui ci si rivolge. Sono convinto che la politica montiana tenderà a precarizzare sempre più i poveri, gli emarginati, e coloro che per effetto delle rapine finanziarie internazionali sono stati ridotti allo stato di bisogno. Il tecnico Monti lascerà immutata la società di disuguali, in cui un a.d., leggi Marchionne, continuerà a guadagnare 400 volte in più del salariato dell’azienda che amministra, perché il bocconiano è estraneo alla stirpe dei poveri, “no’est de cussa linna”. Perciò, abbandoniamo subito certe pretese classiste. Però, in considerazione del suo aplomb e di serio e onesto conservatore, di affidabile uomo del capitalismo mondiale, di lui, Monti, si potrà dire che è stato capace di portare a termine la missione governativa: se la società italiana sarà depurata dall’assuefazione del malgoverno. Cioè se dimostrerà che il sistema della cattiva amministrazione, quella che indistintamente colpisce tutta la società italiana, polvere annidata negli interstizi del potere, subirà un radicale cambiamento.
Vale a dire “missione compiuta” se si sarà posta la parola fine alle caste politiche, alle caste economiche e a quelle che si alimentano nelle strutture pubbliche, intoccabili e perpetue per censo e per nascita. Si potrà parlare di “missione compiuta” del governo Monti se finalmente si potrà dire che è stato notevolmente ridimensionato, non dico estirpato, l’andazzo che offende le qualità e le intelligenze di molti cittadini. È un andazzo fatto a sistema di raccomandazioni, fortemente connesso con quello elettorale. Un senza soluzione di continuità, con tonalità malavitose, caratterizza il sistema della concussione connesso a quello della corruzione. Inoltre, dovrà essere incontrovertibile la volontà del lascito montiano di demolire i piloni del lavoro nero, dell’evasione fiscale, della delinquenza politico-mafiosa, del contrabbando di capitali. Insomma il malaffare diffuso dovrà subire una virata d’arresto credibile, convincente.
Ma prima di lasciare l’incarico, il Commissario Monti, uomo delle banche e delle agenzie di rating, eventuale successore del migliorista Presidente Napolitano, davvero lascerà simili tracce? Davvero si potrà dire che avrà umanizzato il sistema bancario solo perché i pensionati, fino ad un certo importo, avranno il c.c.b. gratuito? Sarà questo il motivo per cui si eviterà all’Italia ciò che il sistema bancario sta provocando alla Grecia, dove si è ai margini della guerra civile? Riuscirà il solerte Commissario Monti a rendere più umani i banchieri, che esercitano tassi di interesse tanto alti da indurre molte aziende al fallimento? E al suicidio i titolari? Merita davvero il nomignolo di “Supermario”?
Su tutto il fare e disfare del Governo Monti nutro tante perplessità. Spiego perché.
Per il Premier tutto è facilitato nel fare e disfare perché non si confronta con una sinistra più determinata nel porre le aspettative di cui sopra e quelle inerenti la povertà, che coinvolge sempre più il ceto medio. Non si confronta con una sinistra che porrebbe efficacemente il problema del lavoro come antidoto della povertà, come norma per restituire dignità e libertà ai lavoratori e alle loro famiglie, ai giovani e ai loro saperi umiliati da una forzata inoperosità.
In buona sostanza il Governo Monti non si confronta con una sinistra più risoluta nel tutelare l’art. 18 e sostenere la FIOM, che ha proclamato lo sciopero generale in difesa dell’occupazione e della Cassa Integrazione. Questi argomenti, su tanti altri, sono sufficienti per denunciare quanto sia facilitata la politica conservatrice del Commissario Monti. Quanto sia in linea con la destra economica ed il sistema delle banche europeo.
La sinistra, dopo aver messo in soffitta la lotta di classe, non è riuscita a dotare di adeguati strumenti politici ed ideali le classi sociali che dovrebbe rappresentare e difendere. Ha scelto di liquefarsi con il centro, in uno stantio compromesso storico che poco ha di storico e molto di compromesso.
Perciò la sinistra, quella che non può essere rappresentata da Bersani, Veltroni e D’Alema, dovrebbe fare alcuni passi in avanti: ritrovare la giusta coesione e adottare un programma politico per poter interpretare, con la necessaria efficacia, le vere aspettative del blocco sociale che rappresenta. La sinistra deve porsi, in modo chiaro, come alternativa del centrismo e della destra economica.