Eccentricità spagnole
16 Luglio 2010Mario Cubeddu
Il 10 luglio, vigilia della finale del campionato del mondo di calcio, “El Paìs”, equivalente spagnolo de “La Repubblica”, dedicava il titolo di apertura e 9 pagine all’interno alla sentenza del Tribunale Costituzionale che metteva in discussione lo Statuto approvato dalla Catalogna nel 2006. Il provvedimento è la risposta al ricorso del Partido Popular, il partito di destra che ancora tiene vivi alcuni spiriti del franchismo a distanza di 32 anni dal cambiamento che ha portato alla nascita della democrazia spagnola. Lo statuto catalano costituiva un passo avanti nel processo di conquista dell’indipendenza della Catalogna. Un’indipendenza, diciamolo subito, che non dovrebbe necessariamente comportare la separazione dalle altre autonomie spagnole. Certamente è un passo ulteriore verso l’autogoverno. Nel preambolo dello Statuto si dichiarava che esso era espressione della volontà del popolo catalano, base d’esistenza della “nazione” catalana. Il Costitucional ha affermato invece che il concetto di nazione catalana non ha fondamento giuridico, anche se considera l’uso del termine legittimo, ma in senso ideologico, storico o culturale. “La Costituzione conosce soltanto la nazione spagnola”, a garanzia dell’”unità indissolubile” della Spagna. Altro punto che il Tribunale considera irrinunciabile è il controllo unitario del potere giudiziario, competenza esclusiva dello Stato centrale. L’organo di governo dei giudici deve essere unico e non si può decentrare con uno Statuto di autonomia. Altra questione spinosa, forse la più appariscente, riguarda il modello linguistico nel sistema educativo. Superando il bilinguismo, lo Statuto affermava che “il catalano deve essere utilizzato normalmente come lingua veicolare e di apprendimento nell’insegnamento”. L’articolo non è stato contestato, ma il Tribunale ha osservato che deve essere consentito anche l’uso paritario del castigliano. In Italia si direbbe che si tratta di una sentenza giusta, progressista, inevitabile. Tant’è vero che anche il cronista sportivo del “Manifesto” la esalta, così come apprezza che i giocatori in maglia rossa si rivestano dei colori asburgici della Spagna e non delle bandiere delle Comunità a cui appartengono. Bravo Iniesta, cattivo Puyol che si avvolge con i colori catalani. Diverso invece il punto di vista in Spagna. La sentenza del Tribunale Costituzionale è stata accolta con malcelato fastidio da Zapatero e dal governo socialista. José Montilla presidente della Generalitat, il Governo catalano, esponente del Partito Socialista della Catalogna, ha dichiarato la sentenza del Tribunale “irresponsabile” e provocatoria, perché emessa a distanza di 4 anni dal ricorso e proprio alla vigilia della grande manifestazione indetta a Barcellona a difesa dello Statuto. Maria Teresa Fernandez de la Vega, vicepresidente del Governo spagnolo e una delle figure più autorevoli della Spagna attuale, ha dichiarato di rispettare il punto di vista del Presidente catalano e ha accusato il Partito Popolare di soffiare sul fuoco usando il tema dell’”unità nazionale” in modo demagogico, per dividere e non per unire gli spagnoli. Perché il fatto, che certamente sorprenderà gli italiani, è questo: la conquista di forme di autonomia amplissime, al limite dell’indipendenza, da parte delle Comunità che formano lo Stato spagnolo, talvolta, come in Andalusia, in violazione della Costituzione, ma senza che nessuno facesse ricorso (allora governava il Partito Popolare), è considerato uno dei risultati più importanti ottenuti dalla giovane democrazia spagnola. Una conquista che ha consentito di reggere per decenni l’assalto del terrorismo assillante dell’ETA. “Conquistare per mezzo dell’autonomia una nuova coscienza dell’unità politica della Spagna”, questo il fondamento della politica progressista. L’editoriale del Pais, il giornale più autorevole della sinistra spagnola, parla di “sentenza mediocre”. Intanto ricorda che il concetto presente nella Costituzione votata 32 anni fa alla caduta di Franco, quello dell’”indissolubile unità della nazione spagnola”, fu imposto ad Adolfo Suarez dalle pressioni della cupola militare, una parte della quale poco tempo dopo avrebbe tentato il golpe Tejero. Il giornale richiama il parere dell’unico Giudice “progressista” del Tribunale Costituzionale che, opponendosi al parere della maggioranza, considera “ottocentesco” il punto di vista dei suoi colleghi “come se l’era della globalizzazione, le sovranità condivise, le integrazioni sovranazionali e la trasformazione dei vecchi Stati-nazione non toccassero per niente la Spagna. ”Chi osserva le vicende spagnole con interesse, come tanti fanno in una Sardegna che da quel popolo, dalla sua lingua e civiltà, è stata profondamente influenzata, e le confronta con quelle italiane, non può che sorprendersi. Il rapporto tra il tutto e le parti che lo compongono è in Italia letteralmente l’opposto. L’unità è il totem intoccabile, elemento costitutivo del nazionalismo italiano. Un nazionalismo condiviso dalla destra e dalla sinistra. C’è un fondo di “idem sentire”, a proposito della “nazione”, che renderà quasi naturale il prossimo incontro politico tra Gianfranco Fini e il centro-sinistra. Valga per tutte l’interpretazione della Grande Guerra, ancora oggi celebrata ogni anno nelle piazze come “quarta guerra d’indipendenza” e non ricordata come il macello imposto ai popoli da sovrani, governi e borghesie in lotta per spartirsi il controllo del mondo. Le conseguenze della crisi inevitabile dello Stato-nazione in versione italiana si vedono al peggio nell’azione politica della Lega Nord e in un governo delle regioni meridionali consegnato alle mafie. Non ci pare che esista un pensiero e una pratica politica che ne tenga il debito conto da un punto di vista progressista e di sinistra. Quanto alla Sardegna, non c’è tema che la sinistra detesti di più, e in questo Soru non ha fatto eccezione, di quello dell’aggiornamento dello Statuto autonomo della Regione. “Ma alla gente non interessa”, è capitato di sentir dire da un politico che ha poi approvato senza problemi la nascita delle 4 mini province, da 50.000 abitanti e almeno due capoluoghi ciascuna. Provvedimento la cui attuazione invece “la gente” doveva aspettare con ansia.
16 Luglio 2010 alle 14:57
Da quando in qua El País è “il giornale più autorevole della sinistra spagnola”? È da anni che la sinistra -cioè tuttò ciò che non è il liberale e liberista PSOE- ha smesso di leggere questo quotidiano favorevole alla precarizzazione del lavoro e alla riforma delle pensioni portate avanti da Zapatero, alla guerra di Afganistan, nonché artefice della peggiore campagna mediatica e politica contro i governi di Chavez e Morales per il fatto che il gruppo editoriale de El País, “PRISA”, è un forte azionista della compagnia REPSOL, il cui controllo sul petrolio e gas venezolano e boliviano è stato cancellato dai due governi sudamericani.
Prego l’autore di informarsi meglio e, se vuole davvero avere un punto di vista di sinistra, di consultare “rebelion.com”, “sinpermiso.info” o il quotidiano “Público”. Ne trarrà un grande vantaggio.
17 Luglio 2010 alle 20:36
“El Paìs”, 17.07.
Junto con la economía, el Estatuto de Cataluña ha monopolizado buena parte del discurso de Zapatero. El líder socialista ha pedido a su partido que “juegue como siempre ha hecho en la historia” y que apueste por “fomentar la unidad entre todos los españoles, piensen lo que piensen”. El PSOE ha sido, según Zapatero, un partido que “escucha las sensiblidades que pueda haber en Cataluña” y se ha demostrado capaz de gestionar las dificultades, las diferencias y los desencuentros para recuperar la aproximación, el entendimiento y la confianza. “Se puede hacer y lo vamos a hacer”, ha añadido el líder del PSOE, quien se ha mostrado convencido de que Cataluña desplegará su autogobierno con el Estatuto . Zapatero ha subrayado que “despejarán las incógnitas que algunos tienen en Cataluña respetando la Constitución y con sentido de convivencia”. “Para nosotros la buena convivencia en el seno de España es inseparable del respeto a la identidad de nuestras comunidades”, ha subrayado el presidente del Gobierno para quien cualquier otra visión “sólo hace que generar desafecciones y, a medio plazo, separar”. Ha defendido que la Constitución es un modelo “adecuado y útil” que ha servido y sirve a un fuerte desarrollo del autogobierno y al principio de una España común y fuerte, capaz de garantizar la vertebración e igualdad de derechos de todos los ciudadanos. Para Zapatero, la prueba más evidente del potencial y la fuerza de la Carta Magna es el proceso de descentramiento.
18 Luglio 2010 alle 07:42
Per una visione meno oleografica -e di sinistra- del processo di revisione dello Statuto d’Autonomia e della politica catalana si veda:
1) Articolo di Gregorio Moran su “La Vanguardia” 17/07/2010:
http://elcomentario.tv/reggio/un-cierto-rubor-ajeno-de-gregorio-moran-en-la-vanguardia/17/07/2010/
2) Articolo di Jordi Bestit su “Rebelion”, 11/07/2010.
http://www.rebelion.org/noticia.php?id=109449