Economia di morte
1 Maggio 2009
Valeria Piasentà
L’8 Aprile le Commissioni Difesa del parlamento hanno approvato l’acquisto di 131 velivoli invisibili di attacco aria-suolo F35 della Lockheed Martin (Texas-USA), per una spesa di oltre 13 miliardi di euro. Il 30 Maggio dalle 15 si terrà a Novara una manifestazione contro l’assemblaggio e l’acquisto degli F35, aerei a testata nucleare progettati non per la difesa ma per l’invasione e la guerra preventiva. Sono costosissimi e potranno dotarsene solo le nazioni più ricche in Europa e gli USA, la Turchia, il Canada, l’Australia, Israele e poche altre. (approfondimenti in: www.nof35.org). L’unico stabilimento europeo è in Italia, settimo Paese produttore di armamenti nel mondo; si è aggiudicato l’appalto Alenia Aeronautica del gruppo Finmeccanica, una potenza nella lobby dei costruttori di armi. Gli F35 saranno assemblati negli hangar dell’aeroporto di Cameri, a sette chilometri da Novara, posto in un asse che unisce geograficamente varie basi militari del nord strategicamente schierate di fronte al Medio Oriente. L’aeroporto è al limite del Parco Naturale del Ticino, e ci capiterà in pieno qualora si ampli, come previsto, la fascia di pre-parco. Una zona riconosciuta dall’Unesco “Riserva della biosfera”, e che continua a essere sfregiata: sulla sponda opposta, fra Lonate Pozzolo e Somma Lombardo, le piste di atterraggio e le infrastrutture di Malpensa sono state ampliate senza condurre adeguate Valutazioni di Impatto Ambientale e Strategico (VIA e VAS); e i cantieri della TAV sono diventate discariche abusive, dove la malavita organizzata ha seppellito rifiuti tossici. Proprio qui, dove una parte politica pretende demagogicamente di essere “padrona in casa propria”, senza neppure considerare i problemi di sicurezza che l’impianto creerà. Proprio in quella profonda e verdissima valle del fiume azzurro residuo della foresta medievale allora infestata da animali feroci, pericolosa per chi l’attraversava da Milano verso la Francia. Un fiume che dalla cultura protostorica di Golasecca (celtica, insediata intorno a Malpensa) al porto romano di Bornago (fra Cameri e Bellinzago) e fino al medioevo e oltre, costituiva una grande strada per il commercio del centro Italia con il nord dell’Europa. Costeggiato in territorio pavese dalla via Francigena, conosciuta dall’876, che conduceva i pellegrini da Santiago di Compostela a Roma e a Gerusalemme. Una valle mitica e carica di storia, nei secoli percorsa da personaggi talvolta eccentrici: eretici, ‘camminanti’, cercatori d’oro (come ci racconta Lucilla Giagnoni nello struggente spettacolo Acquadoro, tratto da L’oro del mondo di Vassalli), partigiani che scendevano dalla Valsesia e dall’Ossola. Una storia utile alla costruzione dell’identità padana, tanto sbandierata da quegli stessi leghisti grandi sostenitori di Malpensa come del progetto di Alenia.
Quella degli F35 è una questione politica. E come si comporta la politica locale? Il Comune di Novara (FI-Lega coi parlamentari Nastri, Cota, Mancuso) ha entusiasticamente sbandierato fantasmagoriche ricadute sull’occupazione giovanile locale, non verificabili e di certo non proporzionate all’esborso di capitali: a oggi sono stati assunti 100 ingegneri campani, con contratto a termine. La Provincia di Novara fa parte del Coordinamento degli enti locali per la pace e in Statuto richiama l’articolo 11 della Costituzione. E sapete cos’è successo due anni fa? Marina Fiore (PdCI), assessore alla Cultura con delega alla Pace, dichiarò di opporsi al progetto e il Presidente della Provincia, Sergio Vedovato (Pd), gli ha tolto la delega, minacciato di farla decadere dalla carica e la Provincia ha sfiorato la crisi. Ma l’assessore è tenace, e nel dicembre 2007 a Roma ha presentato la sua posizione al congresso costituente di Sinistra Arcobaleno. Il 6 e 7 Giugno a Novara si eleggerà il consiglio provinciale: sarà interessante verificare come voteranno i novaresi e gli abitanti dei paesi interessati. E il mondo cattolico, sempre sotto l’attacco dei governanti locali di Lega e Forza Italia (vedi questione Caritas), come nel febbraio 2007 quando i vescovi del Piemonte hanno espresso un forte dissenso al progetto: “la produzione di armamenti non sia da considerare alla stregua di quella di beni economici qualsiasi ed è per questo motivo che, oltre ai principi etici applicabili all’economia, occorre tenere conto di altri principi più specifici in rapporto alla natura stessa di tali strumenti di distruzione… Scienza e tecnologia devono essere poste al servizio della vita e non della morte!”. Quella degli F35 è una questione economica. Ci costeranno almeno 13 miliardi di euro (già s’ipotizza di sfiorare i 30) da sommare all’alta spesa preventivata in Finanziaria per la Difesa. Quante scuole si potrebbero mettere a norma con i fondi risparmiati per ogni F35? quante case costruire per i terremotati dell’Abruzzo? quanti contratti di lavoro precari trasformare in definitivi? Quanti ammortizzatori sociali attivare? e quanti tagli si potrebbero evitare all’istruzione, alla cultura, ai teatri e al FUS? Ma queste ultime sono attività molto pericolose nell’immaginario dei nostri governanti perché costruiscono coscienza critica e conoscenza, che metterebbero l’elettore cliente-della-politica nella condizione di comprendere gli atti dei suoi padroni-governanti oltre le loro strategie di marketing. Quella degli F35 è una questione culturale. Ma la classe dirigente italiana, in una fase d’inquietante declino, non sa e non vuole ascoltare la coscienza critica dei suoi intellettuali, anzi: la disprezza. A Vicenza, fra le iniziative organizzate dal movimento No Dal Molin, la Fattoria artistica Antersass di Alberto Peruffo con Mario Rigoni Stern ha attivato una richiesta per far uscire la città del Palladio dall’elenco dei siti UNESCO. (www.antersass.it/frontedellacultura/) Si può proporre anche per il Parco del Ticino? e con quali modalità? E poi: perché l’Ente Parco non ha ancora sentito la necessità di esprimersi con un documento o richiedendo una VIA? E’ possibile anche avviare un momento di riflessione: proviamo a declinare la teoria del filosofo Bourdieu alle nostre contingenze e proporre una economia dei beni simbolici (la cultura e l’arte) in alternativa all’economia del capitale. Per esempio: facendo uscire dal computo del PIL il comparto industriale degli armamenti, visto che non producono ricchezza ma distruzione, negazione di civiltà, morte e devastazione del territorio; a differenza della cultura e dell’arte, della storia e dell’architettura che costruiscono la civiltà dell’uomo producendo vita e sviluppo e speranza. Che nel PIL dovrebbero entrarci a ben maggior diritto.