Elezioni regionali e non solo
22 Febbraio 2014Gianfranca Fois
Se non fosse per l’alta percentuale delle astensioni (48%) potrei dire di essere soddisfatta per come sono andate le elezioni in Sardegna. Non solo perché è stato sconfitto Ugo Cappellacci che per cinque anni non ha governato la Sardegna, nel senso che nessuna iniziativa, nessun programma, degno di questo nome, è stato varato in tutto questo tempo, col risultato che la Sardegna si trova in uno stato di crisi paurosa a tutti i livelli, ma anzi si è proceduto a vantaggio di interessi privati o in un’ottica assistenzialistica che non solo non risolve i problemi ma anzi ne crea nuovi. E’ indubbio che questo modo di procedere infatti genera nelle persone atteggiamenti da sudditi non certo da cittadini consapevoli dei propri diritti abbassando così la qualità democratica della nostra società.
Sono soddisfatta perché queste elezioni hanno messo in evidenza due personaggi coraggiosi: Michela Murgia e Francesco Pigliaru.
Perché coraggiosi? Cominciamo dal vincitore, Pigliaru ha mostrato il suo coraggio accettando di guidare la coalizione di centro-sinistra nonostante il compito, se eletto, di far uscire la nostra isola dalla terribile condizione in cui il “governo” Cappellacci l’ha trascinata, facesse tremare “le vene e i polsi” e nonostante la situazione, soprattutto del PD, fosse difficile, complessa e in mano a persone non tutte limpide e capaci e che in questi 5 anni hanno fatto ben poca opposizione nel Consiglio regionale.
Penso che Pigliaru abbia accettato soprattutto per senso del dovere nei confronti della collettività e così ci ha dato la possibilità di apprezzare un uomo pacato, dal linguaggio misurato e razionale, ben lontano da atteggiamenti smargiassi o volgari a cui ci ha abituato la politica nazionale. Insomma un uomo, preparato e capace, che incarna un po’ il carattere dei Sardi.
Possiamo essere o no d’accordo con le sue idee ma il coraggio e un modo di fare corretto e rispettoso , che non è solo forma perché la forma è anche sostanza, glielo si deve riconoscere.
Michela Murgia invece non ha vinto ma sono contenta che abbia partecipato alle elezioni perché anche lei è un esempio di coraggio, è una donna che si è cimentata con la politica portando modi nuovi di rapportarsi con gli elettori e con i problemi sardi, purtroppo per i meccanismi di una legge elettorale antidemocratica, approvata nel 2013, che priva della rappresentanza elettorale il 15 per cento circa dei Sardi (gli elettori di Michela Murgia, 10%, più gli elettori di Mauro Pili, 5%) non potrà accedere al Consiglio regionale e questo è un peccato perché sicuramente sarebbe stata di pungolo all’azione di governo della giunta Pigliaru.
Infatti Michela Murgia ha sempre avuto il coraggio del dissenso assumendosene la responsabilità, atteggiamento raro nel linguaggio maschile della politica fatto proprio anche da molte donne e, inoltre, il suo programma, su cui si può essere o no d’accordo, ha comunque il merito di essere ad ampio raggio, pur se legato al nostro territorio, e di essere proiettato nel futuro. Spero perciò che questi due personaggi riescano ad uscire un po’ fuori dagli schemi in cui molti, forse anche essi stessi, vorrebbero imbrigliarli e possano confrontarsi e collaborare.
Per finire vorrei riflettere su due aspetti collegati e intrecciati fra loro che hanno colpito me, cittadina comune, e non solo me: le donne nella politica e il linguaggio.
Concordo con quanto è stato scritto da più parti, lo scontro fra Letta e Renzi è stato uno scontro tra maschi per maschi, con un linguaggio degno della peggior tradizione maschile italiana. In questa situazione le donne hanno fatto un passo indietro, non hanno partecipato non perché hanno rifiutato i modi dello scontro, come sarebbe stato auspicabile, ma perché aspettano che il maschio vittorioso le premi con incarichi e visibilità.
D’altra parte nei discorsi della maggior parte delle donne politiche è il linguaggio maschile che viene utilizzato così come la loro attività politica si muove quasi sempre nel solco dei compagni di partito. Sappiamo bene che le parole non sono neutre ma sono, chiedo scusa per l’estrema semplificazione, specchio di ciò che siamo e pensiamo.
Non è un caso così che le poche donne che in politica hanno cercato di assumere linguaggi e atteggiamenti differenti siano state prese di mira dagli uomini e, ahimè, anche da molte donne. Penso ad esempio a quanto scritto a proposito di Laura Boldrini sui giornali (vedi ad esempio l’articolo di M.L. Rodotà sul settimanale Io donna del Corriere della Sera) o sui social network in cui si sbeffeggia il, supposto, carattere della Presidente della Camera, il modo di vestire, la sua vita privata, peraltro del tutto anonima. Lo stesso è avvenuto per la Ministra Kienge e per Michela Murgia. Mi ha colpito il livore e l’antipatia cui è stata fatta oggetto quest’ultima soprattutto da parte di donne che in altre occasioni ostentano atteggiamenti femministi e chiedono quote rosa. Nessuna critica politica ma solo attacchi personali mentre erano di gran lunga meno numerosi i commenti critici su Cappellacci. Insomma come si vede da questi tre esempi dà fastidio a molte/i una donna che porta avanti in modo determinato le proprie idee, è ancora molto lungo in Italia il cammino per la reale libertà delle donne.