Emergenza casa
16 Gennaio 2015Gianfranca Fois
Ogni giorno in Italia mediamente vengono eseguiti 140 sfratti. Con la mancata proroga del blocco degli sfratti presente nel decreto milleproroghe del dicembre 2014 diventano esecutivi circa 30.000 sfratti. Questo provvedimento interessa però solo famiglie con un reddito inferiore ai 27.000 Euro annuali o con la presenza al suo interno di anziani o di persone con disabilità. Famiglie quindi impossibilitate a trovare sul mercato un’altra casa, benché si sia costruito in modo esorbitante pochissimo spazio è stato dato all’edificazione di alloggi sociali.
In Italia infatti ci sono circa due milioni e mezzo di case sfitte e 700.000 famiglie nelle liste per l’assegnazione di case popolari. Nonostante ciò i prezzi degli affitti non scendono e si mantengono così elevati, anche nelle zone periferiche, da essere impraticabili per la maggioranza delle famiglie non solo quelle dei ceti più svantaggiati ma, con i disastri causati dalla crisi economica, ormai anche della classe media.
E’ una situazione drammatica che rischia di trasformarsi in una emergenza sociale.
Il ministro dei trasporti e infrastrutture Lupi, per giustificare la mancata proroga, ha affermato che “si tratta di uno strumento ormai superato” Sicuramente, ma allora ci si chiede perché nel frattempo nessuna alternativa sia stata predisposta.
Eppure si potrebbe prendere spunto da iniziative presenti in alcuni comuni italiani o in altri paesi europei.
Prendiamo ad esempio la Svezia, i Paesi Bassi e la Gran Bretagna: destinano alla costruzione o al recupero di alloggi popolari oltre il 3% del PIL, l’Italia con meno dell’1% riesce ad assegnare soltanto circa 1.000 case popolari all’anno.
Anche a Cagliari, pur non particolarmente interessata dalla mancata proroga, esiste il problema casa e è aumentato il numero degli sfratti, soprattutto per morosità incolpevole, cioè perché i cittadini non riescono più a pagare l’affitto, sia per la perdita del lavoro sia perché ormai anche da noi esistono gli working poor, lavoratori che pur avendo un lavoro guadagnano così poco da avere difficoltà a mantenersi.
Cominciamo con alcuni numeri: circa 1.000 famiglie hanno richiesto un alloggio popolare, ogni giorno a Cagliari ci sono 5 nuovi disoccupati, ogni anno la città perde 1200 abitanti, spesso giovani che emigrano fuori dalla Sardegna o cercano casa in paesi sempre più lontani a causa dell’esosità degli affitti.
Tutto questo significa che Cagliari si avvia ad avere una popolazione sempre più anziana, e una città di vecchi significa meno idee, meno progetti, meno innovazione meno apertura verso gli altri.
Per quanto riguarda il problema casa il consigliere comunale Enrico Lobina ha una serie di proposte, alcune delle quali già presentate in Consiglio comunale: 1) liberare le risorse AREA, azienda regionale per l’edilizia abitativa, da anni non si consegnano case popolari se non quelle, pochissime, liberatesi per il decesso dei vecchi proprietari 2) grandi progetti per la riqualificazione del patrimonio pubblico, comunale, regionale, demaniale, militare 3) interventi di miglioramento della vivibilità degli alloggi popolari ed eventuale riassegnazione agli interessati, infatti alcuni appartamenti sono sovraffollati altri sottoutilizzati 4) concludere progetti già avviati o nuovi come quelli di via Rossini, via Flumentepido, S.Elia e Mulino Becciu
Sono proposte che sembrano attuabili con una spesa sostenibile anche perché per alcuni esistono dei fondi già stanziati.
Inoltre, insiste Enrico Lobina, si tratta anche di prendere spunto da esperienze di altre città italiane, ad esempio Torino, o estere, ad esempio Bruxelles, di dar vita a progetti di autorecupero o di autocostruzione, di regolare, in attesa di nuove soluzioni, l’occupazione di edifici pubblici, anziché intervenire duramente con la cancellazione dalle liste dei cittadini delle famiglie che occupano la scuola di via Zucca o il taglio dell’acqua alle famiglia della vecchia scuola Mereu, si tratta di trovare soluzioni articolate nei modi e nei tempi per affrontare il problema casa.
Come dargli torto? Gran parte delle sue richieste del resto sono in linea con quanto raccomandato dalla Comunità europea o con le soluzioni adottate da altri Stati o regioni, o comuni.
Insomma Cagliari e i suoi amministratori devono decidere se vogliono effettivamente una città per tutti i cittadini, compresi gli immigrati e i cittadini del futuro. Si tratta di non inseguire interessi di privati che badano solo al proprio profitto ma integrare pubblico e privato concordando piani di intervento sia per l’edilizia che per gli affitti e gli spazi sociali così come avviene altrove. Ad Amsterdam, tanto per fare un esempio, un recente quartiere, costruito su due lunghi moli e quindi in pieno contesto urbano, ha previsto, grazie al dialogo tra architetti, enti pubblici e, soprattutto, grazie alla partecipazione popolare la divisione degli alloggi tra edilizia popolare, edilizia sovvenzionata e libero mercato. In Germania e Gran Bretagna pur nel rispetto della proprietà privata le autorità locali sono dotate di strumenti di pianificazione e governo del territorio che consentono il controllo pubblico.
*Immagine: Selandari, Il tesoro dei poveri