Energia, democrazia e diritti umani
24 Aprile 2019[Antonio Muscas]
L’energia da sempre rappresenta nella vita dell’uomo un elemento indispensabile; la scoperta e l’uso dei combustibili fossili ha condizionato nel bene e nel male la nostra esistenza, ha modellato le nostre società, determinato fortune e sventure di Paesi interi, comunità e singoli. Nascere in Regioni ricche di risorse quasi mai è stato un privilegio, molto più spesso si è rivelato per la maggioranza delle persone una condanna, poiché a trarne vantaggio sono sempre stati in pochi. Se per un verso i combustibili fossili sono stati il più importante e rapido motore di sviluppo della società moderna, per l’altro hanno prodotto le più ampie ed estese forme di discriminazione e diseguaglianza a livello locale e generale, interessando sia i Paesi produttori sia i ricchi, potenti e bellicosi Paesi sfruttatori. A controllare le fonti energetiche quasi mai sono infatti degli Stati in quanto tali, molto più spesso sono gruppi di potere o multinazionali, capaci sempre più di determinare le politiche di intere aree geografiche. Il solo fatto di essere nato o di vivere in un Paese ricco perciò non rappresenta in sé un vantaggio se l’uso delle risorse non è un diritto e si vive in una condizione di dipendenza, in balia di chi le risorse le controlla.
Riscaldamento, raffrescamento, illuminazione, produzione, preparazione, cottura e conservazione degli alimenti, approvvigionamento idrico, trattamento delle acque, trasporti, mezzi di comunicazione, dispositivi elettronici, strumenti di elaborazione e calcolo, rete internet e traffico dati, attività produttive, scuole, ospedali, ecc., qualsiasi attività umana, qualunque servizio, qualunque strumento utile alla nostra esistenza, al nostro benessere e svago, è in stretta connessione e dipendenza con l’energia. Una parte preponderante del nostro lavoro, del nostro tempo e del nostro profitto sono dedicati a ripagare i costi dell’energia che consumiamo. Ci svegliamo la mattina al suono di una sveglia digitale, accendiamo la luce, ci laviamo utilizzando acqua messa in pressione da un elettropompa, ci radiamo con un rasoio elettrico; a colazione beviamo un caffè preparato sulla fiamma del gpl o su una piastra a induzione, mangiamo una fetta di pane abbrustolito al tostapane; andiamo al lavoro in auto o con mezzi pubblici elettrici o alimentati a combustibile; al lavoro in ufficio utilizziamo computer, cellulari, stampanti, luci artificiali, riscaldamento, al lavoro in cantiere utilizziamo mezzi da scavo, trapani, martelli pneumatici; durante la pausa andiamo a prenderci un caffè preparato in una macchina elettrica; al rientro a casa, mangiamo cibi cotti al forno, al microonde o alla fiamma, guardiamo la televisione, e infine andiamo a letto; prima di chiudere gli occhi come ultima azione spegniamo la luce. Salvo pochissime e rare eccezioni, la nostra vita oggi non contempla attività in assenza totale di energia e anche quando non ne facciamo uso, il fatto stesso di indossare degli abiti realizzati nelle industrie tessili ci lega indissolubilmente ad essa.
Viviamo grazie all’energia e dell’energia siamo schiavi. É inimmaginabile per l’uomo occidentale farne a meno anche solo per poche ore.
Oggi, sono ancora i combustibili fossili la nostra fonte di salvezza e la nostra condanna, il nostro elemento vitale e al contempo letale, in un difficile, pericoloso e instabile equilibrio totalmente proteso verso il baratro.
E questa nostra dipendenza è l’arma con cui chi ha il controllo del fossile esercita il suo potere. Perché rinunciarci? Non c’è nessun interesse a renderci liberi e, per questa ragione, il suo reale e concreto superamento, anche se indispensabile, non rientra nella pratica nei programmi dei nostri governi. Non nel breve o medio termine almeno, e non certamente a totale beneficio della collettività. Nonostante gli accordi, i patti, i proclami e i piani strategici ufficiali, non c’è nessuna reale intenzione di limitare l’uso del fossile e abbatterne i consumi, figuriamoci sostituirlo con le rinnovabili. Le rinnovabili hanno una penetrazione compatibile con gli equilibri di forza tra le parti in competizione tra loro, anzi, come si è potuto constatare, dietro i grandi progetti di rinnovabile vi sono sovente le stesse società del fossile. A questo proposito, i continui black out elettrici prodotti da linee vecchie e obsolete, come anche denunciato da organizzazioni sindacali e operatori, danno evidenza dell’inadeguatezza del nostro sistema elettrico sul quale poco si sta investendo e che invece dovrebbe essere ammodernato e profondamente modificato per far fronte all’incalzare del rinnovabile.
Nel nostro futuro prossimo lo scenario che si prospetta è un proliferare di impianti di ogni specie, ognuno con la sua giustificazione. Prova ne sia la ripresa negli ultimi anni dei consumi di gas e petrolio e il conseguente incremento delle emissioni di CO2. Sono ritornati insistentemente in agenda diversi progetti di nuovi gasdotti per il trasporto del metano, presentato equivocamente come fonte energetica di transizione, ciò senza impedire il proliferare degli impianti di produzione di energia da fonte rinnovabile o presunta tale, grazie ai sostanziosi incentivi pubblici.
Liberarsi dalle dipendenze energetiche (fossili e rinnovabili) nei Paesi occidentali significherebbe aiutare i popoli oppressi a liberarsi dallo sfruttamento e dalla spoliazione delle risorse, significherebbe aiutare noi stessi a non dover sottostare al ricatto di chi, pur di soddisfare le proprie brame, ci costringe alle più stupide insensatezze e ci illude che tutto sia alla nostra portata.
L’avvento delle rinnovabili e l’autoproduzione, contenevano in sé questa idea, cosi come un uso più sensato, razionale, rispettoso e intelligente delle risorse. “Rinnovabile” è un termine ingannevole e abusato: anche le migliori soluzioni rinnovabili hanno un costo ambientale e una certa quota di irreversibilità, seppure minima rispetto al fossile. Per questa ragione rinnovabile e autoproduzione si devono necessariamente accompagnare a riduzione: dei consumi, degli sprechi, delle attività inneccessarie; anche attraverso le piccole azioni dei singoli individui, capaci, nel complesso, di incidere nel bilancio globale. Limitare gli spostamenti allo stretto necessario, impiegare di più i mezzi pubblici, non consumare cibo in eccesso, preferire i vegetali alla carne e i prodotti locali a quelli importati, usare lampade a basso consumo, fare la raccolta differenziata, gli acquisti consapevoli. Rappresentavano queste azioni il nostro patto sociale, il nostro impegno per un mondo più responsabile, equo e solidale. Oggi appaiono quasi inutili ideali, vaghi ricordi di un passato fortunatamente lontano, superato, grazie alle massicce campagne mediatiche, dalle belle pale eoliche con cui produrre enormi quantitativi di energia pulita, dai fantascientifici inceneritori capaci di “eliminare” ogni sorta di rifiuto, producendo energia ed esclusivamente bianco vapor acqueo. Secondo la nuova vulgata l’auto elettrica non sarà più un obbrobrio a due posti ma finalmente una supercar da 400 chilometri all’ora; mangeremo cibo biologico prodotto a migliaia di chilometri di distanza trasportato su navi cargo alimentate a pannelli fotovoltaici. La nuova era pare sia già arrivata seppure nella nostra vita, fatti salvi gli slogan e le bollette dei servizi energetici cresciute vertiginosamente negli ultimi anni, non se ne vede traccia.
Oggi più che mai, si rende necessaria un’adeguata riflessione sulla questione energetica, sullo scenario attuale e sui possibili scenari futuri. I numeri non danno tregua e mostrano la cruda realtà in tutta la sua evidenza. Certo, se analizzati singolarmente, i dati potrebbero offrire risultati lusinghieri sull’efficacia delle politiche energetiche. Ma, nel complesso, il quadro è a dir poco allarmante e senza molto spazio per le interpretazioni.
Di seguito saranno esposti i dati dei consumi energetici e i risultati di numerosi studi di settore da cui si è attinto a piene mani. Essendo la materia piuttosto complessa soprattutto nelle sue implicazioni, non si ha la velleità di trattarla in maniera esaustiva, si vuole piuttosto, partendo dal quadro complessivo dei consumi, far emergere degli aspetti spesso trascurati il cui peso invece è considerevole e meritevole di attenzione. Perciò alcuni argomenti sono stati trattati a titolo di esempio, molti altri sono stati tralasciati ma non perché meno importanti. Nell’esposizione si passerà dai dati generali per arrivare gradualmente allo specifico della Sardegna e ciò essenzialmente per due ragioni:
1 – avere chiari lo stato dell’arte, i processi e le dinamiche in corso a livello globale e a livello locale sardo, trovarne le relazioni e le peculiarità;
2 – individuare i piani prioritari di intervento generali e locali.
Se è vero infatti che in termini geopolitici alcune decisioni vengono prese a livelli per noi apparentemente troppo lontani è altrettanto vero che le regioni nel loro piccolo possono fare tanto e nel loro insieme sono capaci di essere determinanti. Bisogna comprendere in quale direzione muoversi, dotandosi degli strumenti adeguati, e in questo senso il presente testo vuole essere un contributo alla ricerca del nostro percorso.
Questo testo di Antonio Muscas introduce un’approfondita analisi scaricabile qui: