Ferragosto coloniale

17 Agosto 2024

[Graziano Pintori]

Mentre mi accingevo a sfogliare uno dei quotidiani sardi oppresso dall’afa ferragostana, con il livello dell’attenzione molto basso, sono stato scosso da alcuni titoli che primeggiavano sulla prima pagina del giornale che tenevo tra le mani.

Il primo articolo recitava:” Il Red Valley è pronto a far ballare la Sardegna”; al centro pagina un altro articolo: “tre milioni alla settimana per uno yacht in costa”. Ancora più in alto si legge: “Siccità – Todde vergogna il governo ignora l’isola”. I primi due articoli, avvalendomi di una prudente forzatura, così come sono stati presentati, a tutta pagina, hanno evidenziato una similitudine con la Cuba prerivoluzionaria, nota per lo sfavillio di luci, lusso spudorato e divertimenti di ogni genere per turisti americani e gangster di ogni risma.

Tutto in un cotesto in cui gli indigeni cubani erano scarsamente o per niente considerati, come oggi succede con i sardi che il terzo articolo del giornale, già citato, ne denuncia l’antinomia con gli altri due. In sintesi: l’articolo dice che i sardi subiscono, in questa torrida estate, oltre che gli infausti effetti della siccità, anche l’ostilità della politica nazionale. La quale elargisce finanziamenti per affrontare la crisi climatica alle regioni economicamente più forti, mentre, con un salto in alto da olimpiade, va oltre l’emergenza siccitosa che affligge l’isola e il meridione in generale.

Stando a quei titoli di giornale, il quadro che si presenta è una Sardegna che da un lato balla, ride, spende e spande senza misura, dall’altra una terra povera, umiliata e schiaffeggiata storicamente dalla rapacità del capitalismo, dal militarismo coloniale e poi, più recentemente, dal costante clima vacanziero caratterizzato dal divertimentificio estivo delle nostre coste. Dico questo perché, senza riportare i dati percentuali, ormai triti e ritriti, il rischio di povertà o di esclusione sociale è a livelli molto alti tra la popolazione sarda.

Basti pensare che più di un terzo degli isolani quotidianamente trova difficoltà a mangiare pasti dignitosi, difficoltà a curarsi adeguatamente, di vivere o avere abitazioni decorose e di istruirsi secondo i canoni di una società civile. Inoltre, lo sconvolgimento climatico e conseguenti periodi gravissimi di siccità che stanno opprimendo l’isola, non solo impoverisce le persone che li subiscono, ma inevitabilmente anche le coltivazioni, i boschi, i laghi, le falde acquifere, le attività umane e la fauna in generale. Nei fatti: è depauperato l’intero ecosistema e, di conseguenza, l’equilibrio del paesaggio che ne deriva.

È sotto gli occhi di tutti che la Sardegna soffre in forma acuta questa condizione causata dalla crisi climatica, che nel breve o medio periodo favorisce crisi socio economiche molto gravi. Condizioni queste che costringono i responsabili della politica locale ad assumere provvedimenti emergenziali, come quello di proclamare lo stato di calamità naturale per indurre il governo nazionale a farsi promotore di azioni e finanziamenti eccezionali, con lo scopo di arginare gli inevitabili effetti negativi che si ripercuotono sulle persone e sulle cose.

Come già visto, però, il governo centrale ha risposto picche alla risoluzione presentata dalla RSA. Non solo, ma la destra al governo, tesa verso una politica anticostituzionale – vedi premierato e autonomia differenziata – aveva respinto anche la moratoria che la Regione Autonoma della Sardegna aveva presentato per fermare la colonizzazione del paesaggio sardo da centinaia di progetti per lo sfruttamento dell’aria, della terra, del mare per fini energetici.

Ovviamente si tratta di progetti presentati alla rinfusa dalle multinazionali e presumibilmente dall’imprenditoria mafiosa, che, come in una distopia, vorrebbero sostituire i nostri boschi con le torri energivore, i nostri pascoli con i pannelli fotovoltaici, i nostri mari sbarrati dalle torri d’acciaio per non essere più corridoi per gli uccelli migratori, per il passaggio dei grandi cetacei, per non essere più luoghi di pesca. Questo pensiero assurdo è anche frutto della logica politica del governo centrale, più che determinata a contrastare, con scienza e coscienza, le scelte e le richieste del governo isolano, piuttosto che contrastare l’invasione delle cosiddette pale eoliche, che offendono profondamente l’ambiente, il paesaggio sardo e l’economia con relative attività umane.

Davanti allo scempio climatico in generale che si sta delineando, il popolo sardo pare reagire con determinazione anche contro la superficialità politica e ambientale del governo. Il fermento tra il popolo si sta manifestando con forme civili di protesta, come la raccolta di firme per i referendum che si oppongono all’Autonomia Differenziata e allo sciacallaggio energetico che si sta consumando contro la volontà dei sardi.

C’è da augurarsi, in caso di manifestazioni, che le stesse non siano criminalizzate come forme di resistenza a pubblico ufficiale, in considerazione del fatto che la nuova legge sulla sicurezza considera la semplice opposizione passiva penalmente perseguibile. Un modo autoritario della destra per limitare il diritto dei cittadini alla contestazione delle attività dello stesso governo, impregnate, fra l’altro, di pelosa retorica sulla sicurezza, sull’inasprimento delle pene, sulla prevenzione della violenza politica, che, di fatto, non esiste, e così via.

Come a dire che si sta disponendo uno scenario in cui anche il diritto alla contestazione del cittadino con atti di disobbedienza civile o di resistenza passiva al pubblico ufficiale, nell’esercizio delle sue funzioni, sono catalogati come atti di violenza, perciò penalmente perseguibili.

Mi chiedo: lo sciacallaggio energetico, l’indifferenza dimostrata nei confronti della richiesta per fermare gli effetti della siccità, la prevaricazione contro la Costituzione, non sono da considerare atti violenti contro la democrazia e le comunità?

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