Festa con i Rom
16 Giugno 2008Elvira Corona
“Incontrare e conoscere i Rom è l’unico vero antidoto alla paura”. Questo il pensiero degli organizzatori della festa che sabato 7 giugno ha animato i giardini di via del Redentore di Monserrato. Festa, tengono a precisare non manifestazione, anche se l’intento è stato quello di dimostrare tutta la solidarietà possibile a un popolo che negli ultimi tempi è vittima di una criminalizzazione totale. E il clima era davvero festoso, gli abitanti dei campi nomadi dell’hinterland cagliaritano, hanno voluto condividere con il popolo sardo – che li ospita da più di vent’anni – una serata in allegria, condividendo le loro musiche, canti, balli, ma anche le loro paure.“Siamo qui per mostrare a tutti chi siamo, noi siamo zingari – dice uno degli abitanti del campo allestito non lontano dalla Ss 554, tra Monserrato e Dolianova – siamo bosniaci arrivati qui per lavorare”. Il suo nome preferisce che non venga scritto, ma il suo viso – provato dal tempo e dalla vita – è sereno. Capelli e baffoni castani e occhi azzurri, è difficile stabilirne l’età, appena si stabilisce un clima di fiducia (i giornalisti negli ultimi tempi li spaventano), arrivano anche le donne, con gli abiti e i gioielli della festa. Si vogliono raccontare, far capire a tutti che loro non sono dei criminali. “Dicono che noi rubiamo i bambini. Io ho 6 figli e ne posso fare anche altri perché dovrei rubarli?” Dice infastidita una di loro, poi aggiunge orgogliosa: “I miei figli vanno tutti a scuola, almeno fino alla terza media, qui possono farlo, noi veniamo via dalla Bosnia. Durante la guerra, la nostra casa è stata distrutta, siamo dovuti andare via. Anche i miei parenti sono tutti sparsi per l’Europa. Noi non abbiamo paura di nessuno e non vogliamo fare paura a nessuno”. Un’altra delle donne invece tiene a sottolineare che loro non sono rumeni: “noi siamo Rom, zingari ma non c’entriamo nulla con i rumeni”.Altra questione spinosa che proprio non va giù ai Rom sono le generalizzazioni: “ Io non so perché quando qualcuno sbaglia ci passiamo sempre tutti – commenta un altro abitante di uno dei campi – se uno combina qualcosa che non deve combinare è lui che deve pagare il suo conto”. Il riferimento è chiaro, il tragico episodio di Tor di Quinto dello scorso novembre ha peggiorato la situazione per i Rom, tutti. E gli ultimi provvedimenti governativi – che molti dei cagliaritani venuti alla festa per i Rom non esitano a definire vicini a quelli razziali del ventennio – lo dimostrano. Molti però dimenticano che il presunto colpevole dell’omicidio della signora barbaramente uccisa è stato individuato grazie alla segnalazione di una ragazza Rom. Ma quello che contava allora era mettere l’accento sull’etnia del cattivo.Da allora niente è più lo stesso, è iniziata una vera e propria campagna mediatica che tende a enfatizzare solo i crimini commessi da queste persone, come se in Italia fossero solo loro a delinquere. Si parla di percezione di insicurezza più che di fatti reali e su questa percezione è stata creata un’emergenza ancora molto discutibile. Proprio su questa poi si è concentrata anche la campagna elettorale, che ha premiato chi propagandava misure più dure contro queste persone, non tanto pene più severe e certe per crimini. Dalle proposte ai fatti; il mese scorso viene varato il decreto sicurezza che prevede l’aggravante per chi commette un reato se si trova in condizione di clandestinità. In questo clima di caccia all’uomo anche in Sardegna – nonostante gli stessi Rom la definiscano ancora un’isola felice – lo scorso 20 maggio sono scattati i blitz in 16 campi nomadi che hanno impegnato 800 uomini dell’arma dei carabinieri. Controlli di routine e “nessuna caccia al nomade” ha voluto precisare il comandante regionale dell’Arma, Carmine Adinolfi, ma buttare giù dal letto le persone alle quattro del mattino e l’utilizzo perfino gli elicotteri non sembra essere cosa da tutti giorni. “I nostri documenti erano in regola, ma i bambini sono quelli che si sono spaventati di più – racconta una giovane mamma a proposito del blitz – che bisogno c’era di venire alle quattro del mattino e con gli elicotteri?”Ai giardinetti si chiacchiera, come si fa tra amici che hanno bisogno di aiuto, i bambini corrono di qua e di là mentre gli adulti scambiano idee e opinioni. “Siamo qui per capire meglio – dice Francesca Ghirra – è assurdo che si scarichino sugli immigrati i problemi che ha l’Italia”. Sulla stessa linea Giancarlo Carboni: “gli immigrati vengono usati come capro espiatorio per il malessere che c’è nel paese, è più semplice prendersela con quelli che sono stati sempre discriminati. I problemi dell’Italia sono altri, e poi è paradossale che gli stessi che utilizzano la manodopera straniera per lavori che gli italiani ormai non vogliono fare più, poi, faccia le battaglie per mandarli via”. Per Pierluigi e Mattia due ragazzi cagliaritani, è importante essere alla festa: “ è necessario far vedere che c’è anche chi non ha paura” dice il primo, “e che la realtà è diversa da quella che si legge nei giornali” aggiunge il secondo.Secco il commento di Barbara una delle persone che si è adoperata per realizzare la festa, lei conosce molti dei Rom presenti a Cagliari e li frequenta abitualmente: “Bisogna combattere la povertà non i poveri”. Anche Massimo Coraddu è uno dei ragazzi che si è impegnato per la riuscita della festa e a fine serata è entusiasta: “Sono soddisfatto perché questa festa ha permesso anche di stabilire dei legami personali tra gli abitanti dei vari campi che ci sono qui nei dintorni di Cagliari. Ora vogliono organizzare altre iniziative insieme, sempre con l’obiettivo di farsi conoscere ed evitare le discriminazioni immotivate”.Ingombrante l’assenza di istituzioni e chiesa, che dovrebbero essere sempre in prima fila nelle iniziative a difesa dei più deboli, ma sono lontani i tempi in cui Papa Giovanni XXIII diceva: “Quando incontro qualcuno non gli chiedo da dove viene. Non mi interessa. Gli chiedo dove va. Gli chiedo se posso fare un pezzo di strada insieme a lui”.