Festarch
15 Luglio 2007Pubblichiamo volentieri due contributi sull’evento del FestArch e sul tema del recupero delle aree degradate. Siamo convinti che le riflessioni possibili siano preziose per approfondire il dibattito sulle aree dismesse e la natura dei recuperi conservativi, mantenendo una forte attenzione sulla nozione di bene comune e sulla sua difesa (come è successo per la tentata vendita delle aree minerarie). Temi centrali per la salvaguardia e lo sviluppo della Sardegna, sui quali servirebbe chiamare in causa energie culturali talora non viste dai grandi eventi.
Il festival di Cagliari
Felice Carta
Promosso dal Presidente Soru e annunciato come «momento di riflessione collettiva su esperienze e progetti che sono già in corso e che stanno trasformando la Sardegna in un epicentro mondiale dell’architettura contemporanea» si è svolto a Cagliari il primo festival dell’architettura in Sardegna. Ampia la partecipazione di maestri dell’architettura internazionale e del design: Zaha Hadid, Jacques Herzog, Rem Koolhaas, Mendes Da Rocha, Kengo Kuma, Massimiliano Fuksas, chiamati a riflettere sul rapporto tra architettura, paesaggio e società, con artisti e progettisti come Dan Graham, Wolf Prix, Enzo Mari, Yona Friedman, Edouard Glissant, Gabriele Basilico, Gianni Berengo Gardin, Hans Ulrich Obrist o scrittori come Lawrence Weschler e Daniele Del Giudice.
Il festival si è svolto all’interno della Manifattura Tabacchi, un notevole complesso architettonico urbano, al centro della città, ex struttura produttiva dei monopoli di stato, passata tra i beni dismessi alla Regione sarda. Numerose sale austeramente attrezzate per accogliere pubblico e mostre, circa 20 mila mq di spazi distribuiti tra capannoni e corti interne ancora esalanti aromi di tabacchi, macchine residuali e memorie di fatiche umane, un po’ falansterio, un po’ convento, stratificazioni ancora cariche di superfetazioni, certamente appetibile per la città affamata di spazi ed eventi culturali, prossima a divenire l’imprecisata fabbrica della creatività e dell’innovazione nel filone delle dismissioni creative. Grande partecipazione e curiosità, innegabile successo e persino entusiasmo tra i visitatori: giovani studenti, rappresentanti del mondo accademico, ex lavoratori e pensionati della Manifattura, alcune presenze e accenti stranieri, all’insegna della riappropriazione dello spazio unico e del non perdersi nulla. Qualche problema nel coordinamento, gestito da un comitato artistico diretto dall’architetto Stefano Boeri e dallo scrittore Gianluigi Ricuperati. Immagini coordinate e mediatiche perfettibili, festoni e manifestini, allestimenti non felicissimi, grafica e colori più assonanti con campagne fieristiche dei caterpillar piuttosto che col contesto ed i temi trattati. Tra gli eventi di rilievo il progetto di valorizzazione storico-naturalistica, fondato sulla tutela dell’ambiente e del patrimonio culturale, per la realizzazione del parco di Tuvixeddu presentato da Gilles Clement, teorico francese del paesaggio. Visioni alternative e di valenza strategica, immaginifiche per una città che si vorrebbe al centro dello scenario mediterraneo, ma coniugando sviluppo con salvaguardia dei valori culturali. Concetti ampiamente condivisibili ma che stentano a permeare programmi e indirizzi del ceto politico e imprenditoriale locale.
Impossibile seguire tutto in contemporanea, sarebbe stato utile uno sventagliamento asincronico delle opportunità; tematiche apprezzabili e presentazioni predisposte da giovani docenti dell’università locale hanno rischiato l’oscuramento per la ridondante attrazione di personaggi di peso internazionale. Entusiastica partecipazione per Mendes Da Rocha, il più mediterraneo degli ospiti, nella sua lezione un forte e sentito accento umanistico per l’architettura, ma essa è sfida dei saperi per superare i limiti di natura. Stupiscono le sue proposte per la città, come le torri per il campus universitario e il grande edificio a ponte tra i moli ad occidente, ricchi di influssi nimeyriani, più idonei per il loro gigantismo ai grandi spazi aperti di Brasilia, piuttosto che a scenari mediterranei di corrugati golfi e piccole rocche urbane.
Nelle pieghe di mostre e convegni, emergono sempre più giovani promettenti, con substrati culturali attenti e sensibili alla tradizione italiana ed al razionalismo nostrano. Una specie emergente e trasversale, prodotto nostro e di scuole di pensiero diverse, come Carreri (ricerche su Corviale) o Casamonti di Archea, diventano fenomeno creativo, ancora stretti nelle spire delle italiche procedure di affidamento degli incarichi che vedono agguerrite schiere di professionisti stranieri in prima fila.
Qualunque possa essere il giudizio di merito sulla qualità dei temi proposti, è auspicabile che l’iniziativa avviata abbia seguito e si faccia tradizione, depurandosi d’errori ed ingenuità. Uno è percepibile nel conflitto e nelle espressioni di protesta di territori e istituzioni per una esclusione dall’organizzazione e partecipazione all’evento, che non qualifica i comportamenti tra i migliori esempi di confronto sui contenuti alti dei saperi e marchia l’etica delle istituzioni. Sarebbe auspicabile uno sforzo sinergico di competenze ed esperienze diverse per evidenziare la varietà delle espressioni culturali, promuovendone le più giovani e promettenti.
Un altro aspetto riguarda la natura ed il temperamento delle iniziative presidenziali. Queste, pur collocandosi all’interno di un filone che attinge dalla cultura democratica e di sinistra, non sempre sono gestite all’interno di regole di condivisione e partecipazione e perciò riconducono anche gli autori più partecipi a meri spettatori in un gioco di competizioni ed esclusioni ove prevale il segno dell’autoritarismo! Alcuni analisti, molto realisticamente, assimilano questo meccanismo a degenerazioni di segno medioevale e prepolitico. Uno studioso cultore del pensiero gramsciano ricordava, in un recente convegno, il senso della figura del Principe nella evoluzione dal Macchiavelli alle democrazie moderne: sarà perciò ancora troppo estremistico pensare al Principe dei consigli e alla democrazia di istituzioni liberamente elette? E sono preferibili le cortigianerie che permeano strutture pubbliche e private sempre tentate da piaggerie compiacenti? Il dibattito procede e si preannunciano momenti di riflessione, anche perché il tempo corre inesorabile verso le prossime elezioni.