Figlio dell’uomo
1 Ottobre 2007Giovanni Oliva
Máskar e borori , “tra gli alberi di pino” così il gruppo di romá khorakhané che risiede da più di trent’anni ad Alghero chiama il luogo dove dimorano le famiglie ricche di bambini (il “campo nomadi” direbbero i gagé). Davide, lì nella pineta, figlio di proletari, vive da anni “uccel di bosco”. Quando era minorenne aveva una regolare carta di identità che poteva esibire. Compiuti i diciotto anni, non più.
Italiano, iure soli, declassato a straniero per cavilli, maggiorenne, per poter ottenere una carta d’identità dagli uffici dell’anagrafe, del luogo dove è nato ed è sempre vissuto, deve essere fornito di un permesso di soggiorno. Ma per ottenere un permesso di soggiorno deve poter esibire documenti d’identità validi, del suo paese d’origine, e dimostrare di avere un lavoro.
Ma Davide, non esiste per nessuna altra anagrafe che quella italiana. Non può esibire documenti d’identità se non quelli che gli può rilasciare lo stato italiano. Negandogli questi documenti la burocrazia italiana costringe Davide ad una esistenza fantasma. Senza documenti d’identità, senza patente, senza possibilità di un lavoro regolare, senza possibilità di una vita civile. “Uccel di bosco” in mezzo agli alberi.
Davide, la sua famiglia e i suoi amici si sono mossi per contestare l’evidente ingiustizia. Niente da fare, fin’ora. Bisogna aver pazienza e attendere.
Da anni è in corso una causa a Cagliari, presso il Tribunale Amministrativo Regionale. Finalmente, dopo tanto tempo è stata fissata un’udienza per il prossimo febbraio. Secondo gli avvocati Davide ha una buona probabilità di veder riconosciuto il suo diritto. Quest’anno si è interessato del suo caso anche il senatore Mauro Bulgarelli, che ha presentato un’interrogazione parlamentare (Atto n. 4-02093 Pubblicato il 5 giugno 2007, Seduta n. 160 – Ai Ministri della solidarietà sociale e dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare).
Nel frattempo Davide ha conosciuto Elisabetta romní (femminile di rom) di Porto Torres; secondo le usanze dei romá, sono ora compagni per la vita (una coppia di fatto direbbero i gagé). A Natale, in una baracca autocostruita máskar e borori, struttura ricettiva inclassificabile, presepe non autorizzato, è venuto al mondo il figlio di Davide, Stefano, povero, dio in terra, tanto atteso.
Non si può registrare all’anagrafe di Alghero. Troppe complicazioni. Meglio registrarlo a quella di Porto Torres come figlio di Elisabetta. Non avendo documenti validi, Davide non ha potuto finora sposarla ufficialmente. Davide, genitore italiano fantasma, senza una propria famiglia anagrafica. Un bel pasticcio, un bel imbroglio dei gagé (i legati alla terra con leggi, lacci e laccioli).
Stefano, figlio di un italiano iure soli, è (dovrebbe essere) da subito registrato come italiano. Ma dovrà attendere. A un anno dalla nascita, di pazienza dimostra di averne tanta.
Che abbia presente nel profondo della sua coscienza di figlio dell’uomo appena giunto sulla terra, dio libertario e liberatore, che tanto la terra non appartiene a nessuno? Che dovremmo viverci tutti da stranieri in mezzo a stranieri? Migranti fra migranti? Ovunque siamo, il regno dei cieli è fra di noi.