Il Governo nazionale impugna la legge forestale sarda davanti alla Corte costituzionale
1 Luglio 2016Stefano Deliperi
Dopo la legge regionale finanziaria 2016 con le sue norme eversive dei demani civici, il Governo Renzi ha impugnato (deliberazione Consiglio dei Ministri del 20 giugno 2016) davanti alla Corte costituzionale (art. 127 cost.) la legge regionale n. 8 del 27 aprile 2016, la legge forestale della Sardegna per violazione delle competenze statali esclusive in materia di tutela dell’ambiente (artt. 9, 117, comma 2°, lettera s, cost.).
Numerose le norme regionali contestate. Fra queste, in particolare l’art. 6, comma 4°, che sostanzialmente slega il piano forestale ambientale regionale dall’obbligo di osservanza del piano paesaggistico regionale (P.P.R.) in contrasto con l’art. 145 del decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i. (Codice dei beni culturali e del paesaggio), degradando “il ruolo del piano paesaggistico a mero indirizzo generale non cogente e non sovraordinato rispetto al piano forestale (rapporto di coordinamento, ossia mero collegamento e convergenza di scopo). Per tali motivi, la previsione in esame si pone in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione e con la norma interposta di cui all’art. 145, comma 3, del codice dei beni culturali e del paesaggio, che stabilisce che le previsioni dei piani paesaggistici non sono derogabili da parte di piani, programmi e progetti nazionali o regionali di sviluppo economico, sono altresì vincolanti per gli interventi settoriali e, per quanto attiene alla tutela del paesaggio, sono comunque prevalenti sulle disposizioni contenute negli atti di pianificazione ad incidenza territoriale previsti dalle normative di settore”.
La giurisprudenza costituzionale è costante nel riconoscere la preminenza del piano paesaggistico quale strumento di pianificazione sovraordinato e vincolante (es. sentenze nn. 182 del 2006, 180 del 2008, 193 del 2010).
Non solo. La Regione autonoma della Sardegna ha cercato anche di avere le “mani libere” (o le motoseghe libere) anche per quanto riguarda gli “interventi selvicolturali che modificano lo stato di fatto delle aree boscate prescindendo dall’autorizzazione paesaggistica”: infatti, l’art. 19, commi 2° e 6°, prevede il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica “solo per gli interventi di trasformazione del bosco”, mentre l’art. 149, comma 1°, lettera b, del decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i. esclude dall’obbligo di preventiva autorizzazione paesaggistica i soli interventi selvicolturali che non modificano lo stato dei luoghi.
Si tratta, per capirci, degli interventi previsti nei piani particolareggiati forestali nelle Foreste demaniali di Is Cannoneris e dei Tonneri, si tratta degli interventi di taglio boschivo in parte già effettuati e nel resto previsti nella Foresta demaniale del Marganai, oggetto di procedimento penale proprio per l’assenza di autorizzazione paesaggistica1.
Disposizione analoga della Regione autonoma della Valle d’Aosta è stata dichiarata incostituzionale con sentenza Corte cost. n. 238/2013, così come la sentenza Corte cost. n. 207/2012 ha dichiarato incostituzionale una norma della Provincia autonoma di Trento che pretendeva di disciplinare l’autorizzazione paesaggistica “semplificata” in difformità da quanto fatto a livello statale, ora operazione tentata anche dalla Regione autonoma della Sardegna per la “viabilità forestale” (art. 8, comma 3°).
L’associazione ecologista Gruppo d’Intervento Giuridico onlus, impegnata da sempre per la salvaguardia di boschi e foreste, evidenziando le ennesime disposizioni regionali sarde dannose per l’ambiente, esprime forte soddisfazione per la decisione governativa di rivolgersi al Giudice delle Leggi in difesa di norme e procedure di tutela del patrimonio forestale.
dal sito web istituzionale del Governo Italiano – Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per gli Affari regionali, le Autonomie e lo Sport deliberazione del Consiglio dei Ministri del 20 giugno 2016.
La legge in esame che detta una disciplina organica in materia forestale, eccede dalle competenze statutarie riconosciute alla Regione Sardegna dallo Statuto speciale di autonomia (l. Cost. n. 3 del 1948 ) relativamente alle norme sotto elencate per i motivi di seguito specificati.
Infatti, seppure la Regione Sardegna goda di competenza legislativa di tipo primario in materia di agricoltura e foreste; piccole bonifiche e opere di miglioramento agrario e fondiario , ai sensi dell’articolo 3, comma 1 , lettera d) , tale competenza , ai sensi della medesima norma statutaria deve attuarsi i n armonia con la Costituzione e i principi dell’ordinamento giuridico della Repubblica e col rispetto degli obblighi internazionali e degli interessi nazionali, nonché delle norme fondamentali delle riforme economico sociali della Repubblica.
1. La norma contenuta all’art. 6, comma 4, nel disciplinare il Piano Forestale Ambientale Regionale dispone che esso “ è coerente con il Piano di assetto idrogeologico (PAI) di cui alla legge 18 maggio 1989, n. 183 (Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo) e al decreto-legge 11 giugno 1998, n. 180, convertito in legge dall’articolo 1 della legge 3 agosto 1998, n. 267……., e coordinato con il Piano paesaggistico regionale (PPR) di cui all’articolo 135 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137), e successive modifiche ed integrazioni, con i Piani di bacino di cui all’articolo 66 del decreto legislativo n. 152 del 2006, e successive modifiche ed integrazioni, con il Piano faunistico venatorio regionale di cui all’articolo 19 della legge regionale 29 luglio 1998, n. 23 (Norme per la protezione della fauna selvatica e per l’esercizio della caccia in Sardegna), con il Piano energetico ambientale regionale (PEAR), nonché con i principali strumenti di pianificazione regionale.”
La norma regionale presenta profili di incostituzionalità nella parte in cui sminuisce il ruolo del piano paesaggistico rispetto al piano territoriale, in contrasto con le previsioni dell’art. 145 del codice dei beni culturali e del paesaggio. Ed invero, il testo normativo regionale in esame introduce una netta distinzione di rapporto tra il piano forestale e, rispettivamente, il piano di assetto idrogeologico e il piano paesaggistico. Rispetto al primo la norma regionale definisce il rapporto in termini di “coerenza” mentre rispetto al secondo (piano paesaggistico) la legge regionale definisce il rapporto in termini di “coordinamento”. Ora, dovendosi attribuire alla disposizione normativa il significato proprio delle parole adoperate dal legislatore (art. 12 delle preleggi), non può non osservarsi come i due termini sopra indicati presentino un significato molto diverso tra loro: nel linguaggio comune, al termine “coerente” viene dato il significato di : “che non è in contraddizione”; al termine “coordinato” si attribuisce, invece, il significato di: “collegato e diretto a un medesimo scopo”. Conseguentemente, risulta evidente che la legge regionale in esame, nel mentre costringe il piano forestale al rispetto del piano idrogeologico (rapporto di “coerenza”, ossia non contraddizione), viceversa dequota il ruolo del piano paesaggistico a mero indirizzo generale non cogente e non sovraordinato rispetto al piano forestale (rapporto di coordinamento, ossia mero collegamento e convergenza di scopo).
Per tali motivi, la previsione in esame si pone in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione e con la norma interposta di cui all’art. 145, comma 3, del codice dei beni culturali e del paesaggio, che stabilisce che le previsioni dei piani paesaggistici non sono derogabili da parte di piani, programmi e progetti nazionali o regionali di sviluppo economico, sono altresì vincolanti per gli interventi settoriali e, per quanto attiene alla tutela del paesaggio, sono comunque prevalenti sulle disposizioni contenute negli atti di pianificazione ad incidenza territoriale previsti dalle normative di settore.
La disposizione statale succitata costituisce norma di grande riforma economico-sociale, che si impone anche alle regioni dotate di autonomia speciale.
Invero, la Corte costituzionale, pur avendo più volte dichiarato l’illegittimità costituzionale delle norme regionali contrastanti il principio della “gerarchia” degli strumenti di pianificazione dei diversi livelli territoriali, espresso dall’art. 145 del d.lgs. n. 42 del 2004 (Corte costituzionale, sentenze nn. 182 del 2006, 180 del 2008, 193 del 2010), non ha, tuttavia, avuto occasione di qualificare espressamente la disposizione statale in questione come norma di grande riforma economico-sociale, essendo stata chiamata ad esprimersi soltanto in merito a leggi regionali emanate da regioni a statuto ordinario.
Nondimeno le numerose sentenze con le quali il Giudice costituzionale ha qualificato come norme di grande riforma economico-sociale le disposizioni del codice riguardanti l’elencazione dei beni vincolati ex art. 142 del codice e il regime dell’autorizzazione paesaggistica inducono a ritenere estensibile, per analogia, la stessa qualificazione alla disposizione di cui all’art. 145, comma 3, del codice, in quanto rispondente alla stessa esigenza di uniformità nella tutela dei beni paesaggistici.
Si ricorda, in proposito, che la Corte costituzionale, già con la più risalente sentenza n. 151 del 1986, (riferita alle disposizioni della cosiddetta «legge Galasso»), e, poi, con la sentenza n. 164 del 2009, resa, come la prima, nei confronti della Regione Valle d’Aosta, ha affermato la natura di norma di grande riforma economico-sociale della disposizione di cui all’art. 142 del d.lgs. n. 42 del 2004, relativa ai beni vincolati ex lege. Tale orientamento, proprio nei confronti della regione Sardegna, è stata confermato con la sentenza n. 210 del 2014, riguardante gli usi civici.
Inoltre, il Giudice costituzionale ha qualificato come norme di grande riforma economico-sociale le disposizioni statali riguardanti l’autorizzazione paesaggistica “che deve essere annoverata «tra gli istituti di protezione ambientale uniformi, validi in tutto il territorio nazionale» (sentenze n. 101 del 2010, n. 232 del 2008, 238 del 2013).
E’ dunque evidente che la stessa natura di norma di grande riforma economico-sociale deve essere attribuita quindi al citato art. 145, comma 3, del codice, che disciplina la gerarchia degli strumenti di pianificazione, atteso che la stessa Corte ha affermato che “l’impronta unitaria della pianificazione paesaggistica è assunta a valore imprescindibile, non derogabile dal legislatore regionale, in quanto espressione di un intervento teso a stabilire una metodologia uniforme nel rispetto della legislazione di tutela dei beni culturali e paesaggistici sull’intero territorio nazionale (Corte costituzionale, sentenze n. 180 del 2008 e n. 64 del 2015).2. La norma contenuta nell’art. 8, comma 3, prevede che “Gli interventi previsti all’interno del piano della viabilità forestale sono soggetti a procedure autorizzative semplificate nel rispetto della normativa vigente”. Essa risulta non in linea con il quadro giuridico nazionale di riferimento. E infatti, l’allegato 1 del regolamento riguardante il procedimento semplificato di autorizzazione paesaggistica (DPR n. 139 del 2010), nulla prevede sulla viabilità nei boschi che non è inclusa tra le diverse tipologie di interventi sottoposti a regime semplificato.
Vero è che lo schema di nuovo regolamento proposto dall’apposito gruppo di lavoro, istituito con il decreto ministeriale 8 gennaio 2015, al fine di dare attuazione alla previsione di cui all’art. 12, comma 2, del decreto-legge 31 maggio 2014, n. 83, come modificato dall’art. 25, comma 2, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, contiene norme di semplificazione in materia di viabilità forestale. Tuttavia, tale nuovo regolamento non è stato ancora stato adottato. Ne consegue che la disposizione di legge regionale in esame, ancorché in astratto coerente con il progetto di nuovo regolamento, risulta allo stato non conforme alla normativa statale vigente, che ancora non contempla nessun procedimento semplificato per il caso in questione.
Con la sentenza n. 207 del 2012, la Corte Costituzionale, decidendo in merito al conflitto di attribuzione sollevato dalla Provincia autonoma di Trento in relazione al d.P.R. 139/2010, ha dichiarato che spetta allo Stato disciplinare, anche nei confronti delle autonomie speciali, il procedimento semplificato di autorizzazione paesaggistica. Ciò in quanto la questione riguarda l’individuazione delle regole che disciplinano il rapporto tra la pubblica amministrazione e coloro che richiedono una prestazione rientrante in questo ambito. La Corte ha infatti affermato l’esigenza (comune, per gli argomenti sopra esposti, ai provvedimenti di semplificazione amministrativa, a prescindere dalla materia sulla quale vengano ad incidere) «di determinare livelli essenziali di prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, compreso quello delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome» (sentenza n. 207 del 2012).
La norma regionale quindi eccede dalle competenze statutarie della Regione andando a violare la competenza esclusiva dello Sato in materia di tutela dell’ambiente , dell’ecosisteme e dei beni culturali di cui all’articolo 117, secondo comma, lettera s) della Costituzione;3.La norma contenuta nell’articolo 19, comma 2, autorizza l’avvio di interventi selvicolturali che modificano lo stato di fatto delle aree boscate prescindendo dall’autorizzazione paesaggistica.
Il successivo comma 6 del medesimo articolo 19 prevede detta autorizzazione solo per gli interventi di trasformazione del bosco. Al riguardo, si osserva che tale previsione opera, in sostanza, un’indebita estensione con norma regionale della previsione di cui all’art. 149, comma 1, lettera b), del codice (che esclude, invece, dall’autorizzazione paesaggistica i soli interventi selvicolturali che non modificano lo stato dei luoghi). Essa risulta, pertanto, viziata da illegittimità costituzionale (cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 238 del 2013, con la quale sono state dichiarate costituzionalmente illegittime le disposizione della legge regionale n. 27 del 2012 della Valle d’Aosta che avevano individuato altre tipologie di interventi realizzabili in assenza di autorizzazione paesaggistica, al di fuori di quelli tassativamente individuati dall’art. 149, lettera a), del d.lgs. n. 42 del 2004).
per violazione della competenza statale in materia di tutela dell’ambiente e dei beni culturali dui cui all’art. 117, secondo comma lettera s) della Costituzione.4. La disposizione di cui all’articolo 44 prevede la costituzione di un Comitato territoriale con funzioni consultive e propositive, costituito dall’Assessore regionale competente in materia di ambiente, e da quattro rappresentanti indicati dal Consiglio delle autonomie locali, scelti tra i sindaci in carica nei comuni in cui siano presenti terreni amministrati dall’Agenzia forestale regionale. Il comma 5, in particolare, stabilisce che i componenti del predetto Comitato hanno diritto ad un gettone di presenza onnicomprensivo.
Il riconoscimento di un gettone di presenza di cui al suddetto comma 5 contrasta con le disposizioni in materia di contenimento della spesa pubblica. Infatti, con riferimento alla partecipazione dei Sindaci al suddetto Comitato, il Testo Unico in materia di enti locali di cui al dlgs 267/2000, all’art. 83, comma 2 prevede che gli amministratori locali non percepiscono alcun compenso per la partecipazione ad organi o commissioni comunque denominati se tale partecipazione è connessa all’esercizio della propria funzione pubblica. Per quanto riguarda poi la partecipazione dell’Assessore regionale al predetto Comitato, il D.L. n. 174/2012, nell’introdurre disposizioni per ridurre i costi della politica nelle Regioni, all’art. 2, comma 1 lett. d) prevede il divieto di cumulo di indennità o emolumenti, ivi comprese le indennità di funzione o di presenza in commissioi o organi collegiali derivanti dalle cariche, tra le altre, di Assessore regionale, prevedendo inoltre che il titolare di più cariche sia tenuto ad optare finché dura la situazione di cumulo potenziale per uno solo degli emolumenti o indennità.
L’art. 44, comma 5 della legge regionale in esame, pertanto, nel prevedere che i componenti del Comitato hanno diritto ad un gettone di presenza, contrasta con le suddette disposizioni statali e con i principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica di cui all’art. 117, terzo comma, Cost.Per questi motivi le norme sopra descritte devono essere impugnate ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione.
1 La giurisprudenza penale è chiara nel ritenere necessaria l’autorizzazione paesaggistica per tutti gli interventi che non rientrino nella nozione di “taglio colturale”. Recentemente la sentenza Cass. pen., Sez. III, 13 gennaio 2015, n. 962 ha ricordato che soltanto il taglio colturale per il miglioramento del bosco, rientrando nella previsione di cui all’art. 149 del decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i. (attività agro-silvo-pastorali), non necessita di preventiva autorizzazione paesaggistica. E’ giurisprudenza ormai costante: vds. Cass. pen., Sez. III, 29 settembre 2011, n. 35308; Cass. pen., Sez. III, 13 maggio 2009, n. 20138; Cass. pen., Sez. III, 25 gennaio 2007 n. 2864; Cass. pen., Sez. III, 11 giugno 2004, n. 35689. Il taglio del bosco e la successiva aratura del terreno comportano la commissione del reato di cui all’art. 181 del decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i. (Codice dei beni culturali e del paesaggio).