Helgoland di Carlo Rovelli

16 Novembre 2020

[Roberto Paracchini]

Chissà se senza quell’allergia il destino delle scienze e, quindi, anche del mondo avrebbe potuto essere diverso?

Ma fu anche un problema di salute a creare le premesse che han poi portato alla meccanica quantistica. Un corpus teorico sfaccettato che parla con rigore di un qualcosa, la strana realtà delle microparticelle dove siamo tutti immersi, e che ha tanto scombussolato il nostro senso comune. Ma che cosa c’entra un’allergia con la meccanica quantistica, teoria che più di tutte sta rivoluzionando l’attuale contemporaneità? Lo spiega molto bene il fisico Carlo Rovelli nel suo ultimo libro, Helgoland (Adelphi editore), che prende il titolo dal nome di una minuscola, rocciosa e pochissimo abitata isoletta tedesca del Mare del Nord, a 65 chilometri dalla terra ferma.

Prima, occorre fare alcuni passi indietro.

Tutto parte dalla luce. Che cosa c’è di più familiare? Probabilmente niente, ma i problemi sorgono quando si cerca di capirne la natura. Sino all’inizio del XIX secolo, convissero due teorie separate: la corpuscolare e l’ondulatoria. Per avere un’idea della prima, si apra un rubinetto e pian piano si diminuisca il flusso dell’acqua sino a far sgocciolare, corpuscoli di acqua; nel nostro caso si parla di corpuscoli di luce. Per la seconda, si riempia il lavello della cucina di acqua, chiudendo il tappo per non far defluire, infine si lasci cadere un sassolino sulla superfice dell’acqua, si noterà il formarsi di una serie di onde concentriche, effetto ondulatorio; nel nostro caso onde di luce.

Tornando alla nostra storia, tra il XIX e, soprattutto, i primi decenni del XX secolo le cose cambiarono radicalmente in modo sconcertante, come se dal rubinetto semichiuso non uscissero più gocce ma onde e a seguito del nostro sassolino fatto cadere nell’acqua, non si formassero più onde ma corpuscoli. Una rivoluzione concettuale che partì da Max Planck (1858-1947), coinvolse Albert Einstein (1879-1955) ed ebbe forte impulso col primo modello atomico quantistico di Niels Bohr (1885-1962) con gli elettroni attorno al nucleo che saltano da un’orbita all’altra. Poi un ulteriore impulso venne da diversi giovani promettenti, stimolati da Bohr (da Wolfgang Pauli, 1900-1958, a Werner Karl Heisenberg, 1901-1976, già assistente di Max Born, 1882-1970). Tutti studiosi premiati col Nobel, come pure il britannico Paul Dirac, 1902-1984, e l’austriaco Erwin Schrodinger, 1887-1961. Ma tra tutti questi campioni della fisica, secondo Rovelli, l’apporto maggiore venne dato da Heisenberg.

Ora torniamo all’isoletta di Helgoland e all’allergia: ne soffriva Heisenberg che nell’estate del 1925, come ricorda Rovelli nel suo libro, si rifugiò, appunto, a Helgoland per cercare di limitare le sue allergie. E fu proprio nella solitudine di quelle poche settimane che il ventitreenne Heisenberg diede un indirizzo decisivo alla teoria dei quanti. Il giovane fisico, sottolinea Rovelli, fu radicale: cambiò il modo di pensare l’elettrone e rinunciò all’idea che “un elettrone sia un oggetto che si muove lungo una traiettoria” e sviluppò una sofisticata matematica delle matrici che dà conto delle sole cose osservabili, rivoluzionando, secondo Rovelli, l’approccio a questa teoria.

Oggi la meccanica quantistica possiede un corpus teorico in continuo sviluppo, consolidato nei suoi risultati scientifici benché facciano a pugni col senso comune. Si prenda ad esempio i così detti stati sovrapposti che dicono che lo stesso fotone (il mattoncino primo della luce) si presenta in un modo, corpuscolare, e contemporaneamente in un altro, ondulatorio; oppure si prenda il discorso dell’osservatore che determina lo stato della micro particella che sino a quel momento è come se non esistesse; o la questione dell’entanglement che racconta di uno stato intricato, tanto che, se due particelle sono state in rapporto per una volta sarà poi possibile osservandone una e determinando il suo stato, sapere nello stesso istante anche cose precise sull’altra, pur se quest’ultima si trovasse a miliardi di anni luce; oppure si consideri l’impossibilità di conoscere la localizzazione di una micro particella, ma non perché la nostra conoscenza è incompleta, bensì perché impossibile in quanto la realtà del micro mondo è intrinsecamente probabilistica. Bohr affermava che “coloro che non rimangono sconvolti quando si imbattono per la prima volta con la teoria quantistica non possono averla capita”.

Agli scettici va ricordato che questa teoria funziona ed è unanimemente considerata una rigorosa sistematizzazione della realtà che ha conquistato un ruolo primario non solo nella ricerca dei laboratori scientifici mondiali, ma anche nella vita di tutti i giorni: laser, fissione nucleare, effetto fotoelettrico, fusione nucleare, superconduttività, risonanza magnetica nucleare, solo per fare pochi esempi.

Il libro Helgoland, però, non solo sintetizza egregiamente gli sviluppi della meccanica quantistica, ma sviluppa anche l’idea di una visione “relazionale” della realtà partendo proprio dalla meccanica quantistica che il fisico filosofo Carlo Rovelli sta sviluppando da diversi anni. Studioso della gravità quantistica (è responsabile dell’equipe della gravità quantistica del Centro di fisica teorica dell’università di Aix-Marseille), Rovelli è anche un autorevole membro dell’Accademia internazionale di filosofia della scienza francese.

Per affrontare uno dei problemi legato all’osservazione che determina il comportamento dell’osservato, Rovelli si domanda: “Cos’è un’osservazione là dove non c’è alcuno scienziato che misura?”. E risponde: “La chiave della risposta, io penso (…), è la semplice constatazione che lo scienziato, come il suo strumento di misura, sono anch’essi parte della natura”. In sintesi, quindi, “quello che la teoria dei quanti descrive è il modo in cui una parte della natura si manifesta a un’altra parte della natura”. Infatti “il cuore dell’interpretazione ‘relazionale’ della teoria dei quanti (…) è l’idea che la teoria non descrive il modo in cui gli oggetti quantistici si manifestino a noi (o a speciali entità che ‘osservano’). Descrive come qualunque oggetto fisico si manifesti a qualunque altro oggetto fisico”. In pratica “la teoria dei quanti ci invita a vedere il mondo fisico come una rete di relazioni di cui gli oggetti sono i nodi”. Il che significa che “le caratteristiche di un oggetto sono il modo in cui esso agisce su altri oggetti. La realtà è questa rete di relazioni, al di fuori della quale non si capisce nemmeno di che cosa staremmo parlando”. Come dire: al di là di queste interazioni non esiste niente in quanto “ogni cosa è solo ciò che si rispecchia in altre”. Da qui la necessità, secondo Rovelli, di rivedere profondamente il nostro pensiero filosofico e di trarre nuova linfa da filoni del pensiero di culture a noi estranee, come quella di Nagarjuna (pensatore indiano del secondo secolo), secondo cui “le cose sono ‘vuote’ nel senso che non hanno realtà autonoma, esistono grazie a, in funzione di, rispetto a, dalla prospettiva di qualcosa d’altro”. Consapevolezza, per Rovelli, indispensabile per godere appieno della realtà relazionale in cui siamo immersi.

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