Baretti del Poetto: giustizia e incapacità amministrative

16 Aprile 2013
Stefano Deliperi
Continua il dibattito sulla sorte dei baretti del Poetto. Stefano Deliperi riprende questo argomento aggiornandolo sulle ultime proposte del Consiglio Regionale. (Red)

Sui palcoscenici di provincia, si sa, spesso le commedie vengono replicate lungamente quando sembrano incontrare i gusti del pubblico.
E’ un po’ la vicenda dei “baretti”, chioschi fra la strada litoranea e la spiaggia del Poetto, dove molti cagliaritani (e turisti) amano recarsi in tutte le stagioni per vivere con maggiore intensità e frequenza la “loro” spiaggia.
Spiaggia, a dir il vero, fin troppo maltrattata dallo squallido “ripascimento”, da ristoranti abusivi, da rifiuti portati dalla maleducazione dei bagnanti, senza però risolutive rimostranze da parte dei residenti.
L’attuale chiusura dei chioschi e il recente provvedimento di sequestro cautelare da parte della magistratura hanno determinato ultimamente reazioni molto vivaci, anche piuttosto singolari, come quelle di chi ha voluto vedere nei “baretti” uno dei simboli identitari di Cagliari o di chi ha parlato dell’incredibile cifra di 300 posti di lavoro, praticamente 20 posti di lavoro per ogni chiosco nel tratto cagliaritano del Poetto.
A chiunque non viva nella “città del sole” potrà sembrare assurdo l’eccesso di clamore sulla vicenda. Ma è l’intera vicenda a esserlo.
Sono diciassette i locali fra la strada litoranea e la spiaggia del Poetto, sorti, con autorizzazioni provvisorie e stagionali, nel 1987.  Al termine della stagione estiva 1987 dovevano esser smontati.
Invece sono stati ingranditi, sono comparsi cemento e infissi.  Incredibilmente, un paio hanno ottenuto addirittura concessioni edilizie palesemente illegittime, come l’Emerson (n. 896/2006C del 2006), finalmente annullata in via di autotutela dal dirigente del Servizio edilizia privata del Comune di Cagliari (determinazione n. 1176 dell’11 febbraio 2013).
Sono rimasti permanentemente sul litorale – senza alcuna legittima autorizzazione urbanistica e paesaggistica – fino all’aprile 2011, quando la gran parte sono stati rimossi.
Per parecchi anni i gestori hanno quindi guadagnato su un bene ambientale pubblico al di fuori di ogni regola.
Per quale motivo sono stati quasi tutti smontati?  Dopo ricorrenti polemiche, nel 2009 la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Cagliari aveva avviato un procedimento penale per abusivismo edilizio sotto il profilo paesaggistico e sotto il profilo urbanistico.
Nonostante tutto, l’allora sindaco di Cagliari Emilio Floris aveva emanato (2010) un’ordinanza per evitare la rimozione dei “chioschi”, guadagnando sul campo un rinvio a giudizio.
In seguito (2013) tutti i gestori dei baretti sono stati condannati per abusivismo edilizio.
Lo scorso 6 aprile 2013 è giunto il sequestro preventivo (art. 321 cod. proc. pen.) eseguito dalla Guardia costiera e dalla Polizia municipale su disposizione della magistratura.
La spiaggia del Poetto, infatti, è tutelata con vincolo paesaggistico (art. 142, comma 1°, lettera a, del decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i.) e con vincolo di conservazione integrale (art. 2, comma 1°, lettere a, g, della legge regionale n. 23/1993), ricade conseguentemente in area di tutela ambientale assoluta del piano paesaggistico regionale (è classificata “campi dunari e sistemi di spiaggia”, fra i beni paesaggistici ambientali ex art. 143 del decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i.) ed è individuata come zona “H” del vigente piano urbanistico comunale.
E’ stata l’attuale Amministrazione, dopo anni di inattività comunale in materia, ad avviare le procedure di variante del piano urbanistico comunale di Cagliari – P.U.C. per l’individuazione delle c.d. spiagge urbane (Poetto, Giorgino) con le nuove zone urbanistiche “GHLn” (dove sarebbero autorizzabili piccole strutture permanenti a servizio della balneazione, fra cui chioschi) e per l’approvazione definitiva del piano di utilizzo dei litorali – P.U.L., già adottate rispettivamente con deliberazioni Consiglio comunale n. 75 e n. 76 del 31 ottobre 2012 e riguardo cui è stata avviata la procedura di valutazione ambientale strategica, attualmente in corso.
Nella primavera 2012 i “baretti” sono stati rinnovati con una tipologia unica, a parte due che – pur oggetto di analoghi provvedimenti di rimozione – hanno beneficiato di provvedimenti cautelari del T.A.R. Sardegna per motivazioni puramente formali.   Tuttavia, uno di questi, l’Emerson, ha visto da ultimo lo stesso T.A.R. affermare che “il manufatto autorizzato con la concessione edilizia n. 896/2006C e sulla base di questa realizzato, non presenta i caratteri della precarietà”, conseguentemente non è stato concesso un provvedimento cautelare favorevole riguardo la revoca della concessione edilizia in via di autotutela (T.A.R. Sardegna, sez. II, 10 aprile 2013, n. 114, ord.)
A dicembre 2012 sono stati destinatari di ordinanze di rimozione in quanto sono stati autorizzati – e potevano essere autorizzati – soltanto quali strutture temporanee e precarie. Solo dopo l’approvazione del P.U.L. potranno esser realizzate strutture permanenti.
Dopo qualche mese nuove autorizzazioni stagionali avrebbero permesso la sistemazione dei chioschi per la stagione estiva in attesa dell’approvazione definitiva di variante urbanistica e del P.U.L.
Il Sindaco Massimo Zedda e l’Assessore comunale all’urbanistica Paolo Frau ne hanno spiegato motivazioni e percorsi futuri con lettere aperte e interventi, ma invano.
Si è scatenata una vera e propria tempesta di polemiche, con ripetute prese di posizione per il mantenimento dei chioschi.   Sono intervenuti il Presidente della Regione Cappellacci, l’Assessore regionale dell’urbanistica Rassu e il suo capo di gabinetto Tavolacci, numerosi consiglieri comunali, alcuni fra i maggiori esponenti di S.E.L. (il partito del sindaco Zedda ha chiesto anche una norma di legge regionale transitoria), vari “esperti” di diritto amministrativo, giornalisti e chi più ne ha più ne metta.
La stessa maggioranza di centro-sinistra al Comune di Cagliari si è spaccata.
Per tenacia si sono distinti i Ballero: Benedetto, docente di diritto costituzionale presso l’Università di Cagliari, per l’occasione “ospitato” anche dal “collega” Andrea Pubusa, Francesco, appassionato difensore nell’aule del Consiglio comunale, e Stefano, secondo notizie stampa avvocato della maggior parte dei “baretti”.    Pareri autorevoli, ma non proprio disinteressati, pare.
Il “fronte pro baretti” argomenta fondamentalmente sulla proroga delle concessioni demaniali fino al 2015 stabilita dalla legge n. 25/2010, come riconosciuto anche dalla giurisprudenza amministrativa (Cons. Stato, sez. VI, 27 dicembre 2012, n. 6682), e sul quadro normativo indicato dall’art. 6, comma 3°, della legge n. 494/1993 e s.m.i. (che prevede la possibilità per le Regioni di adottare un piano di utilizzazione del demanio marittimo a fini ricreativi, sentiti l’Autorità marittima, i Comuni, le associazioni di categoria) e dalla deliberazione Giunta regionale n. 17/20 del 23 marzo 1999, sempre incentrato sulle concessioni demaniali.  In estrema sintesi, a esse dovrebbero seguire proroghe urbanistiche e paesaggistiche ovvero nuovi atti autorizzativi.
Tesi suggestiva, sebbene non tenga conto dell’assenza di qualsiasi automatismo fra concessioni demaniali e autorizzazioni urbanistiche e paesaggistiche, nonché dell’attuale situazione di abusivismo edilizio dei preesistenti chioschi, oggetto di procedimento penale in corso.  Allo stato attuale possono essere autorizzate solo opere precarie, temporanee ed effettivamente amovibili: un’eventuale “proroga” a qualsiasi titolo costituirebbe un modo per aggirare il requisito della temporaneità/precarietà del manufatto.
La giurisprudenza sul punto è costante (Cass. pen., sez. III, 5 marzo 2013, n. 10235 ,  Corte di cassazione penale, sez. III, 20 giugno 2012, n. 24554, Cass. pen., sez. III, 27 maggio 2009, n. 22054,  Cons. Stato, sez. III, 12 settembre 2012, n. 4850).
Ovviamente il rilascio di eventuali autorizzazioni con il presente quadro giuridico e sotto gli occhi della magistratura inquirente sarebbe a rischio e pericolo di amministratori e dirigenti comunali.
Dovrebbero far felici politici in campagna elettorale, avvocati, amministratori regionali, anime belle a prezzo delle loro responsabilità personali.
In proposito non si può dimenticare come l’attuale Amministrazione regionale Cappellacci sia – a partire dallo stesso Presidente – ridondante di esponenti del centro-destra cagliaritano che ha gestito Cagliari dal 1994 al 2011, segnalandosi per non aver minimamente affrontato il problema: nessuno che si degni di ricordarlo, nemmeno i sindacati dei balneari e gli esponenti del centro-sinistra kasteddaio, magari abituèe dei “baretti”.
Nemmeno sembra garantire piena utilità la legge regionale 9 aprile 2013 “disposizioni eccezionali e transitorie in materia di opere e manufatti temporanei a servizio della fruizione turistico-ricreativa”, approvata all’unanimità dal Consiglio regionale.
Infatti, all’art. 1, comma 2°, è previsto che “gli uffici comunali competenti, attraverso specifica verifica di conformità rispetto alle disposizioni del citato decreto (il decreto dell’Assessore regionale degli enti locali finanze e urbanistica n. 1 del 23 gennaio 2008 avente ad oggetto “Direttiva sulle procedure transitorie per la valutazione paesistica delle strutture stagionali amovibili al servizio della balneazione”, n.d.r.), e con riguardo al perseguimento del minor impatto ambientale e paesaggistico sugli ambiti litoranei demaniali, possono autorizzare, fino all’approvazione definitiva del PUL e comunque entro i termini ultimi previsti al comma 1, il mantenimento delle opere e dei manufatti già esistenti e regolarmente autorizzati a servizio della fruizione turistico-ricreativa e della balneazione anche se diretti a soddisfare esigenze funzionali meramente stagionali”: i “baretti”, però, non sembrano “regolarmente autorizzati”, vista le recente sentenza penale di condanna e l’ancor più recente provvedimento di sequestro preventivo (art. 321 cod. proc. pen.) eseguito dalla Guardia costiera e dalla Polizia municipale su disposizione della magistratura.
Ultimo atto, finora, è la ricerca di un super-esperto, il “saggio dei baretti”, che dovrebbe scodellare la soluzione giuridico-amministrativa per salvare i chioschi nella legalità.
Il Poetto e Cagliari non hanno bisogno di quest’ennesima commedia di provincia: c’è bisogno invece di recupero della legalità e di una gestione corretta e ambientalmente sostenibile della spiaggia, autentico “pezzo” dell’identità cagliaritana.   E’ così difficile capirlo?

4 Commenti a “Baretti del Poetto: giustizia e incapacità amministrative”

  1. Andrea Pubusa scrive:

    Deliperi non perde occasione per lanciar frecciate per il fatto che io “ospito” “il collega” Benedetto Ballero, che ai suoi occhi è poco meno del diavolo. Quasi che conoscere l’opinione di uno dei migliori avvocati sardi sia una brutta azione e non invece una utile curiosità. Ma fin qui nulla da obiettare ognuno con le idee altrui si confronta come meglio crede. Il punto su cui Deliperi glissa è un altro ed è il buon senso. Mi spiego. O i baretti contrastano con l’ambiente ed allora vanno abbattuti per sempre. Oppure non contrastano ed allora va trovata una soluzione. Ciò che è irragionevole è che li si smonti oggi per rimontarli subito dopo. Per quanto ci si sforzi questo smobta e rimonta non lo capirà mai nessuno. Deliperi, fonti alla mano, ci dice che la legge impone questo. Sarà pure così. Ma è una disciplina assurda. Nessuno mai capirà una legislazione che porta ad un risultato così palesemente illogico. Da uomo comune quando vado al Poetto trovo utile trovare lì un punto di ristoro. Mi sembra positivo che qualche decina di persone trovi un lavoro in quell’attività. Non vedo attentati all’ambiente. Mi sforzerei di trovare una soluzione legislativa e amministrativa che salvaguardi l’ambiente e non faccia a pugni col buon senso. E’ grave?

  2. Stefano Deliperi scrive:

    no, non è grave, prof. Pubusa.
    “Conoscere l’opinione di uno dei migliori avvocati sardi” (altro che il diavolo) non è certo “una brutta azione”, tutt’altro.
    Però, visto il coinvolgimento evidente, forse sarebbe opportuno offrire uno straccio di credito anche a quel sindaco “ragazzino” che cerca di riportare l’offerta di servizi sulla martoriata spiaggia del Poetto nella legalità.
    O no?
    Oppure vogliamo far pagare all’ultimo arrivato vent’anni di ignavia, di illegittimità e di degrado del Poetto?
    Forse la soluzione più opportuna, allo stato, consiste nell’autorizzare una parte “fissa” dei chioschi sull’attuale sede stradale (lato spiaggia), pedonalizzarne il resto (con accesso veicolare per i soli residenti), e autorizzare una parte “stagionale” contigua sulla spiaggia, rimovibile.

  3. Andrea Pubusa scrive:

    Caro Deliperi,

    essere avvocati non significa mai avere in conflitto d’interessi proprio, anche perché si gioca a carte scoperte e si svolge un’importante funzione sia quando si difende l’una sia quando si difende l’altra parte.
    Nell’interpretazione di Ballero c’è un tentativo di dare risposta ad un problema, cui finora si sta dando una soluzione inaccettabile perché contraria al buon senso. Non vedo alcun attacco al sindaco, semmai il suggrimento di una possibile via d’uscita.
    La legalità non è un’entità astratta, ma è la risultante di una corretta e appropriata concretizzazione delle norme generali ed astratte nella situazione concreta, e il provvedimento amministrativo (come, per altro verso, la sentenza) fissa la regola del caso concreto. Stando così le cose, intendere la temporaneità dei casotti in riferimento al varo del PUL mi sembra una interpretazione interessante, anche perché dà una soluzione ragionevole alla vicenda, senza far sconti sulla tutela dell’ambiente. Al varo del PUL, ciò che contrasta va demolito! Certo, è un’interpretazione opinabile, come, del resto, quella accolta dall’Amministrrazione e dai Magistrati. Parlarne o avanzarla mi pare un dovere civico, non una colpa.
    Sul piano dell’opportunità anche la proposta da te ventilata mi pare interessante, anche se d’estate è probabile che tutti affollino i chioschi sulla spiaggia, e d’inverno, se va bene installarli d’estate, non si comprende perché debbano essere rimossi.

  4. Stefano Deliperi scrive:

    Gent.mo Prof. Pubusa,
    sono d’accordo con Lei: qualsiasi soluzione ipotizzata per dotare permanentemente il Poetto di servizi nella legalità e nel rispetto dell’ambiente dev’essere valutata serenamente e nell’ottica degli interessi collettivi.
    Converrà, però, che negli ultimi mesi il percorso individuato nell’autunno 2012 concordemente fra Comune e gestori dei chioschi è andato a carte quarantotto quando certe interpretazioni sono divenute “martellanti” sui mass media e non solo.
    Il percorso individuato avrebbe permesso – in via transitoria – di vedere aperti i chioschi da almeno un paio di mesi.
    Oggi, invece, abbiamo i gestori nuovamente indagati (dopo la condanna penale del febbraio scorso) e i “baretti” oggetto di provvedimento di sequestro preventivo. In più sono a rischio di revoca le concessioni demaniali e, soprattutto, non si sa se e quando riapriranno i chioschi oggi sotto sequestro.
    Un risultato decisamente triste e negativo per tutti. Cui prodest?

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