I dementi li ho incontrati dopo, quando sono uscita

20 Aprile 2024

[Amedeo Spagnuolo]

Il tema della salute mentale nel nostro paese continua a essere un argomento molto discusso ma nei confronti del quale la politica italiana mostra un disinteresse talmente pervasivo capace di convincere chiunque del cinismo delle classi dirigenti che hanno governato il nostro paese negli ultimi decenni.

Li osserviamo ogni giorno i soloni che ci rappresentano in parlamento riempirsi la bocca con frasi ad effetto e patetici interventi volti a commuovere l’ingenuo, ma anche sempre più egoista popolo italiano che preferisce girare la faccia dall’altra parte quando si trova di fronte alle innumerevoli problematiche degli individui affetti da varie forme di psicopatologia e dalla disperazione delle loro famiglie.

Benedette siano le famiglie italiane che sono costrette molto spesso a farsi carico totalmente della fatica di sostenere il loro congiunto affetto da patologie mentali anche molto gravi, ma che non rinunciano ogni giorno ad affrontare con coraggio situazioni al limite della sopportazione umana. Qualche anno fa sono stato testimone indiretto di una terribile situazione famigliare nuorese (a Nuoro e provincia purtroppo il disagio mentale, è noto, è molto diffuso) nella quale il figlio, un ragazzo da tutti ritenuto quasi geniale nelle sue performances scolastiche, una volta iscrittosi all’università si è ammalato in maniera imprevedibile, la malattia che lo ha colpito era appunto una malattia mentale.

Questo giovane è andato fuori controllo, l’assenza dello stato, l’abbandono di questo povero ragazzo divenuto uomo che per anni, a causa della sua malattia, ha distrutto la sua vita e quella dei suoi genitori che venivano sistematicamente picchiati da quello che una volta era il loro orgoglio e che in seguito si è trasformato in un aguzzino che rientrava a casa gonfio di alcol e droghe varie che lo rendevano cattivo e violento. Un giorno me lo ritrovai per strada, era sdraiato sul marciapiede, chiedeva soldi per ubriacarsi ancora e ancora, lui che amava studiare, leggere, era un pozzo di scienza in varie discipline: filosofia, letteratura, storia e tanto altro.

Quel cervello malato però non poteva essere salvato dalla cultura o almeno non era sufficiente, avrebbe avuto bisogno di cure specialistiche, ma per fare questo bisognava che i poveri genitori facessero una scelta molto difficile, denunciassero le continue violenze che dovevano subire, ma la madre non voleva, non poteva accettare una cosa del genere, forse il padre, se avesse avuto il sostegno della moglie, sarebbe riuscito a prendere quella terribile decisione che forse avrebbe salvato tutti e invece no, continuarono per anni a sopportare quella terribile situazione, spesso incrociavo il padre, ormai anziano, con un occhio spesso tumefatto, erano le botte del figlio.

La polizia arrivava, portava via il figlio violento per qualche giorno poi la sua malattia mentale gli consentiva di tornare a casa e con lui l’inferno. Nessuna struttura che potesse ospitarlo, nessuno che se ne faceva carico, i genitori dopo decenni di sofferenze disumane preferirono lasciarsi andare uno dopo l’altro. Prima toccò al padre che a un certo punto decise di non curare più le sue patologie e subire le aggressioni del figlio malato restando a letto fino a quando la pietosa morte non lo raggiunse. La madre, non so come ci riuscì, andò avanti ancora per qualche anno, poi anche lei decise di lasciarsi andare e di soccombere al dolore.

Qualche anno fa ho saputo che il figlio è stato ritrovato senza vita sotto un cavalcavia. Non ci è voluto molto a dimenticare questa terribile vicenda, addirittura qualcuno ha avuto l’audacia di affermare che in fondo se l’erano cercata perché non avevano avuto il coraggio di denunciare un figlio pericoloso invece di riflettere sul fatto che una famiglia con un figlio gravemente malato era stata abbandonata dallo stato e da tutti.

Ancora una volta ci avviciniamo alle rituali celebrazioni della legge 180 del 1978, la cosiddetta “legge Basaglia” che aveva decretato la chiusura dei manicomi che si basavano su un sistema vergognosamente coercitivo nel quale l’individuo con le sue emozioni e il suo vissuto scomparivano. Al posto di un tale abominio si affermava la consapevolezza che fosse necessario ridare dignità all’individuo malato attraverso una capillare rete di strutture e di servizi che però sono rimaste sulla carta nonostante la riforma voluta da Basaglia prevedesse un’organizzazione e una strutturazione che mai si erano viste prima relativamente al trattamento della malattia mentale.

Prima di Basaglia c’erano solo segregazione sociale e abbandono famigliare, la patologia mentale considerata qualcosa di cui vergognarsi e per questo disprezzata e vilipesa mentre la psichiatria ufficiale continuava a utilizzare una terminologia fortemente inadeguata come quella di “normalità” che era il frutto di una considerazione del modo di comportarsi dell’individuo in relazione alla cultura di riferimento. Con la nuova legge, nonostante i ritardi e le inadempienze burocratiche tipiche del nostro paese, si riusciva, almeno da un punto di vista formale, a ridare voce all’individuo e a restituirgli la dignità perduta.

L’aspetto fondamentale della legge riguarda il trattamento sanitario volontario ovvero l’intervento terapeutico non è più finalizzato a diminuire la pericolosità sociale della persona malata, ma ha il compito di curarla in modo da migliorare la convivenza con se stesso e con gli altri. Insomma non è la legge a essere sbagliata, sbagliata è l’inadeguatezza della nostra classe politica che in oltre quarant’anni non è riuscita a mettere in pratica la filosofia della salute mentale di Franco Basaglia.

“Ero matta in mezzo ai matti. I matti erano matti nel profondo, alcuni molto intelligenti. Sono nate lì le mie più belle amicizie. I matti sono simpatici, non così i dementi, che sono tutti fuori, nel mondo. I dementi li ho incontrati dopo, quando sono uscita”.

Alda Merini

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