I giovani ci salveranno

15 Marzo 2023

[Amedeo Spagnuolo]

Ore 8.15 varco il portone della scuola nella quale ormai insegno da un bel po’, incrocio i miei alunni che cominciano, come ogni mattina, con le loro battutine sul calcio alle quali io, come un adolescente, rispondo sempre a tono.

Soprattutto ora che la mia squadra del cuore si fa rispettare in Italia e in Europa con un gioco spettacolare che fa divertire anche i tifosi delle squadre avversarie. Iniziare la giornata in questo modo è terapeutico, contribuisce a scacciare i demoni che il modo di vivere che abbiamo architettato ha subdolamente insinuato, con gli anni, nella nostra mente.

Dopo il rito delle battute calcistiche entro in sala professori, ormai conosco talmente bene i miei colleghi al punto da riuscire a capire con una certa precisione com’è iniziata per loro la giornata e qual è il loro stato d’animo, mi basta osservare i loro sguardi e l’espressione del viso, c’è quello che non ha voglia di parlare e se ne sta in un angolo facendo finta di consultare le mail sul cellulare, quell’altra non si preoccupa assolutamente di far sentire agli altri i fatti suoi e con la sua voce squillante descrive dettagliatamente gioie e dolori della sua quotidianità recente.

Poi c’è l’antipatico, quello che pensa di sapere tutto di tutti e quindi dispensa consigli non richiesti, soprattutto ai colleghi più giovani, per esempio, su come si tiene in pugno quella classe di scalmanati che fa impazzire qualsiasi docente abbia la sfortuna/fortuna di doversi tuffare nel caos esistenziale di quei giovanissimi con gli ormoni impazziti. Non posso negare che, a volte, provo un po’ d’invidia per quei colleghi che sono andati in pensione e che, quando li incontro, non fanno altro che sottolineare come la loro vita sia cambiata da quando non sono costretti più a sedersi dietro la cattedra, per poi sorprenderli, casualmente, senza farmi scorgere, mentre vagano per le vie della città con lo sguardo triste senza sapere come impegnare le ore di quel maledetto giorno che sembra non finire mai.

Certo, questo riguarda soprattutto quegli ex colleghi con poca fantasia che riuscivano a vivere in maniera soddisfacente solo grazie alla noiosa routine quotidiana casa – scuola – casa. Comunque sia, confesso che, a volte, il pensiero che un giorno non potrò più tuffarmi nel rutilante mondo adolescenziale, mi provoca una certa malinconia che riesco a scacciare con fatica. Il fatto è che, ancora oggi, nonostante la crisi profonda di valori e di risorse politiche ed economiche che da molti anni ci ha investito, nutro per questi giovani ancora un grande affetto anche perché penso che non siano stati così fortunati a vivere la loro adolescenza in un mondo come il nostro nel quale le prospettive future si sono ridotte al lumicino. Nonostante questo ci sono ancora colleghi, pochi per fortuna, che decontestualizzando completamente le loro affermazioni continuano a scaricare tutta la loro frustrazione su questi ragazzi che avrebbero la colpa di essere qualunquisti e superficiali!

Poi però per fortuna, non sempre, ma abbastanza spesso, i giovani ci sorprendono e ciò che sembrava impossibile comincia a prendere forma e a dare speranza a tutti anche a quelli che si rifiutano di constatare quanto sia incontestabilmente devastante il sistema economico – sociale che la filosofia del profitto ha realizzato. Mi riferisco, in questo caso, alla marcia dei quarantamila studenti di Firenze, quelli che sono scesi in piazza e hanno dichiarato con forza e un po’ di disperazione il loro antifascismo. Finalmente dopo un lungo letargo la piazza si è riempita di nuovo di giovani che hanno urlato con forza di non voler tornare indietro e di voler riaffermare con vigore il valore democratico della nostra Costituzione.

L’aspetto che mi colpisce, ma non mi sorprende, è che la prima importante risposta antifascista, da quando si è insediato il governo Meloni, è arrivata dalla scuola, ma come dicevo, questo non mi sorprende perché è già accaduto sia in passato sia nella storia recente del nostro paese. La scuola ha il dovere di opporsi al neofascismo dilagante di questi ultimi mesi e lo sta facendo con coraggio. Il tema del neofascismo, in questi ultimi mesi, è stato colpevolmente trascurato anche a sinistra, poi sono arrivate le dichiarazioni del ministro Valditara che invece di condannare il pestaggio fascista nei confronti dei ragazzi di Firenze ha pensato bene di richiamare la preside Annalisa Savino per la sua lettera dedicata ai rischi di un ritorno dell’abominio fascista.

Quella lettera, richiamandosi ai valori della nostra Costituzione, avrebbe meritato il plauso del nostro ministro che, ricordiamolo, ha giurato fedeltà ai valori democratici e repubblicani del nostro paese proprio su quella Costituzione. Alla valanga di critiche che gli è piovuta addosso il ministro è sembrato cadere dalle nuvole quasi come se quelle parole non le avesse pronunciate lui, una sorta di candore inquietante.

Lo stesso candore del ministro Piantedosi quando ha detto che i migranti non dovrebbero partire con il cattivo tempo e quello del ministro della cultura Sangiuliano che ha affermato che Dante è stato il precursore dei principi fondanti della cultura di destra. Il “candore” dei suddetti ministri è veramente inquietante poiché ci fa capire bene quanto sia stata superficiale la loro lettura di quella Costituzione sulla quale hanno giurato e che si colloca in una posizione opposta alle loro dichiarazioni.

Il fascismo che dobbiamo temere e combattere non è quello delle camicie nere e dell’olio di ricino, quello, me lo auguro, non credo possa ritornare nel nostro paese. Il fascismo di cui dobbiamo aver paura è quello inconsapevole di tanti italiani che si basa sul pregiudizio e l’ignoranza storica.

Ecco perché i quarantamila di Firenze, usciti dalle aule delle nostre scalcinate scuole, devono rappresentare per ogni sincero democratico un messaggio di speranza.

Foto: Nuoro, murale dedicato alla Costituzione e all’antifascismo nuorese di Francesco Del Casino

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