I giovani, Marx e il lavoro
16 Dicembre 2016Amedeo Spagnuolo
La disoccupazione giovanile è ormai diventata per il nostro paese una vera e propria emergenza nazionale che i nostri governi, presenti e passati, in maniera non solo miope ma soprattutto egoistica, si rifiutano di affrontare nella maniera più adeguata possibile. Egoistica si diceva, infatti, basterebbe andarsi a rileggere lo splendido libro di Hans Jonas intitolato Il principio responsabilità nel quale il filosofo tedesco invita gli uomini ad agire secondo una rinnovata etica della responsabilità: “Agisci in modo tale che gli effetti della tua azione siano compatibili con la continuazione di una vita autenticamente umana”. Purtroppo osservando l’agire politico della classe dirigente italiana non possiamo non constatare come in esso sia totalmente assente qualsiasi traccia di responsabilità verso le generazioni future. Il loro orizzonte è molto angusto e si limita a progettare il soddisfacimento della propria sete di potere e di benessere riuscendo, in maniera inaudita, a non porsi il problema della responsabilità nei confronti del futuro dei più giovani neanche se l’oggetto di tale attenzione sono i loro figli e nipoti.
Non si tratta solo della crisi economica strutturale che ormai dal 2008 assilla il mondo intero, si tratta piuttosto di un sistema economico, quello capitalista, che ha subito una ulteriore mutazione estremamente pericolosa con il passaggio dall’economia reale, quella della produzione di beni e del loro consumo ad una forma di economia “virtuale” dominata dai “giochi” finanziari delle borse mondiali che giocano d’azzardo (un azzardo che però interessa principalmente i ceti più deboli economicamente) con il destino degli individui scommettendo sul successo e sul fallimento delle imprese indipendentemente dalla loro reale qualità e forza produttiva.
Questa mutazione è diventata devastante soprattutto per tutti quei settori poco “garantiti” che non hanno avuto il tempo di beneficiare della grande crescita economica del secondo dopoguerra e, dunque, si sono ritrovati a vivere e a cercare un lavoro in un mondo dominato dalla cinica speculazione dell’alta finanza. Stiamo parlando soprattutto dei giovani (e meno giovani) ovviamente, di quella fascia della popolazione italiana che si è ritrovata a vivere i propri trenta o quaranta anni oggi, in un mondo senza prospettive per ciò che riguarda il lavoro inteso come un’attività di lunga durata capace, com’ era un tempo, di fornire agli uomini le sicurezze minime necessarie per poter condurre un’esistenza quanto meno dignitosa.
Qui ci ritroviamo ancora una volta a dover fare i conti con la “scandalosa” attualità del pensiero di Karl Marx, il grande filosofo di Treviri troppo presto messo da parte dalla rampante neosinistra europea e italiana. Marx nei Manoscritti economico – filosofici del 1844 afferma che la vera essenza dell’uomo si manifesta in maniera completa e gratificante attraverso il lavoro, in questo contesto il lavoro è inteso nella sua accezione creativa ovvero come realizzazione della passione individuale dunque come lo strumento più importante affinché la vita umana possa assumere le caratteristiche di un’esperienza degna di essere vissuta. Quindi liberazione del lavoro non dal lavoro così come il marxismo successivo a Marx aveva affermato considerando il lavoro lo strumento principale di sfruttamento dei popoli da parte del sistema capitalista.
Di fronte ai suicidi di lavoratori e imprenditori in tutte le regioni italiane, compresa la Sardegna, le parole di Marx risultano profetiche e anticipano in maniera impressionante la devastazione che sta ai giorni nostri interessando il mondo giovanile sempre più angosciato dall’assillo della ricerca di un lavoro che possa dare dignità all’esistere. Marx ce lo spiega bene, la vita umana si differenzia da quella animale in quanto l’uomo non si limita a reagire agli stimoli che provengono dal mondo esterno, la condizione umana diventa accettabile solo quando l’uomo riesce anche a trasformare il mondo nel quale vive, ad imprimere in esso una testimonianza, seppur microscopica, del proprio passaggio sulla Terra.
L’uomo può fare ciò proprio attraverso il suo lavoro, materiale o intellettuale che sia, e attraverso il suo lavoro si riconosce e afferma la propria identità. Negli ultimi decenni la sinistra italiana, ma non solo, è caduta in una crisi che sembra irreversibile anche perché ha pensato di “modernizzarsi” mettendo in soffitta il riferimento principale di quell’area politica ovvero il pensiero e la prassi di Karl Marx. Soprattutto negli ultimi anni, con l’avvento del renzismo, ci si è convinti di risolvere i problemi lavorativi dei giovani offrendo loro una forma di lavoro in netta contrapposizione con ciò che pensava il filosofo di Treviri cioè un lavoro frustrante e precario informato dalla filosofia del Job’s Act e dei voucher.
Chiunque osasse, qualche tempo fa, da sinistra, sottolineare l’importanza di una rivisitazione del pensiero marxista rivendicandone la sua attualità veniva accusato in maniera impietosa di demagogia e irresponsabilità. Adesso però i nodi stanno venendo al pettine, il castello di carta costruito dal renzismo sta mostrando impietosamente tutta la sua fragilità e ipocrisia. La pars destruens si sta compiendo, saremo capaci, anche grazie ad un ritorno a Marx, soprattutto al Marx dei Manoscritti, di dare strutture solide alla pars costruens?
19 Dicembre 2016 alle 15:59
Complimenti ad Amedeo Spagnuolo che ha scritto un articolo molto interessante che condivido pienamente. Si è addentrato bene in una problematica sociale molto attuale e scottante , quella del lavoro ecc.. ,esaminandola accuratamente , facendoci capire con chiarezza le dinamiche e le cause che l’hanno determinata , dandoci un’ indicazione per una possibile risoluzione futura.