I molti dubbi sull’avvio dell’Ospedale di Comunità di Ghilarza
5 Marzo 2023[Mario Fiumene]
«A Ghilarza nasce il primo ospedale di comunità della Sardegna» questo il titolo di un articolo apparso su Quotidiano Sanità dello scorso 20 febbraio, l’articolo continua così: «Stiamo realizzando un nuovo modello di sanità, moderno e sostenibile, in grado di mettere al centro i cittadini con i loro bisogni di cure e assistenza. Oggi segniamo un traguardo importante nel percorso che abbiamo fissato nell’ambito dell’attuazione del DM 77 e della realizzazione degli interventi previsti nella Missione 6 del Pnrr sul nostro territorio. Il primo ospedale di comunità della Sardegna è oggi una realtà al servizio dei cittadini», ha dichiarato il presidente della Regione, Christian Solinas.
Già avviati i primi ricoveri. Presenti al taglio del nastro di sabato l’assessore regionale della Sanità, Carlo Doria, i vertici della Asl di Oristano e i rappresentanti delle istituzioni locali: «L’ospedale di comunità – spiega l’assessore Doria – è una struttura intermedia tra l’ospedale per acuti e il rientro a casa o verso strutture residenziali. Qui vengono accolti i pazienti che presentano una serie di condizioni sanitarie che renderebbero inappropriato il ricovero nei reparti a più alta intensità di cure, ma che necessitano comunque di assistenza ospedaliera».
Questa notizia è rimbalzata anche sulla stampa cartacea dei quotidiani sardi e così pure i giornali online. Fin qui tutto bene, almeno così pareva e si poteva pensare ad un cambio di passo da parte dell’Assessorato Regionale sardo alla sanità. Ma avendo letto certe anticipazioni di stampa riguardanti l’avvio degli OsCo (Ospedali di Comunità) si resta perplessi e si sente il dovere di scrivere per meglio informare e aiutare i cittadini lettori.
Il 16 febbraio un giornale online della Provincia di Oristano ha divulgato la notizia della prevista apertura di un Ospedale di Comunità a Ghilarza: «Tutto pronto, o quasi, a Ghilarza per l’inaugurazione del nuovo Ospedale di Comunità che verrà inaugurato dall’Assessore regionale alla Sanità Carlo Doria, sabato prossimo, all’interno del vecchio Ospedale Delogu. È il primo dei 13 ospedali di comunità previsti per la Sardegna. In queste settimane lavori frenetici all’interno del Delogu per consentire il varo dell’importante struttura destinata a cambiare radicalmente una parte dell’assistenza sanitaria nell’Alto oristanese». Leggendo questa notizia un cittadino avrà esclamato: «Ecco un bella notizia!».
Ma chi scrive queste righe è di tutt’altra opinione, ritengo di avere acquisito competenze e conoscenze adeguate nel campo “della cura e dell’assistenza sanitaria”. Senza presunzione alcuna vado a spiegare il perché ho da nutrire dubbi riguardo a tempi e modi riservati all’apertura degli OsCo in Sardegna. Anche la stampa locale ha dato ampio risalto all’evento ma secondo il mio parere non c’è stato un approfondimento su cosa devono essere gli Ospedali di Comunità. Scrive il quotidiano oristanese: «Il nuovo Ospedale di Comunità, che gli addetti ai lavori già chiamano OsCo, avrà per il momento 20 posti letto. Lo stesso numero di posti letto del vecchio reparto Medicina, inutilizzati da tempo, che saranno appunto convertiti nel nuovo servizio.
Nel leggere questo commento mi sono chiesto: forse che l’Ospedale G.P. Delogu non avrà più una Unità operativa di Medicina? Eppure nell’Atto Aziendale della ASL 5, appena approvato dalla Regione, ad inizio febbraio si legge che al P.O. Delogu di Ghilarza saranno attivati Medicina e Lungodegenza. Altri miei timori nascono da quanto riportato dalla stampa locale: «L’organico dell’Ospedale di Comunità di Ghilarza può contare su due medici, dei quali un responsabile del servizio, almeno 7 infermieri e 6 Oss (personale di supporto all’assistenza)».
Faccio presente che la normativa nazionale prevede una dotazione di personale numericamente composta dalle seguenti figure professionali: 1 Coordinatore infermieristico, 1 Infermiere e 2 Oss per turno diurno; durante la notte sono previsti: 1 Infermiere e 1 Oss; è prevista la presenza dell’infermiere “case manager”, con la funzione “gestione casi”, ovvero rapporto con la famiglia del degente, al fine di ottimizzare la dimissione e la presa in carico da parte del personale operante in ADI. A me appare che l’avvio delle attività sanitarie, del citato Ospedale di Comunità, è avvenuta facendo il passo più lungo della gamba perché i dati dell’organico di personale sanitario e di supporto citati nell’articolo di stampa non sono adeguati alla normativa.
L’organico di personale sopra citati mi porta a dire che si stanno assegnando a Infermieri e OSS carichi assistenziali non in linea a quanto previsto dalla legge di riforma sanitaria n. 24/2020 della Sardegna, vedasi art. 45, comma 1, Ospedale di comunità (OsCo).E risulterebbe non applicataanche la normativa nazionale riguardante gli OsCo: «la responsabilità igienico sanitaria dell’”Ospedale di Comunità” è in capo ad un medico per quanto riguarda gli aspetti igienico sanitari. La responsabilità clinica dei pazienti è attribuita a medici dipendenti o convenzionati con il SSN, pertanto può essere attribuita anche a MMG/PLS purché privi di iscritti, SUMAI o liberi professionisti appositamente incaricati dalla direzione della struttura». Nel caso dell’OsCo di Ghilarza il comunicato della Regione e le dichiarazioni alla stampa nulla dicono di Medici di medicina generale (MMG); solo una dimenticanza o quale arcano motivo? Forse che la Regione Sardegna in ambito di sanità ha deciso di far a meno dei MMG? Trattasi di un caso di autonomia differenziata in una Regione a Statuto speciale?
Chi ha letto le varie note stampa e le dichiarazioni dei rappresentati regionali può aver pensato ad un cambio di passo da parte dell’Assessorato Regionale sardo alla Sanità confortati da ulteriori dichiarazioni comparse in altro articolo su QS sempre del 20 febbraio, del Dr. Doria: «Il sentirsi dire che ‘la sanità è allo sfascio sembra quasi si parli in terza persona di un qualcosa di ‘impersonale’ e quasi tristemente predestinato. Niente di più sbagliato!!! – dice l’assessore – «la macchina sanitaria è fatta da donne e uomini inseriti certamente in percorsi perfettibili che necessitano di essere semplificati e deburocratizzati al massimo ma questo non può essere la scusa dell’inefficienza che pervade alcuni settori dove una mela marcia contamina e rovina il cesto.
Le riforme strutturali ed il cambiamento non sempre sono ben accette perché toccano talvolta consuetudini e rendite di posizione acquisite ma sono il prezzo da pagare per dare ai cittadini quella garanzia di qualità di un servizio essenziale che costa, tra l’altro, il 50% del bilancio regionale». Queste dichiarazioni non hanno fugato le mie perplessità, che sono ulteriormente aumentate, perché la normativa sanitaria nazionale che istituisce gli OscO ne stabilisce la tipologia alberghiera: «è previsto un servizio igienico per ogni stanza (è ammesso 1 servizio per 4 posti letto), non appare chiaro se i vecchi ambienti del P.O. Delogu che hanno sempre avuto camere con più letti, siano state rimodulate. Aggiungo che l’Ospedale di Comunità pur avendo un’autonomia funzionale, deve operare in forte integrazione con gli altri servizi sanitari, quali servizi sociali, associazioni di volontariato, rete delle cure intermedie, servizi di assistenza specialistica ambulatoriale e servizi di emergenza.
A tal fine devono essere predisposte specifiche procedure operative volte a garantire la continuità assistenziale e la tempestività degli interventi necessari, valorizzando la funzione di coordinamento e raccordo garantito dalle “COT, Centrali Operative Territoriali. Ma al momento le COT in Sardegna non sono operative, a ulteriore conferma dei miei dubbi e timori. Concludo riproponendo (vedi sopra) le dichiarazioni dell’Assessore alla sanità: «Le riforme strutturali ed il cambiamento non sempre sono ben accette perché toccano talvolta consuetudini e rendite di posizione acquisite ma sono il prezzo da pagare per dare ai cittadini quella garanzia di qualità di un servizio essenziale che costa, tra l’altro, il 50% del bilancio regionale». A mio parere il cambiamento non c’è; appare solo “la fregola di inaugurare strutture sanitarie”. Se non si possono avere organici adeguati a poter erogare cura e assistenza adeguata, non si può mettere a rischio l’attività del personale tutto. Bisogna rispettare gli standard assistenziali.
I cittadini meritano il meglio. Gli Infermieri e gli Oss, e quanti operano in luoghi di cura meritano rispetto. Si rischia di creare strutture come i vecchi “cronicari”, c’è il rischio di creare conflitti di natura giuridica con i familiari dei pazienti e il venir meno dei doveri Deontologici di chi vi lavora. Ora pare che a breve, dopo l’attivazione dell’Ospedale di Comunità di Ghilarza, la direzione della Asl conta di avviare l’Ospedale di Comunità a Bosa, al secondo piano del P.O. Antonio Gaetano Mastino, sempre per l’ambito Distrettuale di Ghilarza e Bosa.
Mario Fiumene, è stato titolare di posizione organizzativa nell’area territoriale e Cure Domiciliari ASL 3 Nuoro e ASL 5 Oristano per il Servizio Professioni Sanitarie.