I sardi internati e sterminati nei lager nazisti
1 Febbraio 2016Francesco Casula
Il 27 gennaio 1945 ad opera delle truppe sovietiche dell’Armata Rossa fu liberato il campo di concentramento di Auschwitz. Per ricordare tale evento e per commemorare le vittime dell’Olocausto, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 1º novembre 2005, ha istituito, il Giorno della Memoria, da celebrarsi, a livello internazionale ogni anno, proprio il 27 gennaio. Per la verità, il Parlamento italiano, dopo ben quattro anni di discussioni, l’aveva già istituito nel 2000 e per la stessa data.
E’ stata una decisione quanto mai opportuna: quel genocidio di milioni di esseri umani non può infatti finire nel dimenticatoio. Come fosse roba vecchia, da consegnare, sic et simpliciter, al passato. Occorre infatti sorvegliare attentamente la nostra memoria e non dimenticare. Anche perché quel passato orribile, non è del tutto passato. Proprio in questi ultimi anni infatti inquietanti e cupe nubi si addensano nei cieli europei con l’affermarsi di movimenti e Partiti intolleranti e xenofobi. Perché questi vengano sconfitti e liquidati, soprattutto i giovani devono studiare e conoscere la tragedia immane dell’Olocausto . Hanno perciò fatto bene molte scuole sarde ma anche alcune Amministrazioni locali a utilizzare il 27 gennaio scorso, al di fuori della ritualità, per discutere e approfondire quella tragedia. Io personalmente ho partecipato alla bella iniziativa intrapresa dalla Biblioteca del Comune di Bauladu, grazie anche alla lungimiranza e sensibilità del giovane sindaco, Davide Corriga, secondo il quale “non ci può essere crescita sociale senza conoscenza, per questo come amministrazione comunale sosteniamo fortemente le attività di carattere culturale come quella proposta dalla biblioteca per la Giornata della Memoria”.
Ad essere internati nei lager e poi sterminati furono in particolare gli Ebrei: 6 milioni, dicono le cifre ufficiali, ma secondo altre fonti come il Museo dell’Olocausto di Washington, i morti sarebbero molti di più: dai 15 ai 20 milioni, uccisi nelle oltre 42mila strutture tra campi tedeschi e quelli creati dai regimi fantoccio europei, dalla Francia alla Romania. A questi occorre aggiungere almeno altri 6 milioni costituiti da oppositori e dissidenti politici, omosessuali, disabili, Rom, Sinti, Slavi. E persino da minoranze religiose come i Testimoni di Geova, Pentecostali ecc. Di mezza Europa.
La Sardegna è una delle regioni che ha pagato un altissimo tributo di deportati, politici e militari:furono circa 12.000 mila i soldati sardi IMI (Internati militari italiani) rinchiusi nei lager, fra i 750-800 mila militari fatti prigionieri dai nazisti dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943.
Per spiegare un numero così alto di militari sardi deportati occorre capire la situazione in cui si trovarono nei fronti di guerra (Grecia, Albania, Slovenia, Dalmazia) dopo l’armistizio dell’8 settembre. Con la difficoltà di tornare in Sardegna e sbandati, essi furono posti di fronte all’alternativa di aderire alla RSI (Repubblica sociale di Salò) o di diventare prigionieri dei tedeschi e dunque di essere imprigionati nei lager. Abbandonati da Badoglio, quasi nessuno aderì alla RSI e dunque il loro destino fu segnato.
Sappiamo di questi militari come degli altri sardi internati solo grazie all’opera di volontariato di alcuni studiosi e storici che collaborano con l’ISSRA ( Istituto sardo per la storia della Resistenza e dell’Autonomia) come Marina Moncelsi, presidente dell’Istasac (Istituto per la Storia dell’Antifascismo e dell’età contemporanea della Sardegna Centrale) e di Aldo Borghesi che ha scritto vari saggi sui deportati sardi in Germania durante la seconda Guerra mondiale*.
Questi studiosi continuano la ricerca soprattutto attraverso lo spoglio dell’Archivio militare, dove i soldati hanno depositato i loro documenti, per ricostruire l’identità dei soldati sardi deportati nei lager sparsi tra Germania, Austria e Polonia e scomparsi. A migliaia furono sepolti nelle fosse comuni o nella nuda terra. Nell’immediato dopoguerra, a causa delle enormi difficoltà di comunicazione e di ricerca, non fu possibile per molti, conoscerne la sorte e informare i familiari.
Ai 12.000 deportati sardi IMI occorre aggiungere circa 290 sardi, internati perché ebrei o dissidenti politici: fra i primi ricordo Elisa Fargion (nata a Cagliari nel 1981, arrestata a Ferrara nel 1944, deportata ad Auschwitz e uccisa nelle camere a gas); Vittoria Mariani (nata a Portotorres nel 1904, arrestata nel 1944 alla frontiera svizzera, liberata a Bergen Belsen); Zaira Coen-Righi (Nata a Mantova nel 1879, sposata con un ingegnere sardo, insegnante al Liceo “Azuni” di Sassari, estromessa dalla cattedra in seguito alle leggi razziali, trasferitasi a Firenze fu arrestata e portata a Fassoli e ad Auschwitz dove finì in camera a gas nel maggio 1944).
Per motivi politici un solo sardo risulta arrestato sul territorio isolano, gli altri cadono in mano tedesca in continente o all’estero.
Luogo di arresto:, la quota maggiore (circa 50) è costituita da detenuti del carcere militare di Peschiera, inviati in massa a Dachau il 22 settembre 1943, provenienze rilevanti anche da Milano, Genova e Trieste.
Luogo di nascita: per oltre il 50% dei casi sono delle province di Cagliari e Sassari .
Destinazione: non è univoca: ma soprattutto vengono portati a Mauthausen e Dora. A Bergen Belsen muoiono due sardi nel giugno 1944. Ad Auschwitz finiscono 5 sardi non ebrei.
Il triangolo rosso: designa gli oppositori del nazismo, i resistenti e in genere “i pericolosi per il Reich”.
Condizione professionale:circa la metà è composta da militari, fra i civili la maggior parte è composta da lavoratori dell’industria ma c’è manche un sacerdote, Don Mario Crovetti, nato a Sassari e arrestato in un paese emiliano dov’è parroco. E’ scomparso nel 2003, era il decano dei sacerdoti italiani reduci dai lager.
La ripartizione per età: vede un ovvio prevalere delle classi giovani (1910-1924) coinvolte nella guerra e nella resistenza, ma non mancano anziani e adolescenti (il più vecchio è del 1874 e il più giovane del 1928).
Il motivo della deportazione: ha una matrice comune e tutti vengono considerati “pericolosi per la sicurezza del reich” da eliminare con il lavoro forzato: partigiani, loro congiunti, collaboratori, soldati che si sono rifiutati di combattere per la Germania, civili presi nei rastrellamenti.
La sorte: fra i sardi, i sopravissuti sono oltre il 60%.
Luogo principale di morte: Mauthausen (tra i sottocampi 30 deceduti su oltre 60 deportati), forte la mortalità anche a Dora, Natzweiler e Neuengamme.
*In modo particolare rimando
- alla Grande Enciclopedia della Sardegna – Voce Deportazione, pagine. 386-389 (Edizioni La Biblioteca della Nuova Sardegna.
- a L‘antifascismo in Sardegna a cura di M.Brigaglia e altri, II volume, seconda edizione,(Consiglio Regionale della Sardegna-Edizioni della Torre, Cagliari 2008).
- al Il libro dei deportati, vol. II, Mursia, 2010: contiene una serie di saggi sulla deportazione dall’Italia regione per regione: la parte sulla Sardegna, cui io mi son rifatto in questa nota, è di Aldo Borghesi.
Nell’immagine: Edith-Birkin A Camp of Twins Auschwitz
1 Febbraio 2016 alle 19:58
I numeri sono tutti sbagliati, perdipiù nel febbraio del ’43 i militari sardi erano stati richiamati nell’Isola dove si prevedeva lo sbarco degli alleati. 18, 20 milioni di ebrei? Ma nemmeno contando quelli fatti fuori in tutto il Novecento, Russia e paesi baltici compresi, si arriva alla metà. Chissà quali documenti avranno visto per dare 12.000 Imi sardi. Non ci sono ebrei sardi e a Zaira Coen Righi, già iscritta al fascio femminile, dopo il ’38 e il suo licenziamento per le leggi razziali non la saluta più nessuno manco per strada e nemmeno quelli con cui era solita passare il tempo e le cene in compagnia di suo marito professore universitario. L’Azuni dovrebbe vergognarsene come un po’ della gente bene di Sassari
2 Febbraio 2016 alle 15:26
1. Gli ebrei morti nei lager sarebbero non i 6 milioni “ufficiali” bensì 15-20 milioni secondo il Museo dell’Olocausto di Washington. Anche a me sembra un numero spropositato ma ho citato anche questa fonte esclusivamente per offrire una informazione più completa.
2. Per quanto attiene agli altri “numeri” mi sono attenuto alle fonti che ho citato e che ritengo credibili e autorevoli. In modo particolare al saggio del Prof. Aldo Borghesi ( “Sardi nella deportazione” presente ne “Il libro dei deportati, vol. II, Mursia, 2010, che contiene una serie di saggi sulla deportazione dall’Italia regione per regione.
3. In tale volume vi sono anche le vicende di alcune donne ebree, per lo più nate in Sardegna da famiglie che vi si sono stanziate dopo il 1848; con loro Zaira Coen Righi, insegnante estromessa dal Liceo “Azuni” in seguito alle leggi razziali e scomparsa ad Auschwitz nel 1944.
Sechi ha dati diversi e “giusti”?
Li tiri fuori. Ma, per favore, senza arie saccenti.
3 Febbraio 2016 alle 09:23
Non voglio rispondere per l’aria saccente ma su queste cose c’è molta gente che parla a caso e tutti ora sono diventati esperti di Shoah, non credo sia il caso della sensibilità di Francesco Casula ma forse le fonti utilizzate barellano un po’. Nel 2013 Ilgiornale.it, riprendendo a suo dire una notizia dell’indipendt inglese, con la firma di Chiara Sciarra diede notizia di uno studio del Museo dell’Olocausto di Washington (istituzione che non gode di grande credito scientifico) che affermerebbe un numero di morti ebrei fra i 15 e i 20 milioni per cui sarebbe stata da riaprire la diatriba dei risarcimenti. Lo studio non è mai stato pubblicato. Ora il dato più attendibile sulla popolazione di appartenenza ebraica nel 1939 è intorno ai 15 milioni, né tiriamo via i 450 mila ebrei non consegnati dai rumeni e quelli Bulgari (in Italia i deportati sono quasi settemila su 40mila ebrei italiani) e i conti non tornano più, io considero più attendibili di altri i dati di Hilberg ma in ogni caso siamo fra i 4milioni e mezzo e 6/7milioni. Per quanto riguarda gli Imi le cifre di Claudio Sommaruga, riportate anche nel sito Schiavi di Hitler, sono attendibili. Come Borghesi possa dare quella cifra non so, so solo che nel febbraio del 1943 i soldati sardi sono richiamati in Sardegna, salvo gli appartenenti ad alcuni corpi e i graduati. Sommando diverse e considerando la numerosa, più o meno volontaria, appartenenza a Salò, rimangono circa 15mila soldati, di essi 2mila fanno i partigiani e..