I viaggiatori italiani e stranieri in Sardegna
16 Novembre 2015Bastiana Madau
I sardi raccontati da chi li osserva dall’esterno, dagli “altri”, i non-sardi. Una prospettiva che a suo tempo appassionò Sergio Atzeni, attratto dallo studio delle “fole”, che lo scrittore provò a smontare in un libro uscito postumo con un titolo di presentazione programmatica: Raccontar fole (Sellerio, 1999). Interessante la lettera che presentava il testo al suo primo destinatario, l’allora direttore de “L’Unione Sarda” Massimo Loche: “Acclusa troverai la follia – descrizione della vita sarda a cavallo fra Sette e Ottocento, quando altrove si facevano Rivoluzione industriale e Rivoluzione Francese – costruita usando soltanto scrittori non sardi: italiani, tedeschi, francesi, inglesi. I sardi del passato non raccontati da se stessi ma da un occhio esterno: un po’ perché a quel tempo da sé non si raccontavano – chi scriveva preferiva inventare storie giudicali –, un po’ perché gli stranieri sono talvolta divertenti, un po’ perché l’occhio esterno vede con più freddezza, con meno affetto”.
L’attenzione verso gli elementi del vero e del falso nella descrizione della Sardegna ritorna oggi nel bel volume Viaggiatori italiani e stranieri in Sardegna (Alfa Editrice, 2015) a opera dello storico della letteratura sarda Francesco Casula, che arriva in libreria subito dopo il varo di due preziosi tomi, a firma dello stesso autore, riuniti sotto il titolo Storia della letteratura e della civiltà in Sardegna, proseguendo, quindi, l’importante intrapresa dello studioso nella costruzione di compendi di taglio critico e didattico. Convince subito la sapiente struttura del libro: Casula presenta il singolo “viaggiatore”; espone il motivo del suo soggiorno nell’isola; riassume i punti salienti del resoconto di viaggio, mettendolo anche a confronto e in contraddizione con altri coevi; informa sui pareri critici di autorevoli analisti in merito ai resoconti dei viaggiatori (talvolta non concordanti, come nel caso, ad esempio, delle osservazioni di Giulio Angioni e Sergio Atzeni in merito alle descrizioni di Joseph Fuos in Notizie sulla Sardegna, edito a Lipsia nel 1780, tradotto e pubblicato in Italia nel 1899); espone, da storico, la sua analisi (sul “viaggiatore” citato, ed esempio, esordisce: “Certo è che Fuos scopre il contrasto tra un territorio bellissimo e dalle ricchezze inesauribili e le sue difficili condizioni sociali ed economiche…”); riporta tutte le edizioni e riedizioni dei singoli resoconti, nonché i titoli dei saggi che li riguardano, e l’insieme bibliografico è dato in maniera discorsiva nel corpo del testo, interno ai contenuti riguardanti le descrizioni dei viaggi, sicché pregio dell’opera è anche l’avere evitato un numero considerevole di note, senza nulla togliere alla profondità dello scavo; infine, propone significativi stralci di lettura del resoconto del “viaggiatore”, per cui il risultato è straordinariamente interessante anche per la varietà dello stile linguistico e letterario dei molteplici autori.
37 le testimonianze di chi ha visitato l’isola nel corso del tempo, talvolta idilliche, in odor di esotismo o ricerca del “buon selvaggio”, talaltra di taglio decisamente negativo e anche offensivo, più raramente obiettive, di fatto conoscendola poco, sporadicamente vivendo in mezzo alla gente, e spesso, invece, filtrando l’esperienza del viaggio attraverso stereotipi segnati dall’etnocentrismo e dai pregiudizi. Tra i testimoni esaminati da Casula, 18 sono italiani, 19 sono tedeschi, francesi o inglesi. Si tratta soprattutto di scrittori, romanzieri e giornalisti, come Honoré de Balzac, Elio Vittorini, Carlo Levi, David Herbert Lawrence, Valery, Massimo Bontempelli, Nino Savarese, Virgilio Lilli; grandi linguisti, come Max Leopold Wagner, a cui si deve, tra le altre opere, il monumentale Dizionario etimologico sardo; letterati, come Auguste Boullier; politici, come Carlo Cattaneo ed Eugene Roissard De Bellet; antropologi, come Paolo Mantegazza e Franco Cagnetta; docenti universitari; un accademico dei Lincei, Maurice Le Lannou, tra i più grandi geografi europei del secolo scorso; militari; ecclesiastici; nobili; imprenditori; archeologi. Impossibile menzionarli tutti in questa sede, e ciò nonostante l’autore abbia operato, a sua volta, una selezione. Tra gli assenti, per quanto riguarda l’Ottocento, Henry Monier, la cui opera, Lettres sur la Sardaigne (Boitel, Lyon 1849), è stata tradotta in Italia solo di recente. Assenti anche i fotografi, eccetto per il romanziere francese Delessert, assenza tutto sommata ovvia, dato che la documentazione visiva sulla Sardegna dall’Ottocento a oggi è talmente vasta che meriterebbe un compendio critico a parte. I giudizi e le valutazioni si snodano, comunque, nel modo più vario che si possa immaginare. Cicerone, ad esempio – che appare per primo, data la presentazione dei “viaggiatori” in ordine cronologico – si esprime sugli abitanti dell’isola in modo decisamente offensivo, dipingendoli come “mastrucati latrunculi”; per Dante Alighieri nessuno di essi è degno di stare in Paradiso, “non disponendo, fra tutti i Latini, di un proprio volgare, ma solo imitando la grammatica latina come le scimmie imitano gli uomini”, ecc., sino ad arrivare ai testimoni seicenteschi e settecenteschi, con scritti di viaggio che si attestano, sia per gli studiosi dell’epoca e sia per il comune lettore, come un’importante miniera documentaria, dato che sono redatti principalmente da funzionari del governo spagnolo e sabaudo, incaricati al rilievo delle condizioni generali dell’isola. E così via, nel corso del tempo, per finire con “l’ultimo viaggiatore”, individuato da Casula nella figura dell’antropologo, etnologo e iconologo Franco Cagnetta, il quale – in particolare con la nota inchiesta su Orgosolo pubblicata nel 1954 sulla rivista diretta da Alberto Moravia “Nuovi Argomenti” – denuncia la repressione poliziesca e l’“espropriazione etno-culturale” operate dallo Stato italiano nel paese barbaricino, assunto a esempio paradigmatico delle terres de l’intérieur, come da definizione letteraria di Edouard Vincent (“viaggiatore”, poi diventato stanziale, assente nel libro). Insomma, la Sardegna rivelata ne I Viaggiatori di Casula è luogo di molteplici suggestioni: il loro compendio critico ha il merito di mettere in luce, in modo organico, tanta parte delle costruzioni mitografiche, peraltro rivelatesi di una tale potenza che capita ritornino ad alimentare improbabili storytelling anche ai giorni nostri.
Foto di Francesca Corona