Identità e politica linguistica in Sardegna
16 Ottobre 2019[Marinella Lőrinczi]
Il 3 luglio del 2018 è stata emanata la Legge Regionale n. 22 intitolata Disciplina della politica linguistica regionale (A). Al termine di un complesso iter consiliare durato 4 anni, la legge è stata approvata il 27 giugno del 2018, con 25 voti favorevoli e 20 contrari, come risulta anche da un comunicato dell’ANSA del 27 giugno (B).
Il tempestivo comunicato ANSA s’intitola, in maniera significativa, Legge dà status ufficiale a lingua sarda. Limba materia di insegnamento, presto tv e radio in sardo. Distorcendo e riducendo l’estensione del dettato della legge (cioè la porzione di realtà linguistica alla quale si applica), un simile titolo, se letto di sfuggita, nutre la convinzione che la legge riguarderebbe esclusivamente la lingua sarda, anzi la limba, mentre invece l’articolo 2.1. della legge regionale recita “La lingua sarda, il catalano di Alghero e il gallurese, sassarese e tabarchino, costituiscono parte del patrimonio immateriale della Regione …”.
Sebbene questa formulazione e questa elencazione degli idiomi vengano ricordate anche nel corpo dell’articolo dell’ANSA, l’enfasi sul sardo vi permane. D’altronde, nel 1997, la legge regionale 26 progettava, nel titolo, la Promozione e valorizzazione della cultura e della lingua [al singolare] della Sardegna (C), sebbene poi nel corpo della legge certe prescrizioni venissero estese, in due riprese, alla “lingua catalana di Alghero, al tabarchino delle isole del Sulcis, al dialetto sassarese e a quello gallurese” (artt. 2.4. e 13.7.; catalano = lingua, sassarese e gallurese = dialetti, tabarchino = glottonimo). Ma la legge 482/1999 sulle lingue delle minoranze storiche d’Italia, che comprendono sardo e catalano, non era stata ancora emanata.
Il 3 settembre del 2018 la stampa comunica che Il governo legastellato non impugna [davanti alla Corte costituzionale] la legge sulla lingua sarda […] (D); successivamente si specifica sì che la legge “disciplina in modo organico l’uso del sardo e delle altre lingue parlate nell’Isola: catalano, gallurese, sassarese e tabarchino”, tuttavia poi si ritorna alla semplificazione del problema riducendolo alla garanzia, da parte della legge, dello “status ufficiale all’idioma dell’Isola” [N.B. idioma al singolare], donde risulterebbe di nuovo, come si può notare anche in certe pubblicazioni recenti (del 2019), che la lingua propria e ‘identitaria’ della Sardegna sarebbe unicamente il sardo, o, nel migliore dei casi, soprattutto il sardo.
Per come riassume efficacemente un certo modo di valutare il panorama linguistico dell’isola e una certa ideologia ad esso connessa, questo comunicato giornalistico di poche frasi del 3 sett. 2018 sulla ratifica da parte del Governo della “legge sulla lingua sarda”, merita una segnalazione particolare. L’articolo è inoltre così illustrato, con una foto scattata a Cagliari (sotto viale Buoncammino, nelle vicinanze della Fac. di Scienze Politiche):
Sviluppa tale notizia concentrata un articolo più ampio del 4 settembre 2018 (E), intitolato Legge sulla lingua sarda promossa dal Governo centrale, in cui si valuta la legge regionale come “tecnicamente ineccepibile, frutto di un lavoro particolarmente attento del Consiglio e degli uffici” e dal “carattere fortemente innovativo [in] alcuni punti”, “destinata probabilmente a divenire un modello a livello nazionale”. Il 5 settembre anche altri forniscono la stessa informazione: Il Governo dà il via libera alla legge sulla lingua sarda […] (F). E tanto per confermare nella prassi questa lettura, se non addirittura i sottintesi, della legge, un bando di concorso regionale del 1 marzo 2019, riguardante l’assunzione a tempo indeterminato di 20 dirigenti, stabiliva che certi commissari dovevano essere esperti della sola lingua sarda e non anche, loro o altri, del catalano ecc. (G).
Ci affideremo anche in continuazione ai testi ufficiali e alle interpretazioni dei commentatori giornalisti, in merito alla tassonomia linguistica (glottotassonomia) adottata nelle norme e a certe loro conseguenze pratiche, oltre a quella prima illustrata. Intendendo qui per tassonomia le regole di classificazione desumibili dal testo della legge. Abbiamo del resto già insistito sul nocciolo della questione: il sardo sovrasta tutti gli altri idiomi, catalano compreso, ma questa affermazione o conclusione deve essere dimostrata all’interno della legge stessa.
Che inizialmente la legge dovesse riguardare esclusivamente la lingua sarda si evince dai titoli delle prime proposte del 2014, tutte leggibili in rete (H). Nel 2015 vi si aggiungono “le altre varietà linguistiche della Sardegna” [(I); oppure, anche: altre lingue, catalano, gallurese, ligure e sassarese]; nel marzo del 2018 il testo unificato della proposta s’intitola Disciplina della politica linguistica regionale e questo titolo diventa quello definitivo. Dal testo definitivo della legge (quello che sarebbe approvato qualche mese più tardi, in giugno) scompare, meritoriamente, la qualificazione di alloglotte riservata precedentemente al gallurese-maddalenino, sassarese e tabarchino, ma non al catalano (lingua, invece, di minoranza storica secondo la L. 482/1999). La stampa riferisce, nei giorni precedenti l’approvazione definitiva, che per la “Legge sulla lingua sarda c’è l’intesa in maggioranza” (15 giugno;(J) ), mentre qualche giorno dopo che, al contrario, sulla “Legge sulla lingua sarda [c’è] caos nella maggioranza” (20 giugno; (K) ).
Secondo l’autore di questo secondo articolo apparso ugualmente ne La Nuova Sardegna, “La legge sulla Lingua va avanti a singhiozzo, in Consiglio regionale, e quando sembra sul punto di cadere, eccola risorgere, come l’Araba fenice …”. “Lingua”, scritta con la maiuscola, più avanti diventa più esplicitamente “Limba”, ma in realtà si tratterebbe di “più Lingue. […] in un ginepraio di logudorese e campidanese, le due varianti storiche, ma con in mezzo anche il catalano di Alghero e le varietà sassarese, gallurese, tabarchino e sardo-corso. In sostanza, una babele di presunte gerarchie e impossibili uguali dignità […]. […] allo stato attuale e dal testo, è incomprensibile solo intuire se la Lingua sarda sia una sola, come dovrebbe essere, o invece abbia almeno quattro o cinque varianti.” Le ragioni di questo preteso babelismo percepito dagli osservatori erano, in realtà e sono, molto semplici.
Anzitutto le lingue di minoranza da tutelare e promuovere in Sardegna, sono, secondo la legge nazionale 482/1999, che costituisce e deve costituire una delle fonti normative della legge regionale, la lingua della popolazione catalana e il sardo (che non è *lingua della popolazione sarda, in virtù dell’ambiguità semantica di sardo), entrambe collocate allo stesso livello di lingue minoritarie storiche, nonostante le differenze terminologiche ma soprattutto storiche e areali. La legge 482 non include tra le lingue delle minoranze storiche della Sardegna il sassarese, gallurese, corso-maddalenino e il tabarchino. Successivamente, però, nel 2009, come risulta dal Dossier n. 493 della XVII Legislatura (marzo 2013-marzo 2018), dossier intitolato Minoranze linguistiche (L), nel 2009, quindi, – e questa è la seconda ragione – avviene un mutamento importante seppur parziale (un c.d. revirement), un ripensamento intervenuto nella “giurisprudenza della Corte costituzionale in tema di titolarità del potere normativo di tutela delle minoranze linguistiche”. Vale a dire, “la Corte ha […] progressivamente riconosciuto anche un potere del legislatore regionale, sia pure entro limiti determinati (sentenza n.159/2009)” (M), tuttavia al legislatore delle Regioni, ivi incluse quelle a statuto [N.B.] ordinario, non viene attribuito “il potere autonomo e indiscriminato di identificare e tutelare […] una propria «lingua» regionale o altre proprie «lingue» minoritarie, anche al di là di quanto riconosciuto e stabilito dal legislatore statale. Né, tanto meno, [si] può consentire al legislatore regionale […] di configurare o rappresentare, sia pure implicitamente, la «propria» comunità in quanto tale […] come «minoranza linguistica», da tutelare ai sensi dell’art. 6 Cost.” (N). Detto diversamente, con un linguaggio poco tecnico, le Regioni non possono ‘inventarsi’ delle proprie minoranze né dichiararsi in toto minoranza, con l’obiettivo nemmeno tanto occulto di poter accedere a finanziamenti statali .
Avendo così sfoltito in parte e messo in relativo ordine il “ginepraio” linguistico isolano, rimane da spiegare la messa in rilievo delle due macrovarietà tradizionali del sardo, del Capo di Sopra ovvero logudorese e del Capo di Sotto ovvero campidanese, menzionate, in verità, una sola volta al comma 4 dell’art. 8 intitolato Consulta de su sardu. Le proteste accese e pluriennali dei parlanti che usano il campidanese, le quali si sono fatte spesso sentire anche nei momenti preparatori della legge del 2018, hanno sortito l’effetto della menzione esplicita di questa classe di dialetti. Questi parlanti non si sono sentiti rappresentati né dalla Limba sarda unificada, né tanto meno in tempi più recenti dalla Limba sarda comuna, lingua standard semiartificiale fortemente ed innegabilmente sbilanciata sul logudorese, come si evince già dal nome. Scopo ultimo dei filocampidanesi sarebbe stato l’ottenimento di una doppia norma scritta, modellata sulle due macrovarietà. Ma l’articolo 8.4. sopra citato recita inequivocabilmente: “La Consulta [N.B. de su sardu] elabora una proposta di standard linguistico e di norma ortografica della lingua sarda […]. La proposta tiene conto delle macrovarietà storiche e letterarie campidanese e logudorese, delle parlate diffuse nelle singole comunità locali, delle norme di riferimento adottate dalla Regione a carattere sperimentale per la lingua scritta in uscita dell’Amministrazione regionale [cioé la Limba sarda comuna] e degli esiti della sua sperimentazione […].”
[[NOTA: Riguardo a questi “esiti” non si è mai tentato, nemmeno indicativamente e con approssimazione, di verificare pubblicamente l’effettivo rapporto tra investimenti (costi) e benefici (risultati). E’ significativo, a questo proposito, l’articolo dell’ANSA Lingua sarda: Csu [Coord. pro su Sardu Ufitziale], Regione gonfia i dati. Assessore Dessena parla di 15 mln interventi [per il triennio 2015-2017], in realtà 1,5-2 mln – http://www.ansa.it/sardegna/notizie/2017/11/26/lingua-sarda-csu-regione-gonfia-i-dati_24d443f3-0b13-44cf-a601-04e057c23350.html, 27 nov. 2017.]]
Tutte la varietà sarde verrebbero quindi sussunte in uno standard comune che prolungherebbe l’esperienza della LSC. In questo senso la lingua sarda sarebbe effettivamente una, ma non nel senso di macrolingua storica (come viene classificata ufficialmente a livello internazionale, insieme con tante altre, come ad es. il norvegese, l’estone, l’albanese, l’arabo, il mongolo, il persiano, il cinese; (O)), bensì nel senso di lingua tetto elaborata in questi ultimi decenni, priva perciò di tradizione linguisticamente apprezzabile da parte di parlanti nativi colti. “Negare l’unitarietà della lingua sarda è un’ipotesi che bisogna con franchezza definire [N.B.] reazionaria. La proposta [di legge del 2018] compie un passo indietro anche rispetto alla legislazione statale della 482/99 che considera il sardo come una espressione linguistica unica.”; questo il parere fermo di un consigliere regionale del Pd, pubblicato nell’aprile del 2018 (P). Naturalmente andrebbe definita, in quest’ottica, cosa si intenda, a livello di senso comune e politico, per lingua sarda unica o unitaria.
Se questa è la gerarchizzazione delle varietà sarde desumibile dalla legge, in una più complessa tassonomia sono coinvolti tutti gli idiomi menzionati. Anzitutto la bipartizione già menzionata tra idiomi riconosciuti a livello normativo nazionale e regionale (sardo e catalano) e idiomi riconosciuti solo a livello normativo regionale (gallurese-maddalenino, sassarese-castellanese, tabarchino) che sono pure essi storici, indubbiamente, ma che presentano affinità linguistiche con idiomi peninsulari centro-settentrionali, donde la loro esclusione dalla L. 482/99; in questa dicotomia si combinano quindi criteri giuridici con criteri storici e linguistici. A livello del testo globale della legge regionale si osserva un continuo rimescolamento dei criteri. Anzitutto “lingua” è solo il sardo, gli altri idiomi sono indicati con i rispettivi glottonimi (Art. 2.1. “La lingua sarda, il catalano di Alghero e il gallurese, sassarese e tabarchino …”; inoltre artt. 4.2., 5.1., 5.5., 6.2., 13); all’art.17 (Insegnamento e utilizzo veicolare, ai commi 1-10 si menzionano solo le lingue delle c.d. “minoranze storiche”: ; tuttavia al comma 9 dello stesso art.17 si menziona soltanto il sardo; sassarese, gallurese e tabacchino si aggiungono all’ultimo comma 11. ) Il sardo, isolato dagli altri idiomi, compare spesso: art. 8 (Consulta de su sardu); art. 11 (Ofitzios de su sardu, cioè gli sportelli linguistici); art. 16.2. (Obreria pro s’imparu de su sardu, che tuttavia è il comitato “per l’insegnamento delle lingue delle minoranze storiche”, cioè del sardo e del catalano; art. 19 (Laboratori didattici extracurricolari in lingua sarda, ma “nei quali le attività siano svolte in lingua sarda, in catalano di Alghero e in sassarese, gallurese e tabarchino”). Dall’art.17 (Insegnamento e utilizzo veicolare) in poi compaiono: lingua sarda 13 volte, catalano 8 volte, minoranze storiche [= sard.+cat.] 8 volte, sassarese gallurese tabarchino 8 volte.
Un’ultima questione importante e dalle implicazioni ancor più importanti: la certificazione linguistica. Essa riguarda il personale amministrativo coinvolto (implicitamente), i docenti delle scuole e gli alunni (esplicitamente); v. agli articoli 9. (certificazione linguistica), 11. (sportelli linguistici), 12. (uso della lingua negli uffici pubblici del sistema regione e nella comunicazione istituzionale, 16. (coordinamento dei compiti in materia di uso e insegnamento, 20. (personale docente). Ai fini della certificazione si applica il quadro comune europeo di riferimento (QCER) per la conoscenza delle lingue, rispetto al quale si omette di specificare che il QCER è finalizzato alla valutazione e certificazione dei “… niveaux de maîtrise d’une langue étrangère …” , “… achievements of learners of foreign languages …”, dei risultati, cioè, dell’apprendimento di una lingua straniera. E, tra le altre cose ma non per ultimo, [One] must be able to justify the use [he] make[s] of an assessment.” (“Si deve essere in grado di giustificare l’uso che si fa della valutazione.”; Bachman 2012, p. 3).
Nella stampa locale l’approvazione della legge è stata così presentata, nei titoli, secondo quanto già parzialmente anticipato (Q): 2018/06/27/approvata-la-nuova-legge-sulla-lingua-sarda/
2018/06/27/legge-da-status-ufficiale-a-lingua-sarda
unicaradio 2018/06/legge-sulla-lingua-sarda-le-principali-novita in 12 punti: … “1. E’ la prima sostanziale legge di disciplina organica della lingua sarda e delle altre lingue della Sardegna (catalano, gallurese, sassarese, tabarchino) nella storia dell’Autonomia […]”; in questa formulazione la bipartizione classificatoria è ancora diversa: sardo ~ le altre, ma tutte sono “lingue”.
L’apparato burocratico previsto per l’applicazione della legge è macchinoso, di difficile gestione; in particolare, può destare preoccupazione l’ampiezza della Consulta de su sardu (art. 8), istituita “per per la definizione della grafia della lingua sarda” e che dovrebbe essere costituita da 34 membri da nominare entro 45 giorni dall’emanazione della legge.
Dal canto suo, il governatore della Sardegna Christian Solinas (R) (nato a Cagliari nel 1976) sembra aver già deciso, quando per il suo discorso tenuto il 28 aprile del 2019, adotta una varietà sarda settentrionale, dalla cui sintassi (per non parlare del lessico) traspare chiaramente quella italiana (similmente a quanto si intravvede nei racconti di Giuseppe Corongiu, Metropolitània e àteros contos, Cagliari, Palabanda, 2019, scritti in LSC). La stampa informa, in seguito, che il “Presidente Solinas pronuncia [in realtà: legge] il suo discorso in limba.” (S) e che dichiara, tra le altre cose (riporto in traduzione), che “ogni lingua parla diversamente del mondo, ogni lingua ha la propria anima: domo, casa, [H]aus raccontano modi diversi di abitare; ogni modo di parlare è un modo di fare”. In quest’affermazione si riflette quella sorta di diffusa credenza deterministica e “impressionante ma quasi sicuramente falsa, secondo cui i parlanti di lingue differenti vedrebbero il mondo in modi completamente differenti” (“dramatic but almost certainly false (those who speak different languages see the world in completely different ways)”) e privata persino di quella minima avvertenza proveniente già da Whorf “quando le lingue sono simili – ci avverte Whorf – le differenze cognitive spettacolari sono poco probabili ” (“When languages are similar, Whorf tells us, there is little likelihood of dramatic cognitive differences.”; v. The Linguistic Relativity Hypothesis, 2003). E il sardo, come si sa, fa parte del ramo occidentale delle lingue romanze o neolatine.
E’ intrigante, di conseguenza, l’esempio lessicale scelto dal, o suggerito (?) al Presidente Solinas, vale a dire domo che sarebbe pertinente a mondi e pratiche molto diversi da quelli dell’italiano casa o dell’inglese/tedesco house/Haus. Se da un lato la parola sarda rimanda alla nota esemplificazione di Dante, secondo il quale i sardi dicono “domus nova et dominus meus” perché imitano (scimmiescamente) il latino, per altri versi suggerisce una constatazione e un argomento studiati sia sul piano materiale che su quello psicologico-simbolico, da antropologi e psicologi, corrispondente alla messa in guardia formulata dal linguista Whorf: “Come la città o il tempio, la casa è posta al centrale mondo ed è l’immagine stessa dell’universo. … La casa è il simbolo del mondo interiore, secondo Bachelard …” (Chevalier – Gheerbrant, 1986, v. Casa). Cercare specificità eccessive non porta, quindi, a risultati convincenti o condivisibili, sebbene gli universali si traducano necessariamente in attualizzazione diverse. Tanto meno se si cita un unico caso.
[le maiuscole tra parentesi rimandano ai links]
A. http://consiglio.regione.sardegna.it/XVLegislatura/Leggi%20approvate/lr2018-22.asp
B. http://www.ansa.it/sardegna/notizie/2018/06/27/legge-da-status-ufficiale-a-lingua-sarda_67b5ba5e-6c75-40b7-bef2-708a6ab0e41a.html
C. https://www.regione.sardegna.it/j/v/86?v=9&c=72&file=1997026
D. https://youtg.net/v3/canali/italia-e-mondo/10579-il-governo-legastellato-non-impugna-la-legge-sulla-lingua-sarda-via-libera, nel sito di Arionline. Servizi informatici
E. http://www.sardegnaoggi.it/Politica/2018-09-04/39830/Legge_sulla_lingua_sarda_promossa_dal_Governo_centrale.html
F. https://www.laprovinciadelsulcisiglesiente.com/wordpress/2018/09/il-governo-da-il-via-libera-alla-legge-sulla-lingua-sarda-piena-e-viva-soddisfazione-del-presidente-della-commissione-cultura-piero-comandini/
G. https://www.regione.sardegna.it/documenti/1_422_20190301114058.pdf
H. http://www.consregsardegna.it/XVLegislatura/Testi%20Unificati/TU36-167-228-A.pdf; http://consiglio.regione.sardegna.it/XVLegislatura/Disegni%20e%20proposte%20di%20legge/PL167.asp
I. http://www.dominio-test2-digitaleria-web.eu/xvlegislatura-progetti-legge-228/
J. http://www.lanuovasardegna.it/regione/2018/06/15/news/legge-sulla-lingua-sarda-c-e-l-intesa-in-maggioranza-1.16968276
K. http://www.lanuovasardegna.it/regione/2018/06/20/news/legge-sulla-lingua-sarda-caos-nella-maggioranza-1.16984385
L. https://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/17/DOSSIER/0/1022617/index.html?part=dossier_dossier1
M. http://www.giurcost.org/decisioni/2009/0159s-09.html
N. sulla applicazione da parte delle Regioni di questa apertura controllata si v. a https://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/17/DOSSIER/0/1022617/index.html?part=dossier_dossier1-sezione_sezione11
O. https://www.ethnologue.com/language/srd; https://en.wikipedia.org/wiki/ISO_639_macrolanguage; https://en.wikipedia.org/wiki/ISO_639_macrolanguage
P. http://www.lanuovasardegna.it/regione/2018/04/08/news/la-lingua-sarda-e-una-lo-negano-solo-i-reazionari-1.16687220
(Q) http://www.linkoristano.it/prima-categoria/2018/06/27/approvata-la-nuova-legge-sulla-lingua-sarda/
http://www.ansa.it/sardegna/notizie/2018/06/27/legge-da-status-ufficiale-a-lingua-sarda_67b5ba5e-6c75-40b7-bef2-708a6ab0e41a.html
http://www.unicaradio.it/wp/2018/06/legge-sulla-lingua-sarda-le-principali-novita/
(R) https://it.wikipedia.org/wiki/Christian_Solinas
(S) https://www.sardanews.it/653394-regione-celebrata-sa-die-de-sa-sardigna-presidente-solinas-pronuncia-il-suo-discorso-in-limba; https://www.youtg.net/v3/top-news/16125-sa-die-intervento-in-sardo-di-solinas-costruiamo-l-identita-del-futuro: “CAGLIARI. Un intervento interamente in sardo quello del presidente della Regione Christian Solinas, in consiglio regionale per le celebrazioni de Sa Die de Sa Sardigna. Al centro, quindi, è finito il valore della limba, che deve essere usata tutti i giorni a casa, in ufficio, in chiesa. Perché “un modo di parlare è un modo di fare”. Un discorso a forte trazione identitaria. Con l’identità è il passato, ma “è meglio domandarci quale identità dobbiamo costruire, dobbiamo dare l’impronta del nostro tempo. L’identità si costruisce nel fare”, ha detto Solinas. Che prima della seduta aveva annunciato: nemmeno oggi verrà completata la giunta regionale.”
Lyle F. Bachman, 2012, Justifying the Use of Language Assessments: Linking Interpretations with Consequences; http://www.sti.chula.ac.th/files/conference%20file/doc/lyle%20bachman.pdf.
The Linguistic Relativity Hypothesis, https://stanford.library.sydney.edu.au/archives/spr2015/entries/relativism/supplement2.html, 2003;
John J. Gumperz, Stephen C. Levinson, Rethinking Linguistic Relativity, https://escholarship.org/content/qt6nm7k7vh/qt6nm7k7vh.pdf, 1991.
Su B. Lee Whorf v. anche https://en.wikipedia.org/wiki/Benjamin_Lee_Whorf.
Su Dante e la lingua sarda si può leggere a http://people.unica.it/marinellalorinczi/files/2007/06/11-dantesardo2000.pdf.
Jean Chevalier, Alain Gheerbrandt, Dizionario dei simboli, Rizzoli, 1986, orig. fr. 1969.