Il calcio delle minoranze etniche e dei popoli senza stato

16 Giugno 2016
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Nadir Congiu

Sono iniziati gli Europei, nella Francia di Hollande, dei Je Suis Charlie e dei lavoratori che protestano contro la Loi Travaille. Una manifestazione sportiva che indubbiamente attira tanti occhi su di sé e nelle quali molti ripongono grandi speranze, aspettandosi un grande spettacolo, soprattutto dopo gli scandali che hanno colpito la FIFA e la costante paura di altri attentati in Francia durante il torneo. Quello che molti amanti del “gioco più bello del mondo” non sanno è che esistono altre realtà sportive, collegate ma distanti dalla già menzionata FIFA, che regolano una serie di competizioni calcistiche internazionali.

Una di queste è il ConIFA, Confederation of Independent Football Association, una federazione internazionale di calcio che raggruppa le squadre di nazioni, regioni, minoranze etniche e micronazioni del mondo che per un motivo o per l’altro non soddisfano i requisiti della FIFA e non può quindi partecipare alle sue competizioni. Infatti, tra le compagini che si possono vedere giocare nella ConIFA ci sono ad esempio il Kurdistan, l’Occitania, o l’Isola di Man vicecampione della Coppa del Mondo ConIFA nel 2014.

Ci sono pure rappresentative di popoli senza stato, come la selezione di calcio del Popolo Rom o di territori contesi  come il Nagorno-Karabakh, recentemente tornato alla ribalta nella cronaca internazionale. Sono rappresentate anche alcune minoranze, come nel particolare caso della squadra degli Zainichi, una squadra composta da coreani appartenenti a una comunità stabilmente presente in Giappone dagli inizi del XX secolo. Questa è al contempo un club, F.C. Korea, militante nel campionato regionale di Kanto, in Giappone, una squadra che alle spalle ha una storia che ha suscitato fitte polemiche in Giappone e in Corea del Sud per i suoi legami con la  Corea del Nord attraverso l’organizzazione pro-Repubblica Democratica Popolare di Corea, Chongryon.

Come si può intuire, il mondo del ConIFA è vasto e ricco di storie e popoli che spesso lo sport mainstream omette, presentando nella vetrina che si affaccia sul mondo le realtà più conosciute.
C’è da dire che l’oramai celebre miracolo del Leicester ha esaltato chi nel mondo tifa per i “piccoli” del calcio, e anche per questo in molti ripongono fiducia in squadre che esordiscono agli Europei FIFA, come Galles, Islanda o Albania. È anche notizia recente l’ammissione delle nazionali del Kosovo e di Gibilterra nella FIFA, permettendo a queste squadre di partecipare alle varie competizioni e ritagliare il loro spazio nello scenario calcistico europeo e mondiale.

Volevo però approfondire alcuni aspetti sul ConIFA, cercando di capire le dinamiche al suo interno e la filosofia che quest’organizzazione ha fatto sua negli anni. Questo anche perché lo scorso 5 giugno si è conclusa la Coppa del Mondo ConIFA, con la vittoria finale dei padroni di casa dell’Abkhazia . Un torneo che ha visto competere dodici squadre da tutto il mondo, tra cui le Isole Chagos, la Raezia e il Kurdistan Iracheno e che si è disputato nelle due città di Sukhumi e Gagra.

Così sono riuscito a intervistare un membro della direzione del ConIFA dell’America del Nord, il canadese Noah Wheelock che si è mostrato molto disponibile e ha gentilmente risposto a qualche mia domanda.

Noah puoi brevemente introdurci la storia dell’organizzazione? Com’è nata la ConIFA?
La ConIFA è nata nel 2013, nascendo dalle ceneri dell’organizzazione in precedenza esistente denominata New Football Federations-Board. Quando la N.F.-Board ha cessato le sue funzioni di organizzazione, Per-Anders Blind, persona che aveva lavorato per anni al suo interno, lavorò, su mandato di vari membri della N.F.-Board, per la creazione di una nuova struttura che potesse gestire il calcio internazionale non-FIFA.

Qual è lo scopo della ConIFA? Quante persone ci lavorano attualmente?
Il nostro fine è dare una possibilità agli outsiders del calcio, frequentemente trascurati dalla FIFA o dimenticati dall’organismo calcistico del proprio stato, di aggiudicarsi il loro spazio a livello globale.
Una delle ragioni principali per cui esiste il ConIFA è che noi vogliamo costruire ponti fra i popoli del mondo e questo dovrebbe essere fatto in una maniera che lasci la politica alle spalle.
In questo periodo una ventina di persone con differenti competenze si occupano dell’organizzazione, tutte come volontari.

Ad oggi quante squadre o federazioni sono membri della ConIFA? Quali sono i requisiti necessari per accedervi come membro?
Abbiamo 35 membri, con la recente adesione della Groenlandia e le Kiribati.
Per aderire, una squadra esistente deve semplicemente presentare una domanda alla nostra organizzazione. Questa domanda formale viene esaminata dal Comitato Esecutivo, mentre analizziamo vari fattori riguardanti la base e la legittimità della richiesta. Una volta giunti a un’approvazione il costo d’iscrizione, molto basso, è di €500.

Buona parte dei vostri membri sono nazioni senza stato o minoranze etniche. Credi che la ConIFA possa in qualche modo influenzare i processi di autodeterminazione? Pensi che ConIFA possa essere un megafono in senso politico per queste nazioni?
Anche se comprendiamo le varie motivazioni che i nostri membri hanno, la ConIFA, in effetti, focalizza il proprio lavoro totalmente sul calcio. Tuttavia, se essere una parte attiva della ConIFA aiuta i nostri membri a raggiungere traguardi non legati al calcio è una cosa fantastica.
Fondamentalmente noi ci asteniamo dalla politica, ma sappiamo che l’organizzazione può fare da amplificatore per le istanze politiche di queste nazioni.

Che genere di relazioni avete con la FIFA?
Abbiamo dei rapporti molto cordiali e la FIFA stessa si congratula con noi del nostro operato. Oltre ciò formalmente al momento non c’è nient’altro.

Alcuni dei membri della ConIFA sono regioni impegnate in conflitti, guerre civili o altri generi di contese, spesso con conseguenze politiche e sociali drammatiche. Vedi nella ConIFA anche un’organizzazione promotrice della pace che possa sforzarsi di interferire, con azioni concilianti nelle dinamiche politiche?
Indubbiamente noi ci speriamo. Crediamo nella forza del calcio e lo vediamo come un linguaggio universale che possa aiutare ad unire i popoli. Noi crediamo fermamente di essere stati testimoni di ciò in Akhbazia, quando a giugno migliaia di tifosi locali sono usciti per sostenere per squadre provenienti da parti del mondo che non avevano mai sentito. Pensiamo che il calcio possa attraversare confini, barriere e divisioni geopolitiche e confidiamo nel fatto che la ConIFA possa essere uno degli interpreti di tali atti.

La Sardegna è una nazione senza stato con la propria lingua, cultura e storia, attualmente una regione autonoma dell’Italia. La Sardegna ha le carte in regola per essere un membro della ConIFA? Avete mai ricevuto proposte di questa natura dalla Sardegna?
Ovviamente richiederemmo una vera e propria candidatura e una nostra analisi dal già menzionato Comitato Esecutivo, ma a un primo sguardo direi che la Sardegna sembrerebbe un candidato perfetto e potenzialmente un membro attivo. Anche se la ConIFA non ha mai ricevuto una domanda in tal senso, so che la Sardegna era membro della N.F.-Board, che denota fortemente quanto bene potreste stare da noi!
Coraggio unitevi a noi, ci farebbe un enorme piacere avervi come membro! Bene ennidos!

È stato uno scambio interessante, concludiamo quest’intervista dicendo ai lettori quali sono i prossimi eventi in programma?
Stiamo lavorando alla Coppa d’Asia che si terrà nel 2017, un torneo di beach soccer in Italia sempre nel 2017, una Coppa Europea e la Coppa del Mondo del 2018. Da noi succedono sempre cose emozionanti!

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