Il cavaliere della P2 e la Costituzione russa
17 Febbraio 2009
Antonello Murgia
Credo che il disegno autoritario di Berlusconi sia assolutamente chiaro da tempo. La strategia è sempre la stessa e chi voglia rileggersi oggi il “Piano di Rinascita Democratica” di Licio Gelli (il testo integrale è consultabile all’indirizzo web.tiscali.it/comunisti-pistoia/Memoria/RinascitaDemocratica.htm) troverà conferme sulla musa ispiratrice dello statista di Arcore. Semmai si è un po’ modificata la tattica, perché gli attacchi più violenti non vengono più sferrati di primo acchito (tutti ricordiamo l’attacco perdente allo Statuto dei Lavoratori dell’altro Governo Berlusconi), ma vengono preceduti da un lavoro di aggiramento e di sfiancamento. Per fare qualche esempio, così accade per il diritto allo studio: non si dice che è un diritto solo per chi può permetterselo, ma si taglia pesantemente il finanziamento della scuola pubblica. E per la salute non si dice che essa è un diritto di chi ha i quattrini per curarsi, ma si dice “è finito il tempo della contrapposizione, tutta ideologica, tra Stato e mercato ovvero tra pubblico e privato. Un Welfare delle opportunità non può che scommettere su una virtuosa alleanza tra mercato e solidarietà” (libro verde del ministro Sacconi). Tacendo che in sanità la pari dignità tra pubblico e privato costituisce (v. USA) il grimaldello che scardina il sistema, grazie anche alla riduzione delle prestazioni garantite a tutti, che favorisce l’acquisizione di quote crescenti di mercato da parte dei privati, con incremento dei loro guadagni e conseguente crescita della spesa sanitaria; il risultato finale per i meno abbienti è che il diritto alla salute diventa più aleatorio. Così accade anche per la giustizia, quando non si dice che essa deve usare pesi e misure differenti per potenti e deboli, ma si manda avanti un progetto di abolizione dell’obbligatorietà dell’azione penale, e così via. E allora che fare? Nella scorsa battaglia referendaria i comitati per la difesa della Costituzione furono decisivi, supplendo anche alla poca iniziativa dei partiti. Poi seguì qualche incomprensione: la blindatura dell’art. 138, per impedire modifiche costituzionali a maggioranza semplice, fu promessa dall’Unione di centro-sinistra, ma non mantenuta dal Governo Prodi. Nella scorsa campagna elettorale Veltroni disse che prima di blindare l’art. 138 intendeva “rafforzare la capacità di indirizzo del Primo ministro” (che può voler dire molte cose, alcune delle quali poco compatibili con la Costituzione vigente). In questi giorni si è svolta la grande manifestazione nazionale di FIOM e FP CGIL organizzata contro le misure anticrisi del Governo ed il disegno di emarginazione del principale sindacato del Paese ed anche, viste le ultime esternazioni del Premier, per la difesa della Costituzione (in decine di migliaia abbiamo indossato la pettorina “La Costituzione difende i miei diritti/Ma anch’io difendo la Costituzione”). Veltroni ha dichiarato di “comprendere lo sciopero e la manifestazione”, ma non ha ritenuto di dover aderire. Credo che uno dei problemi importanti di questa fase politica stia proprio qui: il segretario del principale partito di opposizione si è ficcato nel vicolo cieco dell’opposizione di bon ton e sedicente responsabile, perdendo la bussola dei valori e delle priorità, e si è avvitato in un meccanismo di giustificazione delle sue scelte che sembra precludergli proprio la facoltà di comprendere. In questa logica leggo anche la vicenda del testamento biologico in Parlamento e la sostituzione di Ignazio Marino con Dorina Bianchi nel ruolo di capogruppo in Commissione sanità. Perché per 3 mesi, dopo le dimissioni non dovute, ma presentate perché eletto Presidente della commissione parlamentare d’inchiesta sul Servizio Sanitario Nazionale, Marino è stato mantenuto come capogruppo ed è stato rimosso quando ha presentato il suo ddl sul testamento biologico e la sua richiesta di interruzione dell’alimentazione per Eluana? Perché è stato sostituito proprio con una parlamentare che alcuni giorni fa ha votato insieme al PdL la ripresa dell’alimentazione per Eluana e che non nasconde posizioni molto vicine a quelle del PdL sul testamento biologico? Chi crederà che l’avvicendamento non ha nulla a che fare con le pesanti pressioni della gerarchia ecclesiastica anche nei confronti del PD? Perché concedere all’avversario una così evidente immagine di debolezza? Il cavaliere della P2 le sfrutta tempestivamente le tue debolezze e, afferrata la povera Eluana a mo’ di clava, si erge a paladino della verità e della vita (7 febbraio): “Due culture si confrontano: da un lato la cultura della verità e della vita, dall’altro quella dello statalismo e della morte …Noi siamo per la cultura della vita e della libertà”. E poi: “è necessaria una riforma della Carta costituzionale perché è una legge fatta molti anni fa sotto l’influsso di una fine di una dittatura e con la presenza al tavolo di forze ideologizzate che hanno guardato alla Costituzione russa come un modello”. Qui apprendiamo che statalismo è il contrario di verità e quindi significa bugia, mentre il suo contrario liberismo non può che significare verità. Questo è uno dei cardini dell’ideologia berlusconiana ed era già stato espresso chiaramente. L’11 aprile 2003, per esempio, all’assemblea di Confindustria aveva detto: “Mi sono più volte anche pubblicamente lamentato del fatto che la nostra legge fondamentale dà alle imprese poco spazio …La formulazione dell’articolo 41 e seguenti risente delle implicazioni sovietiche che fanno riferimento alla cultura e alla costituzione sovietica da parte dei padri che hanno scritto la Costituzione”. Leggiamo i primi 2 commi dell’art. 41: “L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”. Ecco cosa il nostro non può accettare: che la pur libera iniziativa privata non possa essere in contrasto con l’interesse collettivo. E’ una regola da democrazia liberale, senza la quale il concetto stesso di società rischia di franare, ma gli dà fastidio perché pone un primato etico e regole da rispettare, lega le mani a chi ha pochi scrupoli. Senza scomodare i vari Piero Calamandrei, Giuseppe Dossetti, Aldo Moro, Luigi Einaudi, Giorgio La Pira, Ugo La Malfa, etc., padri costituenti difficilmente sospettabili di connivenze sovietiche, il problema è che il modello costituzionale di riferimento dello statista di Arcore è quello di Gianfranco Miglio: lo scomparso ideologo leghista della prima ora diceva “la Costituzione… è il patto che i vincitori impongono ai vinti …ogni vincitore ha diritto ad aggiustarla”. E’ il ritorno ad un’idea di Costituzione pre-Novecento, una Costituzione elargita dall’alto e che non si pone il problema della tutela dei diritti fondamentali. E’ questo un tema che mi permetto, da cittadino inesperto di diritto ma amante geloso e preoccupato della nostra Costituzione, di segnalare perché su di esso si consumano periodicamente grossi equivoci, non sempre in buona fede. L’ultimo mi è capitato di notarlo il 13 febbraio: nel suo articolo sul Corriere della sera dal titolo “Scalfaro, la Costituzione e la piazza”, Paolo Franchi lamentava che a parlare dal palco nella manifestazione di quel partito progressista che è il PD ci fosse Oscar Scalfaro che “è, da sempre, il più convinto fautore di un conservatorismo costituzionale”. Credo che sia profondamente sbagliata e fuorviante l’idea di riformista/progressista come di persona che non solo non ha paura di mettere mano alla Costituzione, ma deve farlo per potersi considerare tale. La Costituzione è il patto fondamentale che stabilisce le regole di convivenza civile e tutela i diritti principali: essa è fatta per durare e se è fatta bene (e la nostra lo è) dà il meglio di sé nel tempo e non va stravolta proprio per consentire lo sviluppo del progetto di progresso che essa contiene. Ed il fatto che sia stata prodotta poco dopo la fine della dittatura fascista non è un difetto come il cavalier P2 vorrebbe farci credere, ma un pregio, perché fece porre molta attenzione al fine di evitare il ripetersi della barbarie. Anche a Cagliari ed in Sardegna l’attività del Comitato per la difesa della Costituzione fu decisiva, nella pressoché totale assenza dei partiti, per l’esaltante vittoria referendaria, ma si è poi un po’ spenta limitandosi alla diffusione più o meno regolare di informazioni. La ripresa in questi giorni degli attacchi violenti alla Carta fondamentale ci ha riattivato: ci siamo ritrovati il 9 febbraio in un sit-in autoconvocato davanti alla prefettura e l’11 in un’assemblea non molto numerosa, ma ricca di spunti interessanti dai quali intendiamo ripartire, nella consapevolezza della necessità di doverci attrezzare per sostenere un sempre più probabile nuovo referendum.